L'arca olearia
Non sempre è questione di varietà. Gli oli d'oliva dell'altra parte del mondo
Non sempre le cultivar mediterranee producono oli di qualità quando sono piantate nell'emisfero sud. Il contenuto in acido oleico può scendere anche sotto al 50%. E' il binomio varietà-clima a fare la differenza, anche dal punto di vista produttivo
04 marzo 2016 | R. T.
Altre realtà produttive si stanno affacciando al mondo olivicolo-oleario. Si tratta in particolare delle regioni dell'emisfero sud che hanno un clima che più si avvicina a quello mediterraneo.
Sud America, Sud Africa e Oceania sono diventare le potenziali frontiere di una nuova olivicoltura. Luoghi e ambienti che, però, possono presentare limiti imprevisti nell'acclimatamento e nella produttività dell'olivo.
E' il caso dell'Australia. Dopo il boom degli anni 2000, oggi la promessa australiana si sta sgonfiando, anche per via delle siccità devastanti degli ultimi anni, con conseguenti cali repentini della produzione e business plan che sono andati in forte difficoltà per l'alternanza di produzione tipica dell'olivo.
Non solo, talvolta sono andate deluse anche le aspettative di produrre oli di qualità o di eccellenza che ricordassero quelli europei per gusti e sapori, poiché la reazione agronomica delle varietà mediterranee in questi nuovi ambienti è stata negativa.
L'Università di Buenos Aires, in Argentina, ha esaminato proprio come l'ambiente sud americano può influire sulla composizione in acidi grassi e sull'accumulo di olio per alcune varietà mediterranee.
Sei le varietà prese in esame per la prova: Arauco, Arbequina, Manzanilla, Barnea, Frantoio e Coratina. Le prove sono state condotte in due stagioni consecutive.
La cultivar che si è meglio adattata alle condizioni sud americane è stata proprio la nostra Coratina.
Molto variabile in particolare il contenuto in acido oleico e la sua dinamica di accumulo in ragione della somma termica dal periodo di fioritura.
La diminuzione più drastica, con percentuali di acido oleico che potevano scendere sotto al 50% è stata osservata per Arauco e Arbequina. Oltre la somma termica di 3000 gradi dalla fioritura, le percentuali scendevano in maniera repentina e costante anche per Manzanilla e Barnea. Curva discendente costante, arrivando a minimi confrontabili con quelli di Manzanilla e Barnea (55% di acido oleico), anche per la Frantoio. Indifferente, invece, all'aumento termico è stata la Coratina che ha mantenuto livelli di acido oleico intorno al 70%.
Similmente, ma con dinamica opposta, l'acido linoleico ha mostrato un aumento lineare per Arauco e Arbequina che sembra essere inversamente proporzionale alla diminuzione di acido oleico, mentre modelli bilineari, con un aumento oltre determinate soglie, è stato trovato per altre varietà.
I ricercatori argentini hanno anche misurato il tasso di crescita dei frutti e l'accumulo di olio, trovando che la biosintesi dell'olio nelle drupe è negativamente correlata con l'aumento delle temperature.
Nel complesso è stato riscontrato che solo Manzanilla e Coratina possono rispettare i limiti commerciali relativi alla categoria merceologica olio extra vergine di oliva, imposti dal Consiglio oleicolo internazionale. In entrambi i casi si tratta di varietà che mal si adattano agli impianti superintensivi o con spinta intensificazione colturale, rendendo necessaria una olivicoltura tradizionale di modello europeo.
Bibliografia
Déborah P. Rondanini, Diego N. Castro, Peter S. Searles, M. Cecilia Rousseaux, Contrasting patterns of fatty acid composition and oil accumulation during fruit growth in several olive varieties and locations in a non-Mediterranean region, European Journal of Agronomy, Volume 52, Part B, January 2014, Pages 237-246, ISSN 1161-0301