L'arca olearia

TUTTI SI LAMENTANO. OLIVICOLTORI, FRANTOIANI, IMBOTTIGLIATORI E GROSSISTI. IL COMPARTO OLEARIO ITALIANO E' IN PREDA A UN DELIRIO COLLETTIVO

Ognuno per sè, Dio per tutti. Non ci si accorda su nulla, neanche sui dati economici. Chi lamenta prezzi troppo bassi, al limite della sopravvivenza, e chi denuncia aumenti spropositati. Se gli attori della filera vivono da separati in casa il settore però non può crescere. Ecco una possibile ricetta. Far fronte, uniti, al nemico comune: la burocrazia

17 settembre 2005 | Alberto Grimelli

Non è difficile comprendere gli umori del comparto oleario del nostro Paese. Domina il nero.
Poco ottimismo e meno gioia, in compenso abbondano rabbia, frustrazione, rassegnazione e passività.
Solo raramente si leva qualche voce in questa landa desolata, dove dominano i mugugni, le recriminazioni, i pettegolezzi, tutto sottovoce, per non disturbare.
Quando si odono grida e pubbliche lagnanze è una notizia, tanto sono rade e isolate.
Tutti gli attori della filiera olivicolo-olearia, in quest'ultimo anno, hanno manifestato, in diversi modi, la loro insoddisfazione.

Beati gli ultimi... Federolio
Gli ultimi, in ordine di tempo, ad aver mostrato preoccupazione e allarme sono stati gli aderenti a Federolio, associazione che raggruppa le principali aziende confezionatrici e i grandi grossisti.
Il 40% l'aumento in un anno dei prezzi all'origine degli oli d'oliva e un raccolto che si preannuncia scarso, queste le motivazioni che hanno spinto Federolio a diramare un accorato appello a mezzo stampa.
La concreta disponibilità di olio di oliva sul mercato italiano per le imprese confezionatrici è, e sarà anche nella prossima campagna, estremamente ridotta ma il fenomeno è ben più rilevante nelle sue dimensioni e investe tutti i Paesi produttori del bacino del Mediterraneo. Tale situazione ha trovato puntuale riscontro negli ultimi mesi negli andamenti mercantili, dai quali emerge che le quotazioni dei prezzi all'origine degli oli di oliva hanno manifestato in tutte le piazze una costante tendenza al rialzo. In particolare i prezzi all'origine dell'olio extra vergine sono in continua ascesa e questa tendenza è purtroppo destinata, nei prossimi mesi, a consolidarsi ulteriormente. Sulla piazza di Bari - la piazza di riferimento per le politiche comunitarie - nel mese di novembre 2004, la qualità olio extra vergine di oliva quotava 2,550 euro; successivamente la medesima qualità ha quotato nel mese di gennaio 2,850 euro e quindi nel mese di febbraio 2,950 euro, raggiungendo 3,075 euro a maggio, 3,125 euro a luglio e ancora 3,225 euro a fine luglio e 3,500/3.600 euro in questi giorni: un aumento, in meno di un anno, del 40% senza che vi siano - sottolinea Federolio - segnali di inversione di tendenza; analogo discorso vale per gli oli di oliva raffinati. Il fenomeno, che - come sottolinea Federolio - ha interessato tutte le altre provenienze, italiane e non, è essenzialmente da ricollegarsi alla situazione venutasi a determinare in alcuni Paesi produttori del Mediterraneo e all'atteggiamento dei maggiori operatori agricoli di questi Paesi, preoccupati, evidentemente, non solo dell'insoddisfacente andamento delle produzioni nella campagna che ora volge al termine - conclude la nota - ma anche e soprattutto delle previsioni, che stanno puntualmente per realizzarsi, di un raccolto complessivamente scarso per la nuova campagna che avrà inizio il 1° novembre prossimo.

