L'arca olearia

LA QUALITA’ DELL’OLIO EXTRA VERGINE DI OLIVA ENTRA IN BOTTIGLIA. LE INDICAZIONI UTILI PER CREARE UN PRODOTTO DI QUALITA’ SUPERIORE

La strada per riconoscere bontà e pregi, ma anche i difetti dell’olio. Nel prodotto confezionato è l’immagine la forza attrattiva, l’etichetta lo strumento più diretto e immediato per comunicare. In un dialogo immaginario, uno scambio di saperi tra un agricoltore e un oleologo

26 novembre 2005 | Graziano Alderighi

Un’opera meritoria pubblicata dall’Aipo di Verona e di cui è autore Luigi Caricato. Extra vergini d’eccellenza. La forza attrattiva della qualità, è il titolo. Criteri e metodi per produrre meglio, soddisfare il consumatore e ottenere un’equa remunerazione, è invece il sottotitolo. Segnaliamo questo libro, in edizione fuori commercio, ponendolo all’attenzione dei lettori allo scopo di evidenziare quanto sia importante che le varie associazioni olivicole si adoperino nell’offrire utili strumenti di comunicazione ai propri associati.
All’interno del volume, edito da Golden Time, un’appendice a cura di Enzo Gambin, Antonio Volani e Sonia Ziviani. Di grande pregio, inoltre, il corredo iconografico di Roberto Lazzarin.
“Il libro – spiega l’autore, Luigi Caricato – è stato concepito alla maniera dei catechismi rurali tanto in voga nel corso dell’Ottocento. La formula è quanto mai immediata e di facile approccio. Si immagina un fitto dialogo tra un agricoltore desideroso di qualificare il proprio lavoro e un oleologo pronto a fornire utili indicazioni.
Presentiamo un brano tratto dal settimo capitolo
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Il consumatore ha davanti a sé la bottiglia di extra vergine ed è pronto per la scelta. Prima di immettere sul mercato il proprio olio cosa dovrà curare invece il produttore per riuscire a influenzarne l’acquisto?
Certamente la massima attenzione sarà da riservare in gran parte alla qualità intrinseca del prodotto. Non sta bene inoltre che l’intera produzione venga in quanto tale imbottigliata solo perché rientrante nella categoria merceologica degli oli extra vergini di oliva. E’ necessario procedere con il riconoscimento dell’effettiva qualità, quindi si deciderà caso per caso la collocazione delle varie partite d’olio. Occorrerà poi superare la vecchia concezione del far rientrare in un unico lotto di stoccaggio quanto di variegato si ha invece a disposizione. C’è l’extra vergine d’eccellenza e c’è anche il prodotto più o meno discreto, ma c’è pure l’olio appena sufficiente, poco esaltante e gradevole sul piano organolettico. Differenziare è pertanto la parola d’ordine da non trascurare, un vero passo obbligato per il produttore. Serve a conseguire un buon riscontro commerciale; e serve oltretutto a qualificare una azienda davanti al proprio cliente. Diventato attento e consapevole, il consumatore si rende di certo più esigente rispetto al passato. Il produttore da parte sua può pensare a una opportuna diversificazione dei propri extra vergini da immettere in commercio, differenziazione da farsi in base alla tipologia di fruttato per esempio, in ragione del modo con cui l’olio viene percepito all’olfatto, se tenue, medio o intenso; ma una ulteriore distinzione la si può effettuare considerando la tenuta olivetata nella quale le olive sono state coltivate, proprio alla maniera dei celebri “cru” del vino; oppure, altra ipotesi, è possibile individuare comunque altri criteri di selezione su cui far leva. In ogni caso, simili approcci consentono di offrire un ventaglio di proposte ben più ampio e appetibile, sebbene la qualità di base non debba mai essere livellata verso il basso. E’ inaccettabile che si mescoli indebitamente il buono con il mediocre. E’ inammissibile soprattutto realizzare misture inespressive e senza identità. Una volta acquisito tale proponimento, si passerà con maggiore riguardo al momento successivo: la comunicazione. La qualità dovrà essere resa accattivante intanto attraverso un packaging adeguato. Anche l’immagine del resto fa la qualità, la concretizza e la impone in modo sottile e velato nell’immaginario collettivo. Da qui di conseguenza la necessità di pensare a un’etichettatura che sia altamente efficace nelle sue indicazioni di massima. L’etichetta resta oltretutto un concreto punto d’incontro tra produttore e consumatore, ed è a tutti gli effetti un luogo fisico aperto alla fiducia e alla reciprocità, pur al di là di quanto le Istituzioni già prevedono venga riportato in quel rettangolo di carta. E’ lo stile a volte a fare la differenza, non solo le parole riportate.

