L'arca olearia

COME VIENE PERCEPITA LA QUALITA’ DEGLI EXTRA VERGINI? IL PARERE DI ALCUNI ESPERTI E NON, IN UN CURIOSO ELENCO DALLA A ALLA Z

Nostra inchiesta su un tema molto dibattuto e di stretta attualità. Le testimonianze che abbiamo raccolto offrono uno spaccato ampio e non sempre convergente

18 ottobre 2003 | T N

Si parla tanto di qualità. Ma cosa si deve intendere per qualità degli oli di oliva? E inoltre, con l’ingresso nel nuovo millennio, che ha segnato l’acquisizione di una nuova sensibilità nel comparto oleario, si può realmente ritenere migliorato il livello qualitativo medio degli extra vergini? Ecco alcuni punti di vista, secondo le testimonianze di alcune tra le principali figure, espressione, ciascuna di esse, di differenti e specifiche professionalità.



Alfei Barbara, agronomo e tecnico Assam, Agenzia di servizio per il settore agroalimentare delle Marche.
“Qualità: è un termine troppo grande per essere descritto in poche righe. Sono numerose le sfaccettature… qualità merceologica, chimica, nutrizionale, organolettica…
Ma quale qualità è più vicina al consumatore? La qualità che può essere percepita con i sensi, al di là di tante analisi di laboratorio. A differenza di quello che molti credono e del messaggio che la pubblicità vuol far passare, la qualità non si compra con gli occhi: verde e limpido non sempre è sinonimo di buono, come giallo e torbido non sempre è sinonimo di cattivo. La qualità si percepisce al naso e in bocca. Un olio buono deve ricordare il frutto da cui proviene: fruttato è l’odore e il sapore che ricorda l’oliva sana e fresca, raccolta al giusto stadio di maturazione; le note gustative di amaro e piccante non sono negative come credono molti consumatori, abituati al gusto dolce e piatto, ma sono estremamente positive, in quanto dovute ai polifenoli, antiossidanti naturali che proteggono dall’ossidazione sia l’olio che noi stessi. E’ quindi necessario che il consumatore sia ‘educato’ a riconoscere la qualità. Spesso si crea confusione tra il concetto di qualità e quello di genuinità. Il consumatore medio intende per buono il classico ‘olio di casa’, fatto sicuramente con le olive e ottenuto in frantoio. Un olio che spesso presenta i difetti più comuni di avvinato, riscaldo… profumi comunque gradevoli, che ricordano l’aceto, la salamoia… Diventa pertanto difficile a volte proporre un prodotto diverso dallo standard, un prodotto che sa di erba, di carciofo, di mandorla, di pomodoro… sensazioni nuove, difficili da codificare come positive.
E’ ormai un decennio che assaggio oli da olive e mi diverto a ‘giocare’ con i profumi e i sapori, e mi ricordo che all’inizio era difficilissimo trovare oli che avessero un buon fruttato e privi di difetti. Con il passare degli anni ho constatato un netto miglioramento negli aspetti organolettici: mentre all’inizio si andava alla ricerca degli oli meno difettati, ora è salita enormemente la percentuale di ottimi oli extra vergini di oliva; il livello qualitativo degli oli che vincono concorsi è sempre più elevato; l’addestramento degli assaggiatori si è evoluto a tal punto da distinguere oli di provenienze territoriali e varietali diverse…”

Bandino Giovanni, coordinatore Settore sviluppo olivicolo del Consorzio Frutticoltura di Cagliari, Oristano e Nuoro.
“L’olio deriva da un frutto, occorre ricordarlo. Quindi un fruttato, amaro, piccante nella giusta misura, ma la loro intensità dipende dal gusto dei consumatori.
La certezza di un legame forte con il territorio di origine ritengo sia una parte importante della qualità. Il contenuto in sostanze antiossidanti sono un altro aspetto importante, ma al consumatore questa notizia non arriva.
Non dimentico certamente i vari aspetti legati alla costanza delle caratteristiche organolettiche, la facilità dell’acquisto, la confezione, l’etichetta e i suoi contenuti…
Se ci si riferisce alle realtà nazionali che meglio conosco, l’Italia meridionale e insulare, si può senz’altro affermare che il livello qualitativo si sia elevato; ciò soprattutto in riferimento alle caratteristiche organolettiche.
Per quanto riguarda gli aspetti della qualità che consentono una valorizzazione mercantile del prodotto, seppure i notevoli e lodevoli sforzi, mi paiono ancora non soddisfacenti”.

