L'arca olearia
Quotazioni basse? E' perchè l'olio italiano non tira
La sostanziale lamentela di questa campagna, oltre al pesante fardello della burocrazia, è un prezzo dell'extra vergine novello in picchiata. La ragione sta in un trend commerciale in pesante deficit per il Made in Italy. La bolla si è sgonfiata e si deve tornare a parlare dei nodi strutturali del comparto
26 novembre 2011 | Alberto Grimelli
Cosa sta accadendo? Perchè le quotazioni dell'extra vergine sono tornate ai livelli di due-tre anni fa?
E' questa la richiesta più pressante del mondo della produzione oggi e la risposta non può essere che una sola: si è sgonfiata una bolla.
Il mondo dell'olio d'oliva italiano, tutto, dai produttori agli imbottigliatori, si è cullato nella prospettiva di fare buoni guadagni con un extra vergine targato Made in Italy. Agenzie demoscopiche e sondaggisti, ricerche di mercato. Tutto ha contribuito a creare un'illusione che, per qualche mese, si è autoalimentata.
Vediamo dunque nel dettaglio quanto è accaduto.
La prima campagna con la nuova norma sull'etichetta obbligatoria è stata di passaggio, nel senso che ha reso necessario la strutturazione, in particolare da parte delle imprese più grandi, di un nuovo brand italiano, da affiancare agli altri prodotti, da promuovere e promozionare sul mercato. Per questa ragione il prezzo ha iniziato a salire, dai 2,45 euro/Kg di dicembre 2009, soltanto a partire dalla tarda primavera fino a toccare i 2,70 euro/kg del luglio 2010.
L