L'arca olearia

Calo costante per la produzione italiana d'olio d'oliva

Al ribasso le stime Ismea per la campagna 2011/12. Continua un trend di diminuzione delle produzioni manifestatosi ormai da diversi anni. Ormai siamo ufficialmente sotto le 500mila tonnellate

04 febbraio 2012 | R. T.

Si conferma il calo produttivo dell’olio di oliva per la campagna in corso. Ismea in collaborazione con Cno e Unaprol, infatti, a fine gennaio ha ritoccato verso il basso le previsioni di produzione. Secondo la nuova stima, i volumi potrebbero attestarsi poco al di sotto delle cinquecentomila tonnellate, con una perdita del 6% rispetto alle 513 mila indicate nell’ultimo dato fornito dall’Istat per il 2010. E la perdita è ancor più consistente se si considera la media degli ultimi quattro o addirittura dieci anni. Le ben note vicende legate a fenomeni di abbandono o di non raccolta, quando i ricavi non bastano a coprire i costi, sono alla base di questa flessione tendenziale delle produzioni olivicole. Questo problema, peraltro, potrebbe presentarsi anche quest’anno.

A far volgere la lancetta delle previsioni su terreno negativo quest’autunno hanno concorso però altri fattori legati sia al clima che all’alternanza, tornata prepotentemente a fare da ago della bilancia perché stanno diventando troppo onerose le pratiche per attenuarla, come la potatura annuale.

Il troppo caldo ha influito molto sulla fruttificazione e la persistente siccità, laddove non si è intervenuti con irrigazioni di soccorso, ha poi provocato in alcune aree avvizzimento delle drupe. Sul fronte qualitativo la mancanza di piogge, comunque, ha avuto anche un lato positivo perché ha impedito lo sviluppo di alcuni patogeni dell’olivo come la mosca. Inoltre sembra che le drupe sotto stress idrico sviluppino più polifenoli.

Quest’anno fare previsioni di produzione, soprattutto, per le regioni a maggior vocazione olivicola, ha significato mettere insieme realtà molto differenti, sia tra province che all’interno delle stesse. Areali, anche vicini, infatti, hanno mostrato tendenze opposte.

Rispetto alla ricognizione effettuata ad ottobre si evidenzia una lieve crescita delle stime per la Puglia, alla quale si accompagna una crescita seppur minore per Calabria e Sicilia. Il loro risultato ha attenuato la perdita consistente che si stima dalla Campania in su, con il Centro-Italia che sembra perdere oltre un terzo rispetto allo scorso anno. Ad interrompere la sequenza di segni negativi anche la Liguria. Nelle regioni del Nord, invece, l’autunno è stato più favorevole del previsto e in alcune regioni si evidenzia un inversione di tendenza rispetto a quanto stimato ad ottobre. Data l’esiguità delle produzioni, comunque, l’incidenza su scala nazionale è praticamente nullo.

Puglia (+3%). Come sempre parlare di previsioni di produzione per la Puglia significa, in realtà, fare delle nette distinzioni tra le due anime dell’olivicoltura regionale: la settentrionale e quella salentina, differenti da sempre in termini strutturali e, in genere, non correlate sotto il profilo del risultato produttivo. Quella che si sta aprendo, peraltro, è una campagna la cui stima è determinata da un’attenta ponderazione di situazioni contrapposte non solo tra le diverse province, ma tra areali anche contigui. Fermandoci al primo stadio dell’analisi si può affermare che all’incremento piuttosto significativo delle province del Nord della regione, soprattutto in alcune zone del Barese e della provincia di BAT, si contrappone una decisa frenata del Salento. Questo, se da un lato porta a stimare una produzione quantitativa dell’intera regione di poco superiore a quella dello scorso anno, dall’altra fa sì che cresca notevolmente la percentuale del prodotto extra. Anche nel Salento, peraltro, dove tradizionalmente è alta l’incidenza del lampante, per quest’anno si stima una acidità media meno elevata.

Calabria (+2%). Anche per l’altra grande regione produttrice il lieve incremento previsto è la somma di tante realtà diverse tra loro, sebbene l’aumento stimato in gennaio sia stato ritoccato verso il basso rispetto alla prima stima di ottobre. Naturalmente questa era un’annata che mediamente avrebbe dovuto essere di carica, ma la siccità estiva ha ridimensionato le aspettative. La situazione, infatti è risultata ottimale nelle zone dove ha piovuto al momento giusto o dove è stato possibile irrigare, mentre altrove si sono verificate anche perdite consistenti. Da considerare, inoltre, che essendo la realtà olivicola della regione ampia e complessa in alcune aree, molto soggette ad alternanza, quella attuale si presentava comunque come una produzione di scarica.

Annata di scarica anche in Campania (-25%). La produzione del Cilento, e quindi quella campana, del 2011 è fortemente condizionata dall’alternanza, particolarmente spinta negli oliveti tradizionali meno produttivi e negli impianti più giovani ma non irrigui.

