L'arca olearia

La sansa non è un rifiuto. L'olio di sansa di oliva è buono da mangiare e non solo

No a un "mercato nero" della sansa di oliva. Il presidente del gruppo olio di sansa di Assitol racconta la situazione degli ultimi mesi: "mai come in questa campagna, caratterizzata da esigue quantità di prodotto, abbiamo visto lo scatenarsi di una vera e propria guerra per l'acquisto di sanse vergini" con operatori scorretti ma "noi non intendiamo rinunciare a difenderci"

06 febbraio 2015 | Michele Martucci

L'olio di sansa d’oliva è un rappresentante della grande famiglia degli oli d'oliva. Non viene estratto da un rifiuto, ma da un sottoprodotto utilizzato per impieghi alimentari, mangimistici, agronomici ed energetici, definiti da normative europee e convalidati da decenni di attività, legalmente riconosciuta e scientificamente approvata. E' quindi con stupore che abbiamo letto l'articolo di Mario Pacelli su Teatro Naturale, in cui si afferma che l'olio di sansa è un rifiuto, diventato commestibile per volere di Benito Mussolini, mantenuto tale per un riprovevole errore dell'Unione Europea e prodotto ancor oggi da un buon numero di industriali in lotta con gli operatori del biogas.

Vorremo quindi contrapporre a questa ricostruzione quella del nostro settore che, pur tra molte difficoltà, mantiene l'“orgogliosa sicurezza” di chi continua, tutti i giorni, a lavorare nell'agroalimentare, senza percepire per questa attività alcun aiuto di Stato.

Cominciamo subito col dire che il sansa è un olio d'oliva, ottenuto dalla estrazione dell’olio grezzo dalla sansa, un'operazione assolutamente a norma di legge, identica a quella che si fa per gli oli di semi, tanto per intenderci, dalla raffinazione del grezzo e dalla miscelazione dell'olio di sansa di oliva raffinato con olio vergine diverso dal lampante. Un'operazione prevista dalla normativa comunitaria, quella stessa che ha creato la definizione di extravergine, definendo al tempo stesso la commestibilità dello stesso sansa. Sulla classificazione dell'olio di oliva, inoltre, il legislatore europeo è più volte intervenuto, senza però cambiare le specifiche dei diversi prodotti.

Non tutti gli oli possono essere extra, vale a dire il “top” dell'intera gamma, ma sono comunque prodotti ottimi dal punto di vista alimentare. Il sansa, è bene ricordarlo, come tutti gli oli d'oliva, è ricco di grassi monoinsaturi, raccomandati per la salute cardiovascolare e, in generale, per tutta una serie di effetti positivi sull'organismo umano. A confermarlo, un numero praticamente infinito di ricerche, italiane e straniere, che compaiono ciclicamente sui giornali.

Il residuo di lavorazione o, più correttamente, il sottoprodotto della lavorazione delle olive in frantoio, da tempo ha assunto un ruolo speciale: quello di apripista all'olio extravergine sui mercati mondiali. Ancor oggi, il sansa mantiene questa funzione di “grimaldello” nei Paesi emergenti, abituati a sapori ben diversi rispetto alla cucina mediterranea. Gli industriali del settore hanno investito milioni di lire prima, di euro poi, nella promozione del prodotto-olio, conquistando l'Europa, gli Stati Uniti e affacciandosi, da qualche anno, anche nel Sud Est asiatico. Una battaglia che il solo mondo agricolo non avrebbe mai potuto realizzare, e che vede il contributo storico e importante del sansa. Anche all'estero, la commestibilità di questo olio è stata oggetto di verifiche, che hanno confermato la bontà dei nostri prodotti.

Quindi, sappiamo stare sul mercato e siamo abituati alla concorrenza. Ora ci si accusa di non sopportare il successo degli operatori del biogas. Non è così. Nel nostro comunicato dello scorso dicembre, abbiamo illustrato, al contrario, un grave rischio per la legalità che dovrebbe mettere in allarme tutto il mondo dell'olio, compresi i frantoiani. Mai come in questa campagna, caratterizzata da esigue quantità di prodotto, abbiamo visto lo scatenarsi di una vera e propria guerra per l'acquisto di sanse vergini, una sorta di “mercato nero” della materia prima, che distoglie così quote di sansa ad un settore già in difficoltà. Soprattutto, li sottrae agli utilizzatori seri di biomasse, sfruttando gli incentivi statali. Tale rischio vale per la produzione energetica e, ancor di più, per l'utilizzo a fini alimentari, colpendo così la tracciabilità dell’intera filiera olivicola.

Accanto al problema economico, non indifferente in tempi di spending review, emerge poi quello ambientale. L'operatore scorretto non si limita ad accaparrarsi risorse finanziarie non dovute, ma spesso non si cura di rispettare le norme ambientali, imposte giustamente ai sansifici. Basti pensare alle autorizzazioni per le emissioni o allo stoccaggio delle sanse vergini, effettuato a cielo aperto da personaggi senza scrupoli. In questo senso, ci trova d'accordo Mario Pacelli quando afferma che “c'è spazio per tutti se si rinuncia alla difesa”. E' vero, ed è ciò che sta accadendo con il sansa. Noi non intendiamo rinunciare a difenderci. Il pericolo, infatti, è di veder scomparire un segmento decisivo per la produzione alimentare, impoverendo al tempo stesso il comparto delle rinnovabili.

