L'arca olearia

Alchil esteri. Quello che si sa. Quello che non si sa. Quello che c'è da sapere

La scienza non ha ancora tutte le risposte ma ha già molte certezze. Gli studi sull'argomento hanno ormai quasi vent'anni. Non esistono fattori territoriali, ambientali o varietali che facciano aumentare i valori di alchil esteri. Ma chi ne ha davvero così paura? Perchè? Molte le domande poste a Maurizio Servili

08 settembre 2012 | Alberto Grimelli

Si è acceso un dibattito infuocato su alcuni composti chimici, gli alchil esteri, che altrimenti sarebbero rimasti nell'anonimato, per i soli addetti ai lavori.

Tutto è nato intorno alla proposta di abbassare, per gli oli italiani, il limite stabilito dalla normativa europea, inserito in un disegno di legge e poi invece stralciato e fatto confluire nel decreto sviluppo.

L'articolato stabilisce, con precisione, che nel caso venga superata la soglia dei 30 mg/kg per un olio confezionato come italiano l'azienda verrà controllata. Nessuna sanzione automatica o altro. Verranno attuate delle verifiche qualora lo standard qualitativo minimo stabilito dal legislatore per l'extra vergine nazionale non venga rispettato.

Dopo aver approfondito l'argomento dal punto di vista politico, con la senatrice Mongiello, che ha voluto spiegare la ratio della norma e le motivazioni che hanno spinto a ideare e costruire il disegno di legge Salva olio italiano, ora vogliamo affrontare il tema sotto un altro punto di vista, quello tecnico-scientifico, interpellando il Prof. Maurizio Servili del Dipartimento di Scienze economico-estimative e degli alimenti dell'Università di Perugia nonché componente del gruppo di esperti chimici del Consiglio Oleicolo Internazionale (COI).

 

- Cosa sono gli alchil esteri?

Gli alchil esteri sono composti di neoformazione che si trovano nell’olio di oliva a causa della combinazione tra gli acidi grassi liberi e l’alcol metilico. Più elevati saranno i precursori (acidi grassi liberi, alcol etilico e metilico) più elevata sarà la probabilità di avere alti valori di etil e metil esteri nell’olio. Naturalmente la presenza di elevati valori di alchil esteri nell’olio extravergine di oliva rappresenta un indice di bassa qualità dovuta ad errori commessi nel corso del processo di produzione delle olive e trasformazione dell’olio. Va infatti osservato come, oltre all’acidità libera un alto valore di alcol etilico è legato a processi fermentativi che si instaurano nella fase di conservazione delle olive, mentre un valore elevato di alcol metilico può essere dovuto alla trasformazione di olive surmature, dato che l’attività degli enzimi endogeni che idrolizzano le pectine aumenta con la maturazione. In tutti questi casi quindi i composti che danno origine agli alchil esteri sono indice di una scarsa attenzione verso le corrette pratiche agronomiche e tecnologiche di produzione, che male si concilia con la qualità che dovrebbe avere un olio extravergine di oliva.

- Il regolamento comunitario che introduce il metodo e il parametro è del 2011. Ma è da almeno 6 anni che si studia sull'argomento. Il metodo è affidabile oppure no?

In realtà i primi lavori su questi composti si avvicinano al ventennio di vita. Da allora le problematiche alle quali il metodo potrebbe dare risposte sono cambiate spostandosi dalla qualità di processo ad aspetti più complessi quali l’eventuale individuazione di oli deodorati. In ogni caso in questi anni è stato messo a punto un metodo che, come tutti quelli validati scientificamente nelle sedi ufficiali quali Il COI, è assolutamente affidabile.

- Eppure quando fu introdotto il metodo, dopo anni di ricerche, fu spiegato che gli alchil esteri non crescevano col tempo. Ora ci sono dubbi. Perchè?