Ci sono operazioni da consigliare prima di procedere con il confezionamento dell’olio?
L’accertamento della qualità. Lo ripeto fino a stancare chi legge. Credo siano in pochi, purtroppo, a valutarne l’importanza, al di là di quanto avviene per consuetudine. Attraverso un complesso percorso analitico si dovrà invece stabilire l’effettivo profilo di un extra vergine, non più semplicemente affidandosi al solo grado di acidità libera o al numero di perossidi. Occorre andare oltre, con un esame ben più esteso e approfondito. Inoltre, c’è pure la valutazione sensoriale da effettuare, pratica alquanto utile per appurare non solo l’assenza di difetti, ma anche l’effettiva e riconoscibile presenza di note di pregio. Purtroppo si trascurano con troppa disinvoltura molte operazioni importanti, in quanto si è abituati in gran parte alla vendita del prodotto sfuso, quasi a livello amicale, ristretta al giro delle proprie conoscenze o di chi visita l’azienda. Per quanti vogliano abbandonare la filosofia tipica dell’autoconsumo e qualificare in modo serio la vendita attraverso il canale corto produttore-consumatore, ma soprattutto per coloro che intendano tentare la creazione di un circuito commerciale più ampio nel settore horeca (hotel, ristoranti e catering) e perfino, laddove è possibile, nella grande distribuzione, è necessario fornire al consumatore maggiori certezze intorno alla qualità. Un prodotto che si dica di qualità non deve possedere i soli requisiti minimi, soprattutto se resta l’esclusiva espressione di un’azienda agricola. Per questo, dunque, le attenzioni verso il prodotto da commercializzare dovranno essere manifestate con estrema attenzione, senza trascurare nulla. L’olio va curato anche dopo ch’è stato ottenuto in frantoio: con un controllo delle strutture destinate allo stoccaggio per esempio, verificando tra l’altro le condizioni igieniche, la temperatura, il livello di riempimento dei contenitori. Si dovranno effettuare i necessari travasi con le dovute cautele, cui seguiranno controlli costanti sullo stato di conservazione di ciascun lotto. Si provvederà così al confezionamento attraverso una gestione oculata dei quantitativi, in modo da non avere prodotto immagazzinato per un lungo periodo di tempo. Nella bottiglia l’olio sarà destinato a degradarsi più velocemente, per questo un’azienda di piccole o medie dimensioni può e deve gestirsi con maggiore flessibilità.

E’ vero che occorre standardizzare il prodotto? In tal caso non si rischia di livellarne la qualità? L’olio del contadino di anno in anno di solito cambia, perché deve essere invece reso uguale?
No, la standardizzazione è necessaria. Non si può presentare sul mercato un olio di volta in volta differente. Nonostante la stagionalità determini mutamenti nelle caratteristiche organolettiche e compositive di riferimento, ogni anno è possibile ripresentare più o meno fedelmente lo stesso prodotto. Un prodotto standard, appunto. Ciò non significa tuttavia livellare la qualità nel senso di banalizzarla, svuotandola di significato. Si tratta semmai di connotare la qualità entro parametri di riferimento che si ripetano più meno uguali secondo un profilo-tipo. La standardizzazione può avvenire in alto come in basso. Si tratta di offrire al consumatore un prodotto standard su parametri di alta gamma. Ecco, per far ciò è necessario assumere la capacità di effettuare dei blend commerciali dalle caratteristiche di profumo e gusto peculiari. Quando un extra vergine è riconoscibile dal consumatore, è il segnale indiretto di una capacità professionale che va meritatamente apprezzata e favorita.

Quali sono le caratteristiche distintive di un extra vergine di qualità eccelsa?
La qualità sensoriale è immediatamente percepibile attraverso i nostri sensi, i quali vanno però educati affinché riescano a cogliere le molteplici sfumature con cui si presentano. In seguito all’assaggio di un olio, si esprime di conseguenza un grado di piacevolezza che può variare da gusto a gusto, ma ch’è riconducibile in ogni caso a parametri scientificamente esatti, che addirittura sono elencati in uno specifico allegato all’interno di un regolamento comunitario, il numero 2568/91. Segno che non c’è alcuna improvvisazione in materia e che esiste insomma un preciso lessico di riferimento, secondo cui un extra vergine può avere un determinato e specifico profilo. La grande qualità si riscontra nella gradevolezza delle note olfattive, con rimandi a sensazioni erbacee o vegetali; nell’equilibrio delle note amare e piccanti; nelle percezioni retronasali pulite e persistenti. In poche semplici battute non si può precisare molto, per questo è bene approfondire l’argomento con accurate letture di libri e con frequentazioni ripetute di corsi di assaggio a carattere professionale. Un produttore che non si istruisca a dovere non può pretendere nemmeno che il consumatore sappia apprezzare e riconoscere la qualità. Il produttore ignorante e sbadato non ha neppure motivo di lamentarsi se poi non riesce a vendere bene il proprio olio, piagnucolando perché, nonostante la grande fatica e gli alti costi per ottenerlo, altri extra vergini più competitivi sul prezzo e magari pure di pessima qualità vengano infine preferiti al suo. Saper presentare il proprio olio, conoscendolo però per davvero, non con le solite frasi fatte, è segno di grande professionalità. La preparazione è fondamentale.

(etc.)

Luigi Caricato