L'arca olearia

I TITOLI OLIVICOLI NON SONO IN VENDITA NE’ POSSONO ESSERE CEDUTI, MA SONO COMUNQUE OGGETTO DI SCONTRI. ANCHE CHI HA MENO DI TREMILA METRI QUADRATI E’ UN OLIVICOLTORE?

Sebbene gli olivicoltori abbiano già presentato le domande di pagamento unico aziendale, sia il numero sia il valore dei titoli assegnati risulta ancora provvisorio. Molte le richieste di accesso alla riserva nazionale, che però ha disponibilità limitate. Le Associazioni intanto contestano il decreto dell’ 8 agosto 2004, duecentocinquantamila produttori verrebbero esclusi dall’aiuto

24 giugno 2006 | T N

Vi sono poche certezze in merito ai titoli olivicoli e all’applicazione della nuova Ocm oli di oliva.

Vediamo quali sono i punti fermi.
I titoli, a differenza di quanto avviene per le quote di reimpianto del vigneto, non possono essere ceduti, venduti o affittati. Essi non sono nominali ma strettamente legati alla proprietà o al possesso di un terreno su cui insistono degli olivi condotti secondo buone pratiche agricole.
Vi può essere un passaggio di titoli soltanto in caso di alienazione, vendita, cessione di un oliveto.
Nulla è dovuto all’olivicoltore nel caso questo estirpi gli olivi o li abbandoni, in tale circostanza viene semplicemente a decadere il diritto all’aiuto.

Dopo la proroga intervenuta, entro il 15 giugno 2006, tutti gli olivicoltori hanno presentato la domanda di pagamento unico aziendale, ove venivano definiti, o meglio fissati, sia il numero sia il valore dei titoli assegnati e quindi anche l’importo totale dell’aiuto per l’anno 2006.
Le cifre indicate sono tuttavia da intendersi ancora come provvisorie.
Sono molte infatti le richieste di accesso alla Riserva nazionale, la quale probabilmente dispone di fondi largamente insufficienti a coprire le necessità. E’ quindi probabile, secondo indiscrezioni, che risulti necessario un “ritocco”, ovviamente al ribasso, del valore dei titoli complessivi. E’ naturalmente impossibile stabilirne, allo stato attuale, modalità o entità.

Tutto è deciso e nulla è deciso. Si tratta di attendere.

Associazioni in fermento
In una lettera congiunta inviata al ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Paolo De Castro, i Presidenti delle Confederazioni Cia-Confederazione italiana agricoltori e Copagri e delle Unioni olivicole Aipo, Cno, Unapol e Unasco chiedono di rivedere il decreto ministeriale dell’8 agosto 2004, che individua in 3 mila metri quadri di superficie aziendale la condizione minima per la fissazione dei titoli per il pagamento unico.
I presidenti Politi, Aiuto, Dipierdomenico, De Carolis, Ardito e Fiorillo, sottolineano come tale misura sia stata decisa solo in Italia e che la sua applicazione determinerebbe l’esclusione di circa duecentocinquantamila produttori (ndr centottontamila secondo Agea)con aziende prevalentemente ubicate nell’Italia meridionale.
Diverse le ragioni addotte nella lettera al Ministro, tra le quali la messa in discussione di alcuni principi fondamentali come la tutela della pari dignità di ogni agricoltore indipendente dalle dimensioni aziendali o dall’entità del reddito; la funzione indispensabile che tutte le attività agricole, piccole o grandi che siano, hanno in merito alla tutela dell’ambiente e alla conservazione del suolo, del paesaggio, delle tradizioni e della ruralità; il ruolo trasversale dell’agricoltura rispetto alla molteplicità degli interessi sociali oltre che economici dell’intera collettività.
“La filosofia di fondo dello sviluppo rurale - sostengono i Presidenti - premia non solo la competitività, ma soprattutto l’ambiente ed il territorio di cui questi agricoltori possono essere custodi e attori principali”

Cos’è un’azienda?
Un particolare colpisce nel comunicato diramato dalle Associazioni, la definizione di “azienda” riferita anche a produttori che possiedono meno di tremila metri quadrati di terreno.
Spesso infatti queste proprietà sono dei semplici orti, dove si produce per autoconsumo o per hobby, senza finalizzare l’attività agricola alla vendita e all’ottenimento di un reddito.
Non si può, quindi, almeno in termini economici, definirle aziende.
Si tratta di piccoli proprietari che vanno rispettati e tutelati ma a cui avrebbe poco senso riconoscere un aiuto concepito per sostenere il reddito degli agricoltori, ovvero di chi, professionalmente ed imprenditorialmente, è occupato nella coltivazione dei campi e nella vendita dei prodotti della terra.
L’”aiuto alla produzione” non è né un ammortizzatore sociale, utile per rimpinguare redditi extra agricoli, né un mezzo idoneo per salvaguardare la cultura e tradizione contadina ammesso, ma non concesso, che siano proprio i piccoli proprietari ad esserne i portatori. E’ utile ricordare infine che l’Ocm olio di oliva non obbliga l’olivicoltore al rispetto dell’ambiente, limitandosi ad alcuni generici precetti agronomici e vincolando il produttore a mantenere le piante in buono stato vegetativo, terminologia assai vaga ed ambigua.

Venti milioni di euro
Supponendo che gli olivicoltori con meno di tremila metri quadrati siano pari a 200.000 e che ognuno di loro percepisca un aiuto annuo uguale a 100 euro, se ne ottiene la ragguardevole cifra di venti milioni di euro.
Probabilmente si tratta di una stima per difetto.
Molti progetti, programmi e attività potrebbero essere svolti con tanti soldi.
Si potrebbe, per esempio, dare nuovo slancio alla ricerca, ma anche iniziare un serio piano di istrutturazione e riammodernamento dei nostri oliveti, si potrebbero avviare campagne promozionali di grande impatto.
Si potrebbe dare un futuro al comparto olivicolo nazionale.
L’aiuto a pioggia, poche decine di euro all’anno distribuite a migliaia di piccoli proprietari non servono invece davvero a nulla.