L'arca olearia
Saper fare, saper comunicare per valorizzare l'extra vergine
A Donoratico una giornata di riflessione sulle potenzialità inespresse del puro succo d'oliva. La qualità è importante ma occorre anche inventare un nuovo linguaggio se vogliamo fare dell'extra vergine una Cenerentola
08 dicembre 2012 | Alberto Grimelli
Ve la ricordate la fiaba di Cenerentola? L'olio extra vergine d'oliva può arrivare all'happy end ma ancora sta lustrando i pavimenti schiavizzato da matrigna e sorellastre.
Per arrivare al risultato, all'obiettivo occorre saper fare e saper comunicare.
E' stato questo il titolo e il filo conduttore di una giornata di riflessione tenuta a Donoratico (LI) domenica 2 dicembre e che ha visto una pluralità di voci, di esperienze e di professionalità a confronto che ho avuto il piacere di coordinare.
Presso la Cooperativa Terre dell'Etruria si sono ritrovati produttori, consumatori e addetti ai lavori, ma anche Luciano Scarselli, capo panel e Presidente di Ascoe, per raccontare le proprietà organolettiche dell'extra vergine, la Dottoressa Cinzia Chiarion, medico internista e curatrice del portale olioesalute.it, che ha ben illustrato i valori nutraceutici e salutistici dell'olio da olive, Stefano Polacchi, capo redattore del Gambero Rosso e curatore di Oli d'Italia 2012 che ha approfondito il tema della comunicazione, il Professor Rossano Pazzagli, storico dell'agricoltura e del turismo dell'Università del Molise, per narrare passato e presente dell'olivicoltura e Massimo Carlotti, responsabile qualità di Terre dell'Etruria che con passione si dedica quotidianamente al “fare”.
Un incontro e una lunga discussione che ha visto però una straordinaria, quanto inusuale, unanimità di vedute.
Il settore deve rinnovarsi, cercando nuovi linguaggi e forme espressive per coinvolgere ed emozionare il consumatore. Soprattutto basta con le etichette con in bella evidenza le macine che danno un'idea di vecchio, come se il settore fosse rimasto a 30 o 40 anni fa.
I passi in avanti in tema di qualità sono indiscutibili ma si può far di più e si deve far meglio per valorizzare, ad esempio, i polifenoli, straordinari composti con un forte impatto salutistico. Le tecniche agronomiche ma anche quelle di estrazione devono andare di pari passo per ottenere oli equilibrati sotto il profilo aromatico ma ricchi di polifenoli. “Basta con la ricerca di mezzo punto o un punto di resa in più – ha affermato Massimo Carlotti – non può più essere questo l'obiettivo. L'obiettivo è la qualità.”
E' però anche vero che un poco di resa in più aiuta i conti degli olivicoltori, pericolosamente in rosso. Il vero problema, in fondo, sta tutto qui. Rinunciare a un po' di qualità per salvare il salvabile e sopravvivere o procedere a ritmi serrati verso l'alta qualità?
Senza qualità l'Italia olivicolo-olearia è morta, hanno confermato tutti i presenti.
Ma come ridare dignità a un prodotto che è stato banalizzato nella logica del mercato di massa? “E' bene cominciare a dire le cose come stanno- ha affermato Scarselli – l'olio commerciale standard, di provenienza spagnola, puzza. Quel sentore di fenolo e medicinale sarà anche una caratteristica tipica ma è sgradevole.”
Come comunicare tutto questo al consumatore? “Vi sono molti strumenti di comunicazione disponibili – ha detto Polacchi – ma il primo modo approccio del consumatore col prodotto è la bottiglia. Vedo tante etichette durante l'anno. Al settore oleario manca ancora la creatività e la spinta innovativa che ha contraddistinto il vino.”
Messaggi chiari, semplici e veritieri con un pizzico di fantasia ed estro. Ma occorre trovarli questi messaggi. “Sulla base della nostra storia, di quello che è l'Italia, di quello che rappresenta l'olivo – ha affermato Pazzagli – credo che si debba puntare su tre concetti chiave: territorio, ambiente e salute.”
Territorio significa origine ma anche di più, significa far sapere da dove si viene e dove si va, che si hanno basi solide e radici profonde ma che lo sguardo si perde lontano. Territorio è ben più di “Made in...”
Ambiente. La sostenibilità sta diventando una sfida economica ma anche etica e morale. Rispettare l'ambiente significa anche avere una coscienza e guardare alle prossime generazioni.
Salute. Anche nei paesi emergenti certe patologie, come malattie cardiovascolari e diabete, stanno dilagando. L'olio da olive non è solo un prodotto ma uno stile di vita e di consumo.
Certo, comunicare tutto questo al consumatore in poche battute può essere difficile. Ci abbiamo provato per anni, senza successo, con formule che sono ormai da abbandonare.
Occorre ripensare la comunicazione per l'olio, partendo da basso, nelle scuole, ma senza dimenticare gli adulti, anche attraverso i new media.
Ripensare un linguaggio, magari traendo spunto da quanto fatto in altri settori. Un esempio? Quando hanno contato canzoni come “Una rotonda sul mare” e “Sapore di mare” per lanciare il turismo balneare di massa nel nostro paese?
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