Non mi risulta che nella letteratura scientifica vi siano lavori che confermino o smentiscano un possibile incremento degli alchil esteri nel tempo. Sono in corso studi per capirne le dinamiche, sia per oli filtrati che per oli non filtrati, stoccati in cisterne ed in bottiglia. In base alla mia esperienza posso pensare che qualora vi fossero delle variazioni nel tempo del parametro queste potranno essere limitate ed in ogni caso dipendenti dai valori di partenza. Tanto più un olio presenta valori elevati del parametro, tanto più saranno elevati anche i valori dei precursori (acidi grassi liberi, alcol etilico e metilico) e quindi vi potranno essere maggiori probabilità che l'esterificazione degli acidi grassi liberi con i relativi alcoli possa continuare nel tempo. L'eventuale aumento degli alchil esteri nel tempo sarebbe però, secondo me, un falso problema.

- Perchè?

Gli alchil esteri sono un parametro di qualità e non di purezza. Esistono molti parametri di qualità che variano con il periodo di vita dell'olio. Pensiamo ad acidità libera, al numero di perossidi, alle costanti spettrofotometriche ed ai composti fenolici. Le stesse proprietà sensoriali subiscono una evoluzione o meglio una involuzione nel tempo. Non capisco quindi perchè diventerebbe un problema costatare variazioni con la conservazione anche per gli alchil esteri. Ad esempio, un olio che ha un'acidità di 0,5%, dopo 18 mesi, potrebbe avere valori superiori ad 1%. Un olio con acidità di 0,20%, però, dopo 18 mesi avrà un'acidità solo di poco superiori. Questo è assodato e rientra nella comune concezione culturale dei produttori ed imbottigliatori che nel mettere in commercio un olio extravergine di oliva già tengono ampiamente conto di aspetti del genere Ripeto. Il problema sta nella materia prima di partenza. Olive fermentate avranno probabilmente elevati contenuti sia di alcol etilico sia di acidi grassi liberi, quindi elevati valori di esteri etilici. Olive surmature presenteranno probabilmente valori elevati di alcol metilico e acidi grassi liberi, quindi elevati valori di esteri metilici. In ambedue i casi, senza contare un'eventuale sovrapposizione dei fattori, si tratta di condizioni incompatibili con la produzione di un olio di qualità. Il valore di alchil esteri si limita a fotografare tale stato.

- 75 mg/kg, ovvero il limite sancito dal Coi e dalla Ue venne considerato un compromesso pur di introdurre il metodo. Il mondo scientifico era concorde nel sostenere che si poteva abbassare. Ora sembra ci sia una retromarcia. Perchè?

Io non sono annoverabile tra coloro i quali chiedono una retromarcia. Credo che l'abbassamento dei limiti sia parte di un normale processo evolutivo volto a garantire qualità e purezza del prodotto. C'è la proposta a livello COIO ed UE di portare il valore degli stigmastadieni da 0,1 mg/Kg a 0,05 mg/Kg, di ridurre il limite per le cere. La Spagna tempo fa propose l'abbassamento del valore dell'acidità libera a 0,5%. per gli extravergini. Mi sembrerebbe quantomeno singolare se l'Italia, paladina della qualità, proprio quando la stessa Spagna sarebbe propensa ad accettare proposte più restrittive dei limiti ritenesse di difendere il valore di 75 mg/kg per gli alchil esteri.

- Considera 30 mg/kg un limite accettabile per le tante olivicolture nazionali?

Un valore del parametro inferiore a 30 mg/kg si può ottenere dappertutto, non solo in Italia. E' questione di adottare le giuste tecniche colturali e tecnologiche, magari attraverso piani di miglioramento del processo produttivo da applicare in certe, del resto limitate, aree del Paese. Ma non drammatizzerei. Già oggi è possibile rispettare il limite senza insormontabili problemi. In altre parole non c’è alcun incontrollabile forza sovrannaturale che condanna alcune aree geografiche a produrre oli con elevati valori di alchil esteri. .

- Sul valore degli alchil esteri non possono quindi incidere fattori territoriali, ambientali o varietali?

Assolutamente no, a meno che non si annoverino, tra i fattori territoriali, certi usi e tradizioni o certe condizioni colturali che però sono incompatibili con un moderno concetto di qualità. Posso fare un olio con un elevato valore di alchil esteri anche in un territorio vocatissimo e prestigiosissimo se lascio che le mie olive fermentino o le raccolgo a stati di maturazione troppo avanzati, magari applicando processi di raccolta incompatibili con la qualità.

- Alla luce di quanto ci ha detto, perchè tante polemiche?

