L'arca olearia
Amaro, piccante e fruttato. Tutto sotto controllo
I fattori agronomici e quelli tecnologici sono fondamentali nel controllo delle caratteristiche organolettiche, ed anche chimiche, dell'olio d'oliva
24 novembre 2012 | Alberto Grimelli
E' noto che vi sono alcune varietà con un tenore di polifenoli, responsabili dell'amaro e del piccante, più elevato di altre. La Coratina possiede certamente un patrimonio fenolico molto più elevato della Leccino ma è errato pensare che le varietà del sud siano più ricche di antiossidanti rispetto a quelle del nord. La Bianchera, originaria del Friuli Venezia Giulia, è per esempio una cultivar con un corredo molto più ricco della Biancolilla siciliana.
E' noto che il momento della raccolta influisce straordinariamente sulle caratteristiche chimiche e organolettiche dell'olio. Arrivato a un picco dalle fine di settembre alla fine di ottobre, a seconda di varietà e zona geografica, il tenore di polifenoli nell'oliva tenderà a scendere col procedere della maturazione. Lo stesso vale per i precursori aromatici contenuti nel frutto.
Pochi sanno infatti che gli aromi che sprigionano dall'olio extra vergine d'oliva non sono contenuti direttamente nell'oliva ma si formano durante l'estrazione. In particolare è l'enzima lipossigenasi, contenuto principalmente nella polpa, a dar luogo ai composti volatili a corta catena (C5 e C6) responsabili del fruttato erbaceo e di molte sensazioni verdi e vegetali. Si tratta di aldeidi e alcoli che si cominciano a originare già durante la frangitura e la cui produzione continua anche in fase di gramolatura. Anche in questo caso, però, la varietà gioca un ruolo fondamentale, essendosi rilevati comportamenti molto diversi tra tre diverse varietà in risposta a diverse tecnologie di molitura. In particolare sono stati osservati comportamenti molto diversi tra Coratina, Nocellara e Frantoio in risposta all'applicazione di un controllo dell'ossigeno in frangitura e gramolatura.
Se le variazioni sono minime per Nocellara e Frantoio, più sensibili appaiono per la Coratina, dove si registrano concentrazioni molto diverse di esanale e 2 esanale a seconda che si operi con molazza e gramola aperta all'aria (Aria), con molazza sotto flusso d'azoto (Mn2), con gramola sotto flusso d'azoto (Gn2) o con molazza e gramola sotto flusso d'azoto (N2).
Prima di tutto, però, è la violenza nella frangitura a determinare un diverso profilo aromatico. Gli oli ottenuti da paste di olive preparate con molazze e frangitore metallico abbinati hanno mostrato un più alto contenuto di trans 2 esanale, trans 2 esanolo e 1 esanolo di quelli ottenuti con solo frangitore metallico che invece presentavano un più elevato contenuto di penten dimeri e esanale. Ne risulta che con una frangitura più soft si ottiene un profilo più erbaceo e verde rispetto a una frangitura più violenta.
I benefici di una frangitura soft si hanno anche sul contenuto di fenoli nell'olio. Una frangitura violenta, infatti, farà incrementare l'attività dell'enzima perossidasi, contenuta prevalentemente nella mandorla, con conseguente perdita di carica fenolica nell'extra vergine.
In un'annata caratterizzata da elevata siccità e con rapporti polpa/nocciolo squilibrati a favore del nocciolo, una frangitura eccessivamente violenta può portare a una maggiore solubilizzazione dei lignani, responsabili del difetto di legno o secco nell'olio.
Per ridurre le perdite di polifenoli, inoltre, occorrerà limitare i fenomeni di ossidazione enzimatica e incrementare la loro solubilità nell'olio. Considerando che le polifenolossidasi e le perossidasi hanno necessità di ossigeno per poter esplicare la loro attività ossidante, una riduzione dell'ossigeno in fase di gramolatura, o con vasche sotto azoto o semplicemente confinate, può far incrementare il tenore di polifenoli nell'extra vergine. Naturalmente può valere anche il contrario, ovvero l'esposizione all'aria della pasta durante la gramolatura, riduce il carico fenolico dell'olio.
La temperatura di gramolatura è un altro fattore determinante per controllare il contenuto di polifenoli. All'aumento della temperatura, infatti, corrisponde un incremento della solubilità fenolica in olio. Per varietà con un ricco corredo fenolico va quindi valutato attentamente l'utilizzo di temperature di gramolatura elevate, volte a favorire una maggiore estrazione d'olio, essendo ben consci che questo può significare un incremento di fenoli e una riduzione del carico aromatico. L'uso di temperature superiori ai 30 gradi, infatti, riduce l'attività delle lipossigenasi, peggiorando il profilo organolettico e sensoriale, con una diminuzione della produzione aromatica. Gli enzimi deputati alla formazione dei composti volatili C5 e C6, infatti, riducono la propria attività al di sopra dei 27-28 gradi ma si attivano già a 24 gradi.
Naturalmente è anche possibile ridurre il carico fenolico dell'olio intervenendo sull'acqua di diluizione nel decanter. Ricordando infatti che i fenoli sono più solubili in acqua che in olio, un incremento dell'acqua di diluzione può portare a un maggiore solubilizzazione dei polifenoli in acqua anziché in olio.
Bibliografia
Romano R. et al, Effetti del processo di estrazione in atmosfera inerte sulla qualità dell'olio extra vergine d'oliva - Acta Italus Hortus, n. 1/2011, pagg 270-275
giovanni breccolenti
24 novembre 2012 ore 18:53Ottimo articolo,vorrei solo aggiungere che lavorare in completa assenza di ossigeno sia in fase di frangitura che gramolatura blocca troppo presto le lipossigenasi che sono un gruppo di enzimi che lavorano a cascata.L'ossigeno,presente solo in piccola parte disciolto nella pasta, finisce quasi subito fermando la fase di aromatizzazione piu' complessa e limitando i profumi esclusivamente a quelli erbacei.Ottimo lavorare a gramole chiuse,ma meglio senza azoto,semmai è da ricercare la giusta quantità di ossigeno e le temperature ottimali per la massima espressione di profumi.