L'arca olearia

CHE PAURA! LA NUOVA ORGANIZZAZIONE COMUNE DI MERCATO OLIO DI OLIVA, DOPO L’INIZIALE PLAUSO GENERALE, SUSCITA TIMORI. IL RISCHIO PER L’ITALIA E’ L’ABBANDONO DELL’OLIVICOLTURA

La scelta del disaccoppiamento totale sta suscitando molte perplessità. Dopo che la Calabria è insorta, ottenendo una nuova formula, altre regioni si apprestano a chiedere condizioni più mirate e aderenti alle particolarità del proprio territorio. Sono tante e tali le criticità, mai risolte, del settore che la possibilità che gli olivicoltori lascino la cura annuale degli oliveti è quanto mai attuale

22 ottobre 2005 | Alberto Grimelli

L’Italia ha scelto il disaccoppiamento totale.
Gli olivicoltori riceveranno un aiuto, pari alla media di quattro anni di riferimento, indipendentemente dalla produzione dell’oliveto. Sarà sufficiente tenere gli olivi in buono stato vegetativo, una formula tanto vaga e così poco esaustiva che una potatura ogni tre-quattro anni, qualche concimazione e lavorazione ogni tanto risulteranno sufficienti a ottemperare a questa condizione. Considerando che è proprio la raccolta la voce di costo più importante e onerosa per l’azienda agricola non si può quindi escludere a priori che taluni, m quanti?, scelgano di non raccogliere stante quotazioni dell’olio extra vergini di oliva in continuo ribasso negli ultimi dieci anni.
Oliveti in terreni marginali, contraddistinti da evidenti difficoltà e problematiche, saranno probabilmente i primi a venire abbandonati. Così pure vecchi e desueti olivi del Sud Italia, piante secolari, bellissime ma poco adatte alla meccanizzazione, verranno tristemente lasciate a vegetare, rimanendo dei monumenti, quali sono, e non anche delle colture produttive.

E’ probabilmente lo scenario più triste e drammatico, quindi anche il meno realistico, ma è necessario prendere in seria considerazione le voci che da più parti si levano per rimettere in discussione la scelta italiana.

“Esistono timori concreti – ha affermato Giampiero Cresti, direttore degli Olivicoltori toscani associati - per la riduzione degli impieghi di manodopera e per le attività correlate alla filiera come le operazioni di frangitura e di confezionamento. La nostra risposta deve puntare sempre più sulla commercializzazione del prodotto senza abbandonare, però, la strada intrapresa nel segno di una produzione di qualità. Dobbiamo riuscire a fornire ai produttori tutti gli strumenti e i servizi necessari capaci di dissuaderli dalla tentazione di abbandonare una coltura, quella dell’olio, che in Toscana più che in altre zone d’Italia è radicata nella storia, nelle tradizioni e nella cultura del territorio. Le zone chiaramente più a rischio sono quelle più “disagiate”, specie nelle aree dell’Italia centrale dove i costi di produzione sono maggiori anche a causa di una difficile formazione idrogeologica del terreno”
“Che il rischio esiste – ha dichiarato Paolo De Carolis, presidente del Cno, Consorzio Nazionale degli Olivicoltori - lo dimostra la decisione del Mipaf che argomenta in questo modo il suo ripensamento per la Calabria: il 12 pomeriggio, infatti, è stata presentata a Bruxelles la richiesta di una deroga per applicare alla Calabria il disaccoppiamento parziale (60-40). Se il problema esiste - si è chiesto De Carolis - perché lo si affronta solo per la Calabria e senza alcuna consultazione con le organizzazioni interessate?”

Apripista, come in altre occasioni, è la Toscana, che però potrebbe venire presto seguita da altre regioni con condizioni simili come la Liguria, l’Umbria e il Lazio.
Chi altro si unirà alla voce della contestazione?
La nuova Ocm olio di oliva nasce insomma zoppa ancor prima della sua effettiva applicazione.
Senza che siano ancora stati risolti diversi problemi specifici, come i nuovi oliveti (quelli piantati a ridosso del 1998) o gli affitti, si rimette in discussione la scelta del disaccoppiamento totale.

Nel frattempo i nodi e le criticità del comparto permangono. Alcuni di questi problemi hanno radici molto antiche e possono accentuare il fenomeno dell’abbandono.
L’età media degli olivicoltori è assai elevata, sono molti gli ultrasessantacinquenii che coltivano oliveti marginali, spesso antieconomici.
La maggior parte degli oliveti italiani si trovano in terreni collinari o montani, quindi in condizioni disagiate.
La maggior parte degli impianti sono vecchi e desueti, scarsamente meccanizzabili, con sesti molto larghi, poco razionali e adatti a un’olivicoltura intensiva.
I prezzi medi dell’olio extra vergine d’oliva sono scesi enormemente negli ultimi 10 anni e i prodotti di gamma elevata hanno acquisito ridotte quote di mercato. I listini degli oli a denominazione d’origine e biologici, comunque certificati, non sono tanto premianti quanto si auspicava.