L'abbassamento del limite degli alchil esteri ha portato alla luce un problema di coerenza con i valori degli altri parametri. Il vero problema da affrontare, allora, sarebbe quello dell'evoluzione complessiva della normativa, ovvero non basata su singoli parametri ma sull'insieme della distribuzione delle classi merceologiche legate agli oli estratti per via meccanica dalle olive. Oggi certi valori rendono la classe degli extra vergini eccessivamente ampia. Vi è da considerare che essendo gli alchil esteri uno dei pochi parametri realmente utile per discriminare la qualità del prodotto, restringere questo parametro significa indurre, a cascata, un miglioramento qualitativo complessivo. Impossibile avere un olio con 30 mg/kg di alchil esteri e 0,8 di acidità. Vi è poi da considerare la questione deodorati. Sebbene gli alchil esteri non siano un parametro di purezza, è chiaro che i deodorati sono ottenuti a partire da materia prima di cattiva qualità più compatibile con la produzione di lampante che non di extravergine e valori bassi di alchil esteri renderebbero il bacino degli oli utilizzabili per la deodorazione e successiva miscela con gli extra- molto meno esteso.

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Gianluigi Cesari

13 settembre 2012 ore 12:03

Mi permetto di riportare quanto è dal 12 agosto 2012 legge:"..gli oli di oliva extravergini che sono etichettati con la dicitura «Italia» o «italiano», o che comunque evocano un'origine italiana, sono considerati conformi alla categoria dichiarata quando presentano un contenuto in metil esteri degli acidi grassi ed etil esteri degli acidi grassi minore o uguale a 30 mg/Kg.." Quindi se il parametro supera i 30mg/Kg gli oli extravergini di oliva prodotti in Italia non possono essere "conformi" alla denominazione Italiana o "evocare" l'origine Italiana....e per i DOP? La normativa UE viene "scavalcata" dalla normativa nazionale?

Alberto Grimelli

10 settembre 2012 ore 17:57

Gent. Dott. Marasciulo,
la sua interpretazione è alquanto allarmistica ma da tenere in considerazione.
L'interpretazione che il sottoscritto ha dato si basa sul confronto con altri professionisti e personale dell'Icqrf ma a questo punto ritengo utile che sia il Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Mipaaf a fornire gli opportuni chiarimenti.
Ho già inoltrato la richiesta. Spero in una risposta per il prossimo numero di Teatro Naturale.

Alfredo Marasciulo

10 settembre 2012 ore 16:13

Non sono del tutto sicuro che il superamento del limite di 30 comporti solo un controllo straordinario dell'azienda che ha confezionato l'olio.
L'art.43 del Decreto Sviluppo riporta testualmente "Al fine di prevenire frodi nel settore degli oli di oliva e di assicurare la corretta informazione dei consumatori, in fase di controllo gli oli di oliva extravergini che sono etichettati con la dicitura «Italia» o «italiano», o che comunque evocano un'origine italiana, sono considerati conformi alla categoria dichiarata quando presentano un contenuto in metil esteri degli acidi grassi ed etil esteri degli acidi grassi minore o uguale a 30 mg/Kg.
Il superamento dei valori, SALVO LE DISPOSIZIONI PENALI VIGENTI, comporta l'avvio automatico di un piano straordinario di sorveglianza dell'impresa da parte delle autorità nazionali competenti per i controlli operanti ai sensi del regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004."
Rileggendo il testo infatti sembrerebbe che un olio extravergine di oliva di origine italiana dovrebbe avere un valore di alchilesteri inferiore a 30. In caso di superamento di detto valore tale prodotto non sarebbe considerato conforme alla categoria dichiarata (il Decreto parla di "categoria" e non di "origine") lasciando il dubbio che pertanto il prodotto incriminarto potrebbe essere considerato vergine e non più extravergine.
A questo punto avrebbe senso la frase "salve le disposizioni penali vigenti".
In più scatterebbe il piano straordinario di controllo.
Probabilmente la mia è una interpretazione molto prudenziale della lettura del decreto, ma in tutta sincerità non mi sentirei di escludere dall'intento del legislatore una simile previsione.
Mi permetto di correggere inoltre al Sig. De Rosis che parlando dell'acidità di un olio sostiene di aver letto "che nemmeno i palati più fini possono distinguerla fino al 2%".
Una volta per tutte vorrei ricordare che l'acidità di un olio non si può detrminare all'assaggio. L'acidità si determina solo per mezzo di analisi chimica. Per un approfondimento sull'argomento segnalo un mio articolo in merito al seguente link: http://www.georgofili.info/detail.aspx?id=734