2004 da dimenticare... parola di olivicoltore
Se i confezionatori/grossisti si lamentano, gli olivicoltori stentano.
Nel corso dell'ultimo anno più volte abbiamo avuto modo di segnalare il crescente malumore del popolo dei produttori. A fronte di un'annata di buona carica (campagna 2004/2005) i prezzi hanno segnato un rialzo soltanto negli ultimi mesi, ovvero quando in molti erano già stati costretti a "svendere" le proprie giacenze per pagare conti e bollette.
Chi ancora ha stock di olio extra vergine, oggi, può spuntare buoni prezzi, ma a giudicare dalle stesse valutazioni di Marcello Scoccia, che da questa settimana curerà in esclusiva per Teatro Naturale il "Borsino dell'olio" (link esterno), nuova rubrica settimanale dedicata alla rilevazione dei prezzi sui principali mercati mediterranei, le quantità rimaste sul mercato sono realmente esigue.
La tendenza, anno dopo anno, al ribasso dei prezzi è comunque stata accertata da diversi studi. Ultimo in ordine di tempo quello di Confagricoltura. (link esterno). In dieci anni il prezzo pagato all'agricoltore per un chilogrammo di olio extra vergine è diminuito del 33%. Più specificatamente, nel 1996, un olivicoltore italiano ha incassato in media 4,25 euro al chilo. Nel 2004, il ricavo medio è stato di 2,86 euro, con una diminuzione di 1,39 euro, pari al 32,7%. Nulla da sperare nel futuro, anche secondo il Dott. Barbaso che ha confermato, se ce ne fosse stato bisogno, la tendenza al ribasso dei prezzi dell'extra vergine dal 1995 a oggi.

Anche i frantoiani si arrabbiano
Non potevano certo mancare. Gli "artigiani dell'olio" come si sono definiti. Una categoria da sempre silente che però, da qualche anno, tenta di farsi sentire. Stanno prendendo coscienza di sè, del loro ruolo. Chiedono di essere ascoltati, chiedono di partecipare ai tavoli di filiera, vogliono avere un peso. Hanno spesso sbattuto contro un muro di diffidenza e contro l'ostracismo di chi voleva gestire il settore oleario in proprio, senza alcuna interferenza, potendo vantare centinaia di migliaia di associati.
Hanno applaudito la riforma dell'organizzazione comune di mercato dell'olio di oliva e in particolare l'eliminazione dei modelli F, ma temono, in mancanza di regolamenti applicativi, qualche tiro mancino. Non è raro, nel mondo agricolo, che a qualche registro, pratica, modello abolito se ne sostituiscano altri ben più complicati e macchinosi, oltre che onerosi.
A fronte della naturale diffidenza degli olivicoltori, che sempre lamenteranno rese troppo basse e costi di molitura troppo alti, iniziano a far valere le proprie ragioni. In un articolo provocatorio "denunciammo" le sensibili differenze nei prezzi di frangitura tra le regioni oliandole italiane (link esterno). Ci fu una poderosa, e inaspettata, reazione. Ci giunsero infatti molte lettere, alcune con coloriti apostrofi e altre con ragionate spiegazioni.

Ognuno per sè, Dio per tutti
Ciascuna delle categorie a cui ho fatto riferimento si muovono indipendentemente, anzi spesso in contrasto, rispetto alle altre. Portatrici di interessi particolari, lì vi concentrano l'attenzione, attenti al loro piccolo mondo, difficilmente si allargano gli orizzonti.
Che stia proprio qui il grande problema del settore oleario del nostro Paese?
Vi è un legame indissolubile tra olivicoltori, frantoiani, confezionatori e grossisti. L'uno senza l'altro non potrebbero esistere, ma tutti vanno per la propria strada, tutti cercano di tirare l'acqua al proprio mulino, ognuno cerca di fare le scarpe all'altro.
Nessuna collaborazione, nessuna comunione d'intenti. Spesso, anzi, c'è astio, se non odio.
Così il settore oleario italiano difficilmente riuscirà a crescere, a svilupparsi, a diventare leader nel mercato globale.
Eppure non mancherebbero le occasioni per far fronte comune, per condurre battaglie forti. Domina però la diffidenza. Si è creato, negli anni, un muro difficile da abbattere.
Solo un nemico più forte, per il quale tutti nutrono lo stesso risentimento e disprezzo potrebbe indurre olivicoltori, frantoiani, confezionatori e grossisti a coalizzarsi.
Questo nemico esiste e si chiama burocrazia. Troppe scartoffie riempiono le giornate, troppe ore si perdono negli uffici.
E' tempo...