Cimato Antonio, Istituto di propagazione delle specie legnose, Cnr di Scandicci.
“Per qualità occorre intendere solo qualcosa di ben concreto, ovvero il conseguimento di un prodotto, in questo caso l’extra vergine, che appaghi il desiderio del consumatore. Uno sforzo in tale direzione è stato compiuto in Italia da parte delle aziende, oramai da diverso tempo. E’ maturata una concezione nuova rispetto al passato. Certo, i rischi che si abusi del riferimento alla qualità ci sono sempre, ma fa parte inevitabilmente delle problematiche di tutte le produzioni agroalimentari.
Il livello qualitativo è sicuramente migliorato. Anzi, si può parlare di un netto miglioramento. E c’è da aggiungere che nel nostro Paese il divario tra Nord e Sud si è pure abbastanza ridotto”.

Di Lena Pasquale, segretario generale Enoteca italiana e fondatore dell’associazione Città dell’olio.
“Quello della qualità è un concetto legato soprattutto all’origine. Ma è il frutto della sapiente combinazione del territorio, della qualità del prodotto in se stesso e dell’apporto umano con il suo contributo di personalizzazione.
La qualità degli oli si può trovare dappertutto, laddove possano esprimersi al meglio questi tre aspetti.
Il livello qualitativo medio è cresciuto moltissimo e con esso l’interesse del consumatore. Si è definita pure una specifica cultura dell’olio, legata alla qualità riferita all’origine”.

Francisci Camilla, direttore del quindicinale Oleoteca.
“Mi piace distinguere tra qualità estrinseca e intrinseca. La prima mi garantisce di sapere esattamente cosa sto mangiando, la sua origine, i modi di coltivazione, le varietà, la data di raccolta e di spremitura, il tipo e il luogo di produzione, la composizione, l’acidità e i perossidi, l’annata e la scadenza, il metodo di conservazione, per esempio. E ciò vale per l’olio come per qualunque altro prodotto agroalimentare.
La qualità intrinseca la riferisco invece alla capacità di mantenere il più integre possibili le proprietà positive chimico-fisiche e organolettiche del prodotto nella trasformazione dal frutto all’olio. L’olio extra vergine è indubbiamente il migliore.
Le tecniche di coltivazione e di produzione sono migliorate. E’ aumentata anche l’attenzione dei produttori alle certificazioni di qualità e i consumatori sono diventati più esigenti, disposti a spendere di più, ma per un prodotto eccellente. Anche sugli scaffali dei supermercati l’offerta è incredibilmente aumentata negli ultimi cinque anni, con molte produzioni regionali e Dop, accanto ai marchi nazionali. Inoltre si è diffuso il piacere di andare a comprare l’olio direttamente al frantoio, perché ce n’è uno vicino al luogo di villeggiatura o perché si è assaggiato quel certo olio che ci ha conquistato. Insomma, l’olio non può più essere considerato solo un condimento, è un alimento completo e superiore. E come il vino ha i suoi profumi, il suo carattere che varia dal luogo di produzione, dall’esposizione, dalla varietà delle piante, dalla cura che vi mette l’olivicoltore. E’ veramente un oro verde”.

Gucci Riccardo, Dipartimento di Coltivazione e Difesa delle Specie Legnose - Università di Pisa
Qualità è una parola di grande significato, soprattutto per l'impatto emotivo e psicologico che ha nei confronti del consumatore.
Molto spesso se ne abusa, utilizzandola genericamente, senza un preciso riferimento a caratteristiche o peculiarità di cui l'olio si può fregiare. Infatti possono esistere molte qualità: analitica, sensoriale, commerciale, salutistica, nutrizionale...
Anche il rapporto di fiducia che si crea, a volte, tra produttore e cliente fa parte della qualità del prodotto, e può essere un elemento che incide più di molte analisi o certificazioni.

Iaccarino Alfonso, chef a Sant’Agata sui due Golfi al “Don Alfonso 1890”, nonché titolare dell’azienda agricola “Le Peracciole” a Massa Lubrense.
“La qualità di un olio? La si coglie nel prodotto di un grande oliveto in cui l’uomo vive i suoi momenti sereni per far sì che dopo un anno di lavoro venga fuori il meglio della natura. Intensità, sapore e quel pizzico di spregiudicatezza, quel carattere leggermente piccante: ecco, per me, i canoni riconoscibili della qualità. Il prodotto olio extra vergine di oliva rispecchia il vino. Un’annata piovosa non da’ grandi oli. Una di sole, con qualche buon momento di pioggia, sicuramente da’ un prodotto di grandissima qualità”.