Alberto Grimelli

10 settembre 2012 ore 15:32

Intervengo in questa discussione solo per una precisazione inerente la norma e la relativa interpretazione.
Il limite dei 30 mg/kg viene stabilito per gli oli etichettati come italiani, senza alcuna sanzione in caso di mancato ottemperamento ma con verifiche sull'azienda.
Per tutte le altre origini, ovvero gli oli comunitari e le miscele di comunitari ed extracomunitari, vale il limite dei 75 mg/kg.
Ne consegue che un produttore che non rientra nei limiti dei 30 mg/kg potrà comunque confezionare l'olio come italiano, sapendo preventivamente di avere dei controlli, oppure potrà venderlo ai confezionatori che lo potranno tranquillamente utilizzare, senza il patema di subire verifiche, nelle miscele di extra vergini comunitari ed extra comunitari, essendo il limite per tali oli quello di 75 mg/kg.
L'olio che supera i 30 mg/kg di alchil esteri non viene declassato a vergine. E' e resta extra vergine.

Maria Sanna

10 settembre 2012 ore 11:24

Voglio ringraziare il Sig. Alberto Grimelli per questi suoi contributi volti a ristabilire un po' di equilibrio in un Teatro Naturale che altrimenti stava diventando la voce degli industriali dell'olio e dei loro amici prezzolati.

Andrea Landini

10 settembre 2012 ore 11:16

Noto con piacere che siamo tutti d'accordo su un tema fondamentale : il mercato dell'olio è invaso da tanta robaccia ,uso le parole di Costa, marcata italiana e mi permetto di dire anche non italiana, in ogni caso l'olio di pessima qualità, venduto come extravergine, è una sconfitta per i produttori seri, sia che abbia nazionalità italiana sia che venga dal più sperduto paese del mediterraneo.
E' ovvio che l'industria se ne freghi della qualità ed è lecito, seppur eticamente scorretto, che gli industriali prendano per il collo noi produttori esattamente come ha descritto Costa nel suo intervento.
L'unica salvezza a mio avviso,quandi si parla di extravergine, è alzare sempre più l'asticella della qualità, solo così potremo rivendicare per il nostro prodotto un prezzo veramente remunerativo; solo così riusciremo infatti a diminuire sostanzialmente l'offerta di extravergine causando un incremento del prezzo.
Sono quindi completamente d'accordo con chi vuole portare il valore degli alchil esteri a 30 mg/kg o l'acidità a 0,5.
Se rivendichiamo , spesso a ragione altre volte meno,l'assoluta qualità dell'olio italiano sul mercato mondiale dobbiamo poi essere coerenti ed accettare che i limiti siano i più stringenti possibili.
Se poi in certe aree per i motivi più vari non riusciremo a stare dentro i parametri vorrà dire che lì faremo olio vergine, tanto non credo che potrà essere deprezzato più di quanto lo è già adesso l'extravergine.

