L'arca olearia

LISTINI ANCORA BASSI PER L’EXTRA VERGINE D’OLIVA. LE PREVISIONI DI CRESCITA NON SONO STATE RISPETTATE E I PICCOLI PRODUTTORI SOFFRONO

L’olio novello ha dato nuovo impulso alle contrattazioni, ma, a distanza di qualche mese, su molte piazze si tornano a registrare prezzi sotto i 3 euro al kilogrammo. Ne risentono anche realtà olivicole tradizionalmente forti come la Toscana ed emergenti come la Sicilia. Tornare a produrre lampante?

04 giugno 2005 | T N

Il mercato dell’olio di oliva, nell’ultimo mese, ha fatto segnare su gran parte delle piazze ridotte contrattazioni. La domanda, infatti, è stata piuttosto debole e ha determinato una certa flessione nei listini. In particolare si rilevano lievi variazioni al ribasso per l’extra vergine e lampante.
In Grecia le contrattazioni si sono svolte in un clima pacato e le quotazioni delle categorie extra vergine e vergine si rilevano leggermente al ribasso.
Il mercato, in Spagna, mostra una situazione di generale calma. Si segnala che, per riuscire a collocare il prodotto, alcuni produttori hanno ribassato le quotazioni dell’extravergine.





Una tendenza al ribasso che si consolida
Già segnalammo uno studio di Confagricoltura sulla vorticosa discesa del prezzo dell’olio negli ultimi anni (link esterno). In dieci anni il prezzo pagato all'agricoltore per un chilogrammo di olio extra vergine è diminuito del 33%. Più specificatamente, nel 1996, un olivicoltore italiano ha incassato in media 4,25 euro al chilo. Nel 2004, il ricavo medio è stato di 2,86 euro, con una diminuzione di 1,39 euro, pari al 32,7%.
Non si tratta in realtà di dati così nuovi, se consideriamo che ne ascoltammo di analoghi già nel 2001 dalla voce del Dott. Barbaso. Nella sua relazione era ben specificato che “il livello medio dei prezzi dell’extra vergine non ha fatto che diminuire dal 1995/96 ad oggi (ndr 2001) Il perdurare di questa situazione può rivelarsi pericolosa soprattutto per certe aziende che hanno una bassa redditività ma che, con il loro lavoro, contribuiscono allo sviluppo rurale e sono fondamentali per la salvaguardia dell’ambiente.” E ancora “La produzione comunitaria non ha fatto che aumentare in questi ultimi nove anni : da 1.400.000 tonnellate di olio prodotto nel corso della campagna 1992/93 si è arrivati ad una produzione stimata di 1.900.000 tonnellate di olio nel corso della campagna 2000/2001. Ciò significa un aumento percentuale superiore al 37% . In questo stesso periodo il consumo è aumentato ma non con lo stesso ritmo della produzione. Infatti, in termini percentuali, l’aumento dei consumi è stato del 28,4%. Un recente lavoro del Consiglio Oleicolo Internazionale (COI) sulle proiezioni delle produzioni e dei consumi nell’Unione Europea e nei principali paesi terzi produttori, mostra che nei prossimi anni, le tendenze attuali porteranno assai rapidamente alla formazione d’eccedenze strutturali annuali cumulabili di anno in anno che varieranno dalle 100.000 alle 150.000 tonnellate di olio. Le conseguenze sui prezzi e sulla qualità di tali giacenze che non saranno assorbite dal mercato, potrebbero rilevarsi disastrose.”

Soffrono proprio tutti
Segnalammo già alcuni mesi fa la crisi e i malumori di molti olivicoltori toscani. Mai si era verificato che i prezzi si fossero abbassati tanto, a meno di 5 euro/kg. A tutt’oggi molte piccole realtà oliandole non professionali, part time o hobbistiche, pensano di non raccogliere il prossimo autunno, se non per consumo domestico, stante una quotazione che non garantisce neanche di ricavarci le spese.
Malgrado l'incetta di premi e di menzioni anche l'olio di oliva siciliano resta impantanato nella forte concorrenza sui mercati mondiali. Secondo una recente nota della Coldiretti “in Sicilia permane una staticità del mercato, ma il timore di non smaltire in tempi ragionevoli le scorte giacenti in magazzino sta inducendo i produttori a rivedere al ribasso il valore della produzione”. Anche per questa regione, le denominazioni d’origine non sono valse a premiare i produttori. Infatti, a fronte di un prezzo medio dell’extra vergine di 3,25 euro/kg, le Dop spuntano solo qualche centesimo di euro in più: 3,55 euro/kg per Monti Iblei e 3,70 euro/kg per Valli Trapanesi.

Le esportazioni tirano, ma...
Per l’ultima campagna il Coi ha previsto una produzione mondiale di olio superiore ai 2,7 milioni di tonnellate. Crescono i consumi mondiali passati da 2,6 tonnellate di cinque anni fa alle oltre 2,8 tonnellate attese per il 2005. Secondo il Consiglio oleicoli internazionale la domanda sarebbe quindi, seppur di poco, superiore all’offerta. Effettivamente il consumo di olio extravergine aumenta a dismisura. Mercati come il Giappone e gli Usa aumentano la domanda ogni giorno. Anche in Europa la crescita è lenta ma costante. In Francia la quota degli extravergine ha superato il 90% del totale, in Germania vale il 70% e in Gran Bretagna ha raggiunto quasi la soglia del 60%.
A fronte di così lusinghieri dati le nostre esportazioni dovrebbero essere cresciute enormemente, ed infatti nel 2004 hanno fatto registrare +15%. Peccato che anche le importazioni siano contestualmente aumentate considerevolmente (+30%).

La risposta a questa tendenza? Qualità
La crisi del settore oleario nel nostro Paese è tutta racchiusa nei numeri appena esposti.
Con un prezzo dell’olio in ribasso la nostra realtà produttiva, spesso antiquata e poco flessibile, non può resistere a lungo. La concorrenza internazionale, oltre alla Spagna, Australia, Sud America e Sud Africa, è agguerrita e produce extra vergini di buona qualità con costi decisamente contenuti. Il sistema delle denominazioni d’origine, così come è stato realizzato e sta operando non premia gli olivicoltori, ovvero non vi è alcun significativo premio di prezzo sul mercato. Gli aiuti comunitari serviranno solo, se non si interviene per tempo, a prolungare l’agonia.
Non vi è alcun dubbio che la risposta a questo trend negativo sia la qualità. Vorremmo però inserirvi anche altri elementi: il marketing, la promozione, la tipicità, la ricerca e l’innovazione.
Chi si ferma è perduto e l’Italia oliandola è, purtroppo, immobile.
Occorre sicuramente uno sforzo congiunto, fare sistema, per superare le attuali difficoltà e riproporsi rinvigoriti sul mercato. Occorre che le organizzazioni di categoria premano per piani attuativi e operativi, non solo parole, che consentano l’adeguamento della nostra realtà produttiva delineando strategie e politiche precise di medio e lungo termine. Occorre anche però che gli olivicoltori e i frantoiani diventino imprenditori, si istruiscano, si aggiornino, inventino, innovino.
Tornare al passato, a produrre lampante per 2,50 euro/kg, seppur sicuramente più lucrativo nel breve periodo è deleterio per la nostra olivicoltura. Significa abdicare al nostro ruolo di leader indiscusso di qualità e tipicità. Implica lasciare ad altri le nostre quote di mercato, che sarà poi difficilissimo recuperare. Equivarrebbe a un balzo nel passato, al Medioevo.