Longo Giovanni, enotecario, già presidente associazione enoteche italiane “Vinarius”.
“La qualità vuole chiarezza. Vi è disorientamento e preoccupazione quando si acquistano degli oli. Ve ne sono sul mercato dai tre ai quindici euro e oltre, ma non si comprende il motivo di queste differenze. Come si può valutare la qualità? Cos’è la qualità? Anche gli enotecari se lo chiedono. Ci vuole un lavoro di comunicazione, che però non passa attraverso la bottiglia. La situazione è difficile da definire. Qual è il vero costo dell’olio, più che la qualità, mi chiederei. Sono convinto che il consumatore si affidi comunque con fiducia all’enotecario. Intanto, la qualità media degli oli è sicuramente cresciuta, ma credo vi sia ancora poca chiarezza”.

Magnani Filippo, esperto di turismo gastronomico, agenzia Fufluns.
“Credo che la cultura dell’olio di oliva (e di conseguenza la qualità degli oli in commercio) debba ancora svilupparsi molto. Per il momento mi accontenterei di avere delle regole più ferree per la produzione e la vendita. Quindi dei regolamenti comunitari più severi riguardo all’importazione dagli altri Paesi, ma anche riguardo al conseguimento della denominazione di extra vergine come tale. Auspicherei inoltre una maggiore chiarezza circa i ‘trattamenti’ dell’olio di oliva prima della vendita. Ecco, credo che si debba partire da qui per poter sviluppare una qualità migliore.
In generale ritengo comunque che sia aumentato il livello di qualità medio, ma solo da parte di chi produce piccole quantità d’olio, con delle produzioni di nicchia…
Ciò che va superata è la scarsa conoscenza da parte del consumatore. Deve poter acquisire la capacità di comperare un olio senza difficoltà, come già avviene con il vino”.

Novajra Patrizia, titolare dello Studio Novajra di ufficio stampa e public relation.
“Da un olio extra vergine di oliva ci si aspetta una qualità che sia rappresentata da alcuni elementi visibili e comprensibili sull’etichetta, come la provenienza e la spremitura; e poi da un equilibrio nel sapore, nella consistenza e nei profumi.
Un extra vergine viene percepito di qualità se racconta la sua provenienza, la sua storia anche a livello gustativo, rammentando il suo territorio (il Garda, la Puglia, la Calabria, il Carso…). Solo così si può giungere a inserirlo degnamente come elemento base in cucina e usarlo a seconda della sua “natura” in alcuni piatti piuttosto che in altri.
Penso che sia aumentata la consapevolezza da parte dei produttori di cosa significhi oggi qualità. C’è da dire che molti produttori di vino, quindi persone abituate a un mercato competitivo ed esigente hanno cominciato a produrre anche olio, applicando a questo settore la loro esperienza dal mondo del vino, contribuendo così all’inizio di un cambiamento, che però penso sia generale per quel che riguarda l’alimentazione. Qualità infatti non è più solo il buono, ciò che fa tendenza o il bello, ma oggi è anche, per fortuna, il sano.
Fra i consumatori esiste però ancora molta disinformazione e invece oggi le persone vogliono sapere cosa mangiano. Mai come adesso c’è la coscienza che ‘noi siamo quello che mangiamo’ nel bene e nel male, e per il futuro ci auguriamo tutti nel bene, ma ad oggi non c’è ancora la garanzia di controlli, adeguati, che ci possano garantire anche la salubrità dei prodotti”.

Oreggia Marco, curatore della guida L’extravergine dell’Umao.
“Quando si riesce a controllare e verificare la filiera nei suoi vari passaggi, quando si abbattono i punti critici, ecco, solo con queste premesse si ottiene la qualità. Ma non esiste una qualità unica. Si tratta infatti di un concetto piuttosto ampio, estendibile a una pluralità di letture.
La caratterizzazione varietale può essere un punto di partenza. Ma oggi, già il puntare a una qualità di base, per gli extra vergini che rientrino ad esempio senza forzature nei canoni previsti dal legislatore, è un buon traguardo. L’assenza stessa di sofisticazioni è oltretutto un passo fondamentale.
La qualità media, intanto, è sicuramente cresciuta. C’è, in genere, molto più interesse per la qualificazione delle produzioni. La spinta storica è venuta dal Coi. Il Consiglio oleicolo internazionale ha consentito infatti una maggiore presa di coscienza, in particolare con la formulazione di uno specifico panel test.
Le guide, inoltre, hanno contribuito sicuramente a suscitare un interesse ulteriore, agendo direttamente sui consumatori, ma soprattutto sui produttori. I difetti dei campioni che ci giungevano erano molto evidenti in passato, oggi non più”.