Filippo COSTA

09 settembre 2012 ore 10:43

de Rosis, lei ha toccato il punto. Quando fa assaggiare il suo olio fa un figurone ma in giro per il mondo c'è anche tanta robaccia marcata italiana. Se vogliamo difendere il nostro prodotto occorre che questa robaccia sparisca dal mercato.
L'industria vuole necessariamente un livellamento verso il basso perchè vuole avere tanto prodotto da vendere, anche se di scarsa qualità. I guadagni li fanno sulla quantità non sulla qualità. Si nascondono dietro le "esigenze del mercato" per camuffare i loro giochi di marketing.
Quello che mi dispiace è che alcuni produttori si prestino a questo gioco pur di campare. Certo c'è da dare da mangiare alla famiglia ma quando lo capiremo che l'industria strozza? Viene da me e dice che può acquistare un olio uguale al mio a 2 euro. Quando io gli dico ok, te lo vendo a 1,95 va dal mio vicino a chiedergli se glielo vende a 1,90. L'ho vissuto sulla mia pelle. Quanto a lungo pensiamo di campare così?
Il consumatore va educato. Fin qui siamo tutti d'accordo. Ma mica possiamo prenderlo per fesso. Se vogliamo farcelo pagare di più occorre anche dargli più qualità. Non fare il minimo indispensabile per fare un olio passabile ma un olio che strabuzzino gli occhi quando lo assaggiano. Così saranno disponibili a pagarlo di più, altrimenti si sentirano presi in giro.
Ha ragione il Breccolenti. Qualità e educazione devono andare insieme. Il consumatore educato deve poi trovare l'olio di qualità. Mica possiamo aspettare che tutti i consumatori siano educati prima di fare olio di qualità. E' almeno 20 anni che sento parlare di educazione. Ho i capelli bianchi e so che il vino c'è riuscito in metà del temnpo. Non sarà che c'è riuscito perchè ha fatto pulizia? Non sarà che abbiamo paura di lasciar la strada vecchia per la nuova? Meglio tirare a campare come si è sempre fatto piuttosto che rischiare qualcosa di diverso. Magari funzionasse...

Roberto Nicola de Rosis

08 settembre 2012 ore 14:54

Io non ho mai parlato di aziende (non olivicole, mi perdoni, ma olearie) che fanno olio "così così", ma solo di extra "secondo i vecchi parametri", ovvero acidità (max 1%, lessi da qualche parte che nemmeno i palati più fini possono distinguerla fino al 2%) e perossidi, oltre che tenore in cere ed alcune costanti spettrofotometriche. E non ho parlato di oli difettosi, per definirlo extra vergine deve passare il panel test (anche se i tester non sono tutti uguali...)! Ricordiamoci anche che se si parla di un prodotto naturale (e non standardizzato) può avere delle caratteristiche tipiche medie ma in genere è difficile replicarlo tal quale di campagna in campagna. E non sottintendevo nemmeno che fino all'entrata in vigore di leggi, regolamenti e disciplinari sempre più restrittivi tali aziende abbiano sempre prodotto solo olio di bassa qualità, ma volevo dire che in talune zone e per certe cultivar è quasi impossibile stare in limiti sempre più bassi (inevitabilmente anticipando la raccolta e diminuendo le rese) ed ottenere la giusta remunerazione in proporzione alle spese di gestione e produzione. Io voglio solo dire che ci stiamo facendo del male da soli, quando si dovrebbe invece intervenire diversamente, istruendo il consumatore (che, per dirne una stupida, spenderebbe meno in farmaci per lo stomaco) e disincentivando con interventi legislativi (e CONTROLLI veri) l'import selvaggio e le produzioni industriali, che poi oggi fanno capo a grandi multinazionali e non sono nemmeno più le stesse di cui scrivevo nel precedente post e per cui l'olio fatto con le olive era indispensabile per avere un risultato commercialmente accettabile.
Un paio di anni fa, al "Compleanno dell'ExtraVergine" organizzato a Milano dal vulcanico Caricato, ho avuto il piacere di conoscere Pio Costa e gli ho raccontato che negli anni '50 la Ditta Giacomo Costa fu Andrea di Genova comprava il nostro "olio puro d'oliva commestibile di produzione nazionale destinato all'alimentazione" fatto con la Dolce di Rossano. Ci siamo detti che l'olio vero viene da un ciclo naturale e dal lavoro dell'uomo e che invece il prodotto da scaffale ha subito nel tempo una standardizzazione richiesta da presunte "esigenze di mercato" ma questa è una scusa bella e buona che negli anni ha fatto solo il gioco di quegli industriali (di cui sopra) che hanno interessi nel vendere più possibile. Pochi sono quelli seri e non fanno di sicuro grandi numeri: ho assaporato personalmente (in Brasile) oli di importanti marchi italiani rancidi e spacciati per tipici (o comunque per "quello che il mercato locale chiede"), però quando ho fatto assaggiare il mio monovarietale ho letto negli occhi lo stupore ed al contempo il piacere di aver capito cosa vuol dire qualità, ma queste restano soddisfazioni personali che non fanno i conti con la dura realtà oliandola italiana, di chi lavora seriamente, spendendo per produrre (con manodopera qualificata e retribuita, macchinari e metodi in regola, costi di corrente e gasolio sempre maggiori, burocrazia, etc.) e con incognite enormi sulle prospettive di mercato per i quali un ulteriore stretta non è certo un aiuto o un incentivo!
Per rispondere alla sua domanda sulla massaia che va al supermercato, se si potesse parlarne seriamente, io ad esempio metterei in mezzo concetti come l'amor patrio (nel senso di capire che l'economia italiana è destinata al tracollo se non la si sostiene con acquisti interni) e la sicurezza alimentare, ma essendo quest'ultima demandata più alla coscienza dei confezionatori che ai controlli degli enti preposti rischio di fare una figura alquanto ridicola nel risponderle quindi facciamo finta che ho chiuso con una battuta di spirito, così tanto per sdrammatizzare un po'...

