L'arca olearia
Olio "acido" e rancido appena spremuto? Colpa di mosca delle olive, muffe e batteri
Non è solo la quantità a disturbare il sonno degli olivicoltori e dei frantoiani. In condizioni non ottimali occorre prestare molta più attenzione, durante la raccolta e l'estrazione, per evitare di degradare ulteriormente la qualità. Acidità e perossidi sono gli indicatori dela nostra cura e professionalità
07 ottobre 2016 | R. T.
La campagna olearia è molto complicata e difficile. La scarsa quantità è solo una faccia della medaglia, infatti occorre monitorare molto attentamente anche la qualità.
In molte aree, laddove non si è proceduto a una scrupolosa difesa fitosanitaria, le olive sono danneggiate dalla mosca delle olive. In Toscana, per esempio, l'infestazione media totale è del 25-30%. Situazioni analoghe si registrano in varie altre parti d'Italia. Normalmente molte di queste olive sarebbero destinate a cadere e a non essere raccolte ma la scarsità di prodotto ha portato ad anticipare e anticipare la raccolta, con il serio rischio, dunque, di portare queste olive in frantoio.
Innanzitutto occorre precisare che le olive colpite da mosca delle olive, molto spesso, sono infettate anche da batteri e muffe che sfruttano il canale aperto dalla puntura della mosca e, naturalmente, anche l'eventuale foro di uscita.
Cosa accade dentro le olive danneggiate?
Normalmente dentro le olive gli enzimi che possono alterare la qualità dell'olio (lipasi e lipossidasi) non sono a contatto con l'olio. Solo all'atto di rompere i vacuoli che contengono l'olio gli enzimi possono iniziare la loro azione. Col procedere della maturazione si ha un normale degrado delle strutture cellulari, con conseguente progressiva rottura di alcuni vacuoli e l'attivazione delle azioni enzimatiche. Ovviamente analogo danneggiamento delle strutture cellulari si ha a causa delle gallerie delle larve di mosca ma anche a causa dell'azione enzimatica dovuta a muffe e batteri. In queste condizioni, in particolare con un frutto ricco di acqua, iniziano anche le reazioni enzimatiche di inacidimento e inracidimento (enzimatico e ossidativo).
Inacidimento
L'inacidimento dell'olio avviene per la rottura dei trigliceridi (grassi) con formazione di digliceridi e acidi grassi liberi. Tale azione avviene per opera dell'enzima lipasi che ha necessità di acqua per la reazione chimica. La temperatura ottimale d'azione della lipasi è di circa 35-40 gradi (attenzione si tratta della temperatura dentro l'oliva non di quella dell'aria) ma può continuare a produrre i suoi effetti fino alla temperatura minima di circa cinque gradi.
L'inacidimento dell'olio viene espresso come acidità libera. Non deve essere superiore a 0,8. Da notare, sebbene si parli di acidità, che questa non è percepibile dai nostri sensi e quindi a una valutazione organolettica dell'olio. Un olio acido, ovvero con acidità libera elevata, è rilevabile solo a seguito di analisi chimica.
Inrancidimento enzimatico
Il processo viene anche definito ossidazione enzimatica. Qui entra in gioco la lipossidasi, contenuta nel seme dell'oliva, ma anche caratteristiche di molti funghi e muffe. La lipossidasi che è in grado di legare chimicamente l'ossigeno dell'aria agli acidi grassi insaturi dei trigliceridi, innescando il fenomeno ossidativo, con produzione di radicali liberi. Anche la lipossidasi ha necessità di un mezzo acquoso per poter innescare la reazione chimica. Le temperatura ideale per la lipossigenasi è di circa 30-35 gradi. Da notare che questo genere di ossidazione avviene solo a carico degli acidi grassi liberi, quindi solo in presenza di una buona acidità di partenza.
Inrancidimento ossidativo
E' l'ossidazione più conosciuta per l'olio, ad opera di luce e ossigeno. In questo caso non sono coinvolti enzimi, la reazione, una volta iniziata, procede a catena con formazione di nuovi radicali favorita dalla luce, dal calore e dal contatto dell’olio sia con l’ossigeno atmosferico sia con alcuni metalli (ferro, rame, nickel) che agiscono da catalizzatori. Si ha la formazione di radicali liberi e quindi di idroperossidi. Gli idroperossidi sono molecole molto instabili la cui facile decomposizione dà luogo alla formazione di composti volatili (aldeidi e chetoni) responsabili del caratteristico odore di rancido.
Possiamo controllare lo stato di inrancidimento del nostro olio soprattutto grazie al numero di perossidi che per legge, per l'extra vergine, deve essere inferiore a 20 meq O2/kg.
E' dunque evidente che, con olive parzialmente compromesse, dovremo prestare particolarmente attenzione ai danni procurati dagli attrezzi di raccolta, alla conservazione delle stesse e quindi alla tempestività di lavorazione.
E' infatti evidente che qualsiasi operazione di raccolta tenderà ad accentuare i danni e a accelerare le reazioni enzimatiche di inacidimento e inrancidimento. Stoccare le olive per molte ore (non giorni, ore!) in cassette o cassoni può provocare aumenti delle temperature che, oltre a favorire fermentazione, possono comunque accelerare i processi enzimatici. Ricordiamo infatti che le temperature ottimali per la lipasi e la lipossidasi sono di 35 gradi, temperatura facilmente raggiungibile in una cassette di olive. Allo stesso modo, sebbene il contributo dell'estrazione sia minimo, è utile ricordare che l'aumento della temperatura di gramolazione favorisce processi di inacidimento e inrancidimento.
Infine, sia la lipasi sia la lipossidasi, hanno necessità di acqua per poter la reazione chimica. E' quindi utile, in caso di olive già compromesse, procedere quanto prima alla filtrazione, proprio in ragione di diminuire fortemente il quantitativo rimanente di acqua nell'olio e bloccare così le reazioni enzimatiche.