Piccoli Fabio, redattore del settimanale L’Informatore agrario.
“In effetti oggi si parla moltissimo di qualità e spesso, ritengo, non in maniera appropriata. La qualità, infatti, è spesso decantata come un concetto astratto e solo raramente si trasmette ai consumatori il reale significato di ‘qualità’ riferito ad ogni specifico prodotto. Una delle grandi vittime di questa astrazione del concetto di qualità è proprio l’olio di oliva. Un prodotto che per anni è stato considerato una sorta di ‘principe delle sofisticazioni’ e solo recentemente, finalmente, ha riacquistato un’immagine migliore. Ciò non significa che siano molti a capire esattamente cosa si intenda per olio di oliva di qualità. Per quanto mi riguarda credo che innanzitutto l’olio d’oliva per essere considerato di qualità debba essere prodotto da olive sane, provenienti da zone ad alta vocazione olivicola, e trasformate attraverso l’utilizzo di impianti e tecnologie adeguate. Da ciò ne consegue che non sempre è il piccolo frantoio della piccola azienda a garantire tutto questo. Al punto che oggi credo sia pericoloso e fuorviante far percepire al consumatore che solo la piccola realtà può dare la qualità. Un discorso a parte merita la zona d’origine delle olive. A questo proposito io sono convinto che alcune aree olivicole del nostro Paese siano da considerare ad altissima vocazione e quindi capaci di dare produzioni di grande qualità. Come pure ritengo fondamentale, soprattutto in una logica di trasparenza nei confronti del consumatore, che sia sempre indicata la zona di provenienza della materia prima e il luogo di trasformazione. Anche quest’ultimo aspetto, sicuramente, si può inserire in un concetto sempre più allargato di qualità.
Riguardo al livello qualitativo medio degli extra vergini di oliva, questo è senz’altro cresciuto. Ne sono fermamente convinto. E penso che sia cresciuto anche grazie alle innovazioni tecnologiche che consentono oggi produzioni sempre più omogenee e sicure. Non sono, invece, tanto convinto che sia cresciuta al tempo stesso la capacità dei consumatori di percepire la qualità accresciuta degli extra vergini attuali. Da tempo, infatti, si parla che anche per gli oli extra vergini di oliva dovrebbe partire quella massiccia operazione di comunicazione che ha coinvolto in quest’ultimo decennio il vino. Un’operazione che ha certamente accresciuto la cultura enologica del nostro Paese e che oggi dovrebbe essere allargata all’altro grande prodotto della nostra civiltà rurale: l’olio extra vergine di oliva, appunto”.

Ricci Antonio, direttore scientifico del mensile Olivo & Olio.
“Il concetto di qualità nel settore olio di oliva viene utilizzato a seconda delle esigenze, purtroppo. Non si può definire un olio di oliva di qualità se risponde solo a dei parametri fisico-chimici. Per me ha senso parlare di qualità soprattutto quando un olio di oliva riesce a mantenere integre quelle 220 sostanze, i cosiddetti componenti minori, che hanno una forte valenza nutrizionale e salutistica, oltre poi ad avere, peraltro, anche quei requisiti che hanno la capacità di conferire all’olio profumi e sapori altamente gradevoli.
Non accetto perciò quell’idea di qualità di cui tanto si abusa e che si fonda solo su quegli aspetti puramente fisico-chimici stabiliti dai regolamenti.
Quando un olio conserva quelle sostanze naturali, che non si possono riprodurre sinteticamente, allora sì che si può realmente parlare di una autentica qualità degli extra vergini. Ma oggi, ripeto, viene fatto veicolare un concetto piuttosto riduttivo di qualità, purtroppo.
Il livello qualitativo medio degli oli di oliva direi che sia cresciuto in modo particolare in ragione degli accorgimenti dovuti al miglioramento delle tecniche colturali, di raccolta e di estrazione. Superati infatti i punti deboli, la qualità è destinata a crescere notevolmente. Con le nuove tecnologie, soprattutto quelle estrattive, la qualità intrinseca, non solo quella di natura fisico-chimica, resta più in evidenza.
Purtroppo però oggi si tende, sempre a nome della qualità, a una standardizzazione del prodotto. Una soluzione che a mio parere rimane a tutti gli effetti punitiva e sottrattivi”.

Scoccia Marcello, responsabile qualità Olio Sasso e consigliere Onaoo.
“Occorre necessariamente differenziare il concetto di qualità da quello di tipicità. Si tratta di un errore ricorrente. Non esistono zone vocate a produrre oli di qualità e altre no. Si possono ottenere oli di qualità ovunque, l’importante è che durante tutta la filiera ci si attenga rigorosamente a tutti quei fattori agronomici e tecnologici necessari per produrre qualità. Ovviamente in relazione delle zone e delle cultivar si avranno oli con caratteristiche organolettiche differenti, ma il concetto di qualità rimane.
Vi è un netto miglioramento sulla qualità degli oli prodotti in tutto il Mediterraneo, lo dimostrano anche i dati statistici sulla produzione. Si producono sempre di più extra vergini e sempre meno oli vergini lampanti e correnti”.