Filippo COSTA

08 settembre 2012 ore 11:43

Ho una domanda per il de Rosis. Le aziende olivicole di cui lei parla fanno olio così così per venderlo ai grandi marchi o sono i grandi marchi a volere olio così così a basso prezzo per fare i loro miscugli?
Questa storia degli alchil esteri mi ricorda da vicino quello che è successo in Liguria dove un po' di gente cercò di far passare il rancido come una caratteristica tipica. Ce ne volle, e non sono proprio sicuro che ci si è riusciti, per far capire che era un difetto dovuto a pratiche sbagliate. Anche allora si disse che gli industriali locali avrebbero lasciato l'olio nelle cantine se si fosse continuato su quella strada. Così non avvenne ma le minacce spaventarono molti olivicoltori.
Per ultimo, visto che nessuno mi ha risposto la settimana scorsa, rifaccio a tutti la stessa domanda. Qualcuno mi spiega perchè la massaia che va a comprare l'olio al suermercato dovrebbe pagare di più quello italiano se il nostro ha gli stessi alchil esteri ed è la stessa roba così così di quello spagnolo?

Roberto Nicola de Rosis

08 settembre 2012 ore 10:39

Si può pacificamente concordare su tutto tanto [IRONIC MODE ON] l'olio extra vergine si venderà tranquillamente a 15 eur al litro e per fare qualità si inizierà la raccolta dopo ferragosto e si potrà estrarne 2 kg ogni quintale di olive, dunque pur a discapito delle rese e con costi di produzione (lavoro ed energie in primis) che già oggi sono insostenibili, figuriamoci dopo il 2013... Inoltre i consumatori diventeranno tutti esperti assaggiatori e non vorranno più saperne di bottiglie da un litro a 2,98. [IRONIC MODE OFF]
Dal punto di vista tecnico, etico e di ragionamento nulla da eccepire, ma ci sono aziende storiche, il cui extra (secondo i vecchi parametri) spesso era necessario per completare i blend di grandi marchi, che a queste condizioni non sono più in grado di lavorare ed i cui uliveti diventeranno paesaggio urbano, peraltro senza alcuna tutela pubblica! E' sacrosanto avere alimenti di qualità prodotti secondo standard elevatissimi ma a volte mi pare che chi scrive non ci provi nemmeno a mettersi nei panni di chi l'olio lo fa in mezzo a mille difficoltà e con innumerevoli incertezze (una per tutte: il meteo). Beninteso, anche la mia non è polemica, solo ironia...

giovanni breccolenti

08 settembre 2012 ore 08:52

Lavorare bene,migliorare costantemente, produrre oli sempre migliori, diffondere e insegnare la cultura dell'olio e la grande importanza nutrizionistica-salutare,su questo il nostro mondo si dovrebbe concentrare,altro che comitati 75 o presunte nuove ricerche per appurare se il limite di 30 di alchil-esteri è giusto.
Queste sono le interviste che contribuiscono a fare chiarezza e a sciogliere ogni dubbio su questo argomento.Un grazie ad Alberto per questa illuminante intervista ma soprattutto un plauso a un grande del mondo scientifico dell'olio come il prof. Servili.
Mi auguro che a breve, come da Alberto promesso, in questo spazio importantissimo di Teatro Naturale, vengano riportate e sviscerate le importante novità degli studi del DNA dell'olio che porterebbero il riconoscimento dell'origine varietale dell'olio e dell'aggiunta di oli estranei all'interno di esso.