 

Michele Martucci è Presidente Gruppo Olio di Sansa - ASSITOL

Commenta la notizia

Per commentare gli articoli è necessario essere registrati

Accedi o Registrati

Alberto Grimelli

08 febbraio 2015 ore 10:27

Il diritto di replica è salvaguardato da precise disposizioni.
Anche non fosse così, Teatro Naturale è e resta uno spazio di discussione e di dibattito aperto a una pluralità di voci e di idee che, non necessariamente coincidono con quelle del sottoscritto o della redazione. Dal confronto non necessariamente deve scaturire una mediazione. Ciascuno può legittimamente mantenere la propria posizione, ma la diversità dei ruoli e dei pensieri è utile alla chiarezza e alla trasparenza del settore.
Nel caso in questione. Concordo con Assitol nella necessità dell'assoluta tracciabilità e trasparenza nel mercato delle sanse vergini. Le aree scure, o anche solo in chiaroscuro, permettono la proliferazione di furbi e approfittatori, o anche peggio, di truffe e delinquenza.
La ricostruzione storica del Prof. Pacelli non è stata contestata da Assitol. Sono state contestate le conclusioni a seguito della ricostruzione storica. Il processo produttivo, estrazione e rettificazione, è tipicamente industriale. Trovo sia una forzatura affermare che l'olio di sansa di oliva sia un prodotto naturale solo perchè deriva da una materia prima agricola. Fosse così, tranne per i prodotti di sintesi, dovremmo affermare che tutto ciò che ci circonda è naturale poiché prodotto a partire da materie prime agricole o estratte dalla terra. Sarebbe anche uno svilimento del concetto stesso di industria che è capace di manipolare la materia, rendendola altro. L'industria è trasformazione, ovvero mutamento di forma, di aspetto, di struttura e anche d'uso. La sansa, così com'è, non è edibile, lo diventa a seguito di una trasformazione.
Non ho dati o prove certe che l'olio di sansa di oliva abbia avuto un ruolo decisivo nella diffusione degli oli di oliva nel mondo. A questo proposito sarebbe interessante capire il peso specifico dell'olio di oliva e di quello di sansa di oliva nel tempo e nelle diverse regioni mondiali. Occorre però riconoscere i meriti dei sansifici nel periodo post bellico. L'acquisto della sansa è stata una componente reddituale importante per i frantoi, in particolare nel Sud e nel dopoguerra.
Fatto salvo questo merito storico, è lecito chiedersi se l'olio di sansa di oliva abbia ancora un senso, ovvero se non sia un prodotto superato che, addirittura, possa risultare oggi una “palla al piede” per gli oli di oliva. Sotto il profilo produttivo, come rilevato dalla stessa Assitol, l'olio di sansa di oliva non si differenzia da un olio di semi. Anche le virtù nutrizionali dell'olio di sansa di oliva sono insidiate dalla nascita di oli di semi ad alto oleico e arricchiti di vitamine. La sansa, d'altra parte, può essere utilizzata per altri scopi, non alimentari, come i biodigestori.
La sensazione è che l'olio di sansa di oliva abbia esaurito il suo ciclo vitale all'interno dell'economia e della società. Anche in mercati molto nuovi per gli oli di oliva, come la Corea del Sud, ne rappresenta solo il 5%.
Più in generale sarebbe necessario chiedersi quanto l'attuale struttura merceologica degli oli di oliva sia adeguata ai tempi e se, dopo cinquant'anni, non sia il caso di riverderla dalle fondamenta per proiettarla nel futuro.
Gli oli di oliva sono una nicchia, il 3%, degli oli vegetali nel mondo. Rispetto a cinquant'anni fa sono migliorate tecniche e prodotti. Se vogliamo che gli oli di oliva rimangano la punta di diamante degli oli vegetali occorre forse innalzare l'asticella, avendo anche il coraggio di eliminare categorie e prodotti che hanno esaurito la loro funzione.
Questo il mio pensiero che non credo possa essere condiviso da Assitol.

NICOLA BOVOLI

07 febbraio 2015 ore 17:23

SOGNO O SON DESTO?
Ma siamo su Teatro Naturale?
Comprendo che Michele Martucci, Presidente Gruppo Olio di sansa di ASSITOL, tenti di difendere, arrampicandosi sugli specchi, quell'olio "rettificato" che lui stesso chiama "il Sansa".
Personalmente sono più vicino alla posizione di Mario Pacelli che considera la sansa un rifiuto: il fatto che "il sansa" sia "legale" non vuol dire che sia un prodotto naturale perchè in realtà è un rifiuto che, rettificato chimicamente, diventa prodotto edibile di scarsissima qualità. Spero che il Alberto Grimelli, il Direttore di T.N. lasci la sua testimonianza in merito.