L'arca olearia

MAI DIMENTICARE LA SOSTANZA ORGANICA. L’OLIVO SE NE AVVANTAGGIA ABBONDANTEMENTE, UN BUON PIANO DI CONCIMAZIONE DOVREBBE SEMPRE TENERNE DI CONTO

Gli oliveti in regime di agricoltura biologica non possono farne a meno, sono obbligate dal disciplinare di produzione. Anche le aziende convenzionali o integrate però non dovrebbero sottovalutare l’importanza dell’humus. La fertilità dei suoli sta infatti svanendo. Ecco un breve viaggio nel variegato e vasto mondo della concimazione organica, tra migliaia di marchi e nomi commerciali

09 aprile 2005 | Alberto Grimelli

La sostanza organica è un elemento chiave della fertilità del terreno.
Migliora la struttura, la ritenzione idrica, rappresenta un bacino e una scorta di elementi minerali che verranno rilasciati nel tempo, un poco alla volta.
È quindi chiaro che l’humus è un fattore centrale nel funzionamento di qualsiasi agroecosistema e rappresenta l’attitudine a sostenere nel tempo le colture.
Per chi intendesse ulteriormente approfondire l’argomento consiglio la lettura dell’articolo “Sostanza organica del suolo: un’eredità dei nostri nonni” che potrete trovare al seguente link link esterno
Da quanto detto è evidente che è vitale mantenere, nei sistemi agrari, quale l’oliveto, il delicato equilibrio tra accumulo e consumo di humus.
Un risultato che dobbiamo intendere come minimo indispensabile, in quanto la dotazione di sostanza agraria nei terreni italiani è andata via via scomparendo, assestandosi, oggi, come media nazionale, intorno al punto percentuale.

Qualsiasi piano di concimazione dovrebbe quindi anche tenere conto del bilancio della sostanza organica oltre che degli elementi minerali.
Considerando l’attuale, cronica deficienza di humus nei suoli italiani è presumibile pensare che dovremo reintegrare e apportare, magari in dosi massicce, tale elemento.

Ormai è impensabile distribuire letame nell'oliveto perchè, a parte il costo del trasporto e della mano d'opera per la distribuzione, la sua reperibilità e qualità raramente risulta soddisfacente. È infatti ormai piuttosto usuale che il letame venduto non sia maturo, ma semplicemente “arricchito” con un po’ di paglia. Si acquista così del materiale organico ancora in fermentazione e molto ricco di acqua, quindi con un potere fertilizzante e ammendante che risulta assolutamente spropositato rispetto al prezzo d’acquisto. In ogni modo l’utilizzazione del letame, quando reperibile maturo, risulta economica solo entro un raggio di 4-5 km dal luogo di produzione.

Per il sovescio, nota, antica ed economica tecnica agronomica, si possono utilizzare varie essenze, spesso miscugli di leguminose (veccia, fava, trifoglio, lenticchia) e graminacee (orzo, avena), seminando in autunno, ed incorporando prima della fioritura, a poca profondità e possibilmente qualche tempo dopo uno sfalcio, in modo da evitare, nei terreni più pesanti, fermentazioni anomale. Ovviamente anche il sovescio si avvale dell'irrigazione ove l'acqua sia un fattore limitante. Il sovescio può essere prezioso anche nei confronti del soddisfacimento dei fabbisogni azotati, ma costituisce soprattutto un arricchimento notevole in sostanza organica. È stato calcolato che il sovescio apporta mediamente 40-70 quintali di sostanza organica per ettaro.

Tuttavia il metodo ancor oggi più diffuso e praticato per un arricchimento di sostanza organica risulta l’utilizzo di appositi concimi definiti organici o misti organici.
Da una mia recente indagine ho riscontrato, sul territorio nazionale, la presenza di più di 250 etichette commerciali e 40 aziende produttrici per i fertilizzanti esclusivamente organici, mentre sono ben più di 100 le imprese con tre referenze medie ognuna per quanto concerne i concimi misto organici.
Ovvio che in tale mare magnum la scelta non sia facile. Eccovi alcuni consigli per orientarvi: in particolare le aziende biologiche dovrebbero prestare molta attenzione ai titoli dei singoli elementi minerali, infatti per loro non sono possibili integrazioni con fertilizzanti minerali; di solito i concimi organici sono in forma di pellet, è bene valutarne attentamente la qualità, se eccessivamente umido o friabile potranno infatti sorgere problemi di distribuzione; calcolate il rapporto carbonio/azoto, è noto che valori eccessivamente alti, comunque superiori a 10, possono avere effetti negativi sulla disponibilità di azoto nel breve e medio termine; diffidate infine dei concimi a lenta cessione, il loro costo è esorbitante rispetto ai possibili benefici.
Vale la pena di ricordare che tutti i fertilizzanti organici necessitano di interramento per espletare la loro efficacia; lo spandimento in copertura senza l’aiuto di una sia pur leggera erpicatura, o dell’effetto pacciamante dell’erba tagliata, rischia di produrre scarsi effetti.

Infine è noto che l’inerbimento totale, nel lungo periodo, ovvero quando si può affermare che si sia instaurato un prato stabile produce un naturale arricchimento della sostanza organica del terreno.
Tuttavia è bene ricordare che quando si interviene in oliveti che non sono mai stati inerbiti, è preferire adottare inerbimenti parziali e sovesci, per accelerare un accumulo iniziale di sostanza organica che altrimenti non si potrebbe interrare. Anche in caso di terreni poveri, nei quali la necessità di incrementare il livello di sostanza organica è prioritario, l’inerbimento totale è sconsigliabile come primo intervento, proprio per la difficoltà di rendere disponibili i principi nutritivi dei fertilizzanti organici in presenza del cotico erboso.

Il problema azoto
Mentre per fosforo e potassio delle somministrazioni cumulate, anche ogni 4-5 anni, possono produrre risultati positivi, anche se eseguite con minerali naturali, per l’azoto il problema risulta sensibilmente diverso.
Nonostante quanto si è tentati di credere anche l’olivo necessita di un buon quantitativo di questo elemento per crescere e fruttificare abbondantemente tutti gli anni. Dobbiamo infatti tenere di conto che le asportazioni di azoto sono sensibili, 1 kg ogni quintale di olive raccolte, senza considerare quanto necessario per lo sviluppo vegetativo. È inoltre necessario considerare che è un elemento che si disperde facilmente per lisciviazione, ovvero non viene intrappolato dal terreno al pari di quanto accade per fosforo e potassio.
È quindi quantomai semplice sottostimare le esigenze azotate dell’oliveto, in particolare in caso di forti produzioni. In alcuni casi infatti l’apporto, pur massiccio di concime organico al terreno, può essere insufficiente a mantenere i livelli produttivi con la costanza desiderata.
In tal caso si possono prevedere trattamenti fogliari con concimi liquidi organici, come carnicci liquidi, da somministrare nel periodi dalla fioritura alle prime fasi dell'ingrossamento dell'oliva.
L'azoto rimane comunque uno dei nodi da risolvere per garantire una sufficiente produttività all'olivicoltura sostenibile a costi accettabili.