Toni Beatrice, vicedirettore Terra & Vita.
“La mia sensazione è che il concetto di qualità sia inteso in modo alquanto confuso dal consumatore. Emerge tra l’altro come l’olio di qualità sia riconducibile all’extra vergine, ma poi si sa bene che questo prodotto non corrisponda come tale alle nostre aspettative.
E’ un problema di comunicazione, anche perché le stesse denominazioni di origine, le Dop, non vengono percepite sufficientemente nella loro piena dimensione.
Certo, rispetto al passato è cresciuta la domanda di qualità. C’è più interesse, più curiosità. Vi sono le premesse per il conseguimento di una migliore cultura di prodotto”.

Uez Barbara, associazione Città dell’olio.
“Partendo dal presupposto che qualsiasi prodotto per essere di qualità deve arrivare da un processo produttivo perfetto, senza errori di percorso, lo stesso vale anche per l’olio di oliva. Pertanto, un’accurata selezione delle olive, una loro adeguata maturazione, unita a una molitura nei tempi e nei modi giusti possono considerarsi fattori importanti al fine di ottenere un olio di qualità. Un adeguato imbottigliamento del prodotto ottenuto e una conservazione nei luoghi più idonei fanno poi il resto. Le caratteristiche organolettiche di un olio di qualità, seguendo perciò tutte le opportune attenzioni, vengono in tal modo salvaguardate e ottimizzate.
Il livello medio della qualità degli oli di oliva è di conseguenza cresciuto di gran lunga rispetto al passato, proprio per la nuova sensibilità e le tante attenzioni che si stanno diffondendo tra gli operatori”.

Vallini Vittorio, assaggiatore Onaoo.
“Per me, assaggiatore, la qualità dell’olio di oliva è innanzitutto ‘assenza di difetti’. Dopo aver superato questo scoglio iniziale, si potrà parlare di equilibrio, tipicità, provenienza, eccetera; ma ripeto un olio extra vergine d’oliva per essere tale, deve, come richiede la normativa, non avere difetti. Ma attenzione, questo parametro va riferito al prodotto quando raggiunge il consumatore, e questo significa che la qualità deve essere applicata a tutta la filiera, dall’oliveto al punto vendita o somministrazione.
Il livello di qualità media è assolutamente cresciuto, specialmente se riferito alla produzione; hanno contribuito a questo miglioramento la nuova normativa Ue che richiede l’analisi sensoriale e i vari concorsi sull’olio, che hanno stimolato i produttori a far meglio, a confrontarsi. Ancora carente il settore distribuzione-somministrazione (gda, gastronomie, ristorazione); per il consumatore trovare un olio senza difetti (perché vecchio, mal conservato, ecc.) è ancora una chimera. Non parliamo delle conoscenze specifiche degli addetti a questi settori: assolutamente nulle, un panorama desolante”.

Zimarino Ivo, presidente Centro Solinas.
“Occorre fare una distinzione precisa. Per ‘qualità merceologica’ vanno valutati i parametri della normativa vigente, quali l’acidità libera, il numero di perossidi, gli assorbimenti spettrofotometrici specifici nell’ultravioletto, che poi sfociano nelle categorie commerciali. Per ‘qualità organolettica’ si fa riferimento alle sensazioni che percepiscono i nostri sensi quali l’olfatto o il gusto. Per ‘qualità nutrizionali’ vanno prese in considerazione tutte quelle proprietà che esercitano un potere positivo sia in termini di nutrizione vera e propria che in quelle funzioni di prevenzione contro alcune patologie ricorrenti. Per ‘qualità in generale’ vanno identificate le caratteristiche del prodotto che riesce a soddisfare le esigenze sia implicite, sia quelle espresse dal consumatore.
Per quanto concerne l’Italia va detto che essa è partita da un buon livello qualitativo e va vieppiù aumentando nel tempo. Oggi la produzione di prodotto qualitativo avanzato per l’Italia si attesta intorno ai valori del 70 per cento.
Per quanto attiene la produzione mondiale va però considerato che per essa l’incremento è maggiore del nostro, in quanto è partita in ritardo e sta recuperando con maggiore velocità passando dal 20-30 per cento ad addirittura il 50 per cento”.