In decisa controtendenza rispetto alla media nazionale la Sicilia (+6%) che, peraltro, è quella tra le principali regioni produttrici che si stima possa ottenere il risultato migliore, sebbene l’ultima stima sia stata leggermente inferiore rispetto a quella degli inizi dell’autunno. Questa crescita, anche se con situazioni non sempre omogenee tra i diversi areali, è attribuibile a tutte le province a maggior vocazione olivicola ad eccezione di Trapani. Qui in realtà, oltre a fenomeni di alternanza si registra il fatto che l’ottima qualità delle olive a duplice attitudine, come la Nocellara del Belice, ha indotto molti produttori ad introdurle nel mercato delle olive da mensa sottraendole quindi ai frantoi. Nel Catanese, dove fin dalle prime battute si pensava ad una produzione in crescita, anche le rese sono state superiori a quelle dello scorso anno. Anche nel Messinese si stima un’ottima annata sia sul fronte qualitativo che quantitativo. In discreta crescita anche la provincia di Agrigento, sebbene con una situazione molto a macchia di leopardo. Si stima una buona crescita produttiva anche nelle province di Siracusa e Ragusa.

In calo anche il Molise (-13%), mentre in Basilicata (=) le attese sono in linea con i volumi dello scorso anno.

In Toscana (-40%) la flessione si temeva già dopo una fioritura discreta ma non omogenea. Le basse temperature hanno causato, in specifiche situazioni, danni da freddo che hanno compromesso una fioritura omogenea. Il territorio regionale toscano è costituito da molteplici situazioni micro ambientali che determinano, sovente, situazioni “a macchia di leopardo”. Ad una discreta allegagione ha fatto seguito una fruttificazione parzialmente compromessa dalle non brillanti fasi precedenti e dallo stress idrico del mese di agosto e settembre.

Situazione analoga in Umbria (-30%) dove era comunque quasi scontato aspettarsi un’annata non abbondante dopo il buon risultato dello scorso anno. Già la fioritura quindi non è stata particolarmente rigogliosa seguita da una discreta allegagione, condizionata dalle alte temperature e dalla siccità che hanno influito negativamente anche sulla fruttificazione.

Annata scarsa anche per le Marche (-39%). Già la fase della fioritura, per la quale non c’erano ottime aspettative visto che lo scorso anno era stato di carica, è stata caratterizzata da eventi atmosferici avversi come alte temperature, sbalzi termici e sporadiche piogge torrenziali. La forte siccità poi ha determinato una non perfetta fruttificazione con conseguente compromissione anche della qualità delle drupe.

Significativa la riduzione anche nel Lazio (-40%). La fioritura è stata influenzata da differenti fattori avversi non ultimo quello legato all’alternanza. A questo si è aggiunto un inverno ricco di precipitazioni che hanno ancora una volta determinato delle sofferenze a carico delle piante. Sono seguite temperature primaverili elevate che hanno influito negativamente in parte sulla fioritura ma ancor di più sul livello di allegagione. Fase questa che può definirsi sostanzialmente discreta con punte di “buono” solo in provincia di Frosinone ed in parte della provincia di Viterbo.

La revisione delle stime ha portato anche l’Abruzzo su una flessione molto simile a quella delle regioni centrali (-35%), mentre in autunno si pensava ad una perdita non così importante.

In questa campagna olivicola il comportamento della Sardegna (-40%) si può accomunare in tutto a quello delle regioni centrali. L’annata è stata caratterizzata da una fisiologica scarica e da una massiccia proliferazione di parassiti, causata dal clima alquanto instabile che ha creato una serie di problematiche alle aziende olivicole per l’effettuazione dei trattamenti.

Salendo verso Nord, invece, si distingue la buona performance della Liguria (+25%). Le condizioni climatiche favorevoli, l'assenza di gelate primaverili insieme all'alternanza produttiva hanno favorito la fioritura. Le temperature estive che non hanno raggiunto i livelli critici se non per un breve periodo, e gli esigui attacchi di mosca hanno favorito positivamente l'equilibrio generale degli uliveti e la loro fruttificazione. Durante l’allegagione, però, alcune zone hanno risentito di attacchi di mosca. In tutta la regione si registra un discreto anticipo della raccolta tanto da portare i frantoi ad aprire due settimane prima del previsto. Buone, in generale, le attese sulla qualità.

Il clima autunnale nelle regioni del Nord ha permesso di realizzare una buona raccolta. I problemi di eccessiva siccità che si pensava potessero compromettere le produzioni, in realtà sono stati compensati da un autunno piuttosto buono. In Lombardia (+5%) ed in Trentino (=), ed in particolare nella zona del Garda, la fioritura è stata buona sebbene condizionata da temperature a volte troppo alte. Evento questo che, accompagnato da una prolungata assenza di precipitazioni, ha influenzato negativamente prima l’allegagione e poi la fruttificazione. Le piogge successive però hanno in parte ridimensionato tali problematiche.

In Veneto (+10%), le sorti produttive sono state anche positivamente condizionate dagli incrementi delle zone interne del Veronese. Sempre restando a Nord si registra la stabilità delle produzioni di Piemonte (=) e la flessione del Friuli (-13%), due realtà che hanno un peso limitato sul fronte della quantità ma che ogni anno vedono nuovi impianti in produzione. Lieve ripresa si stima in Emilia Romagna (+5%). Tale risultato è dovuto in parte all’alternanza ed in parte ai problemi che la siccità ha creato in fase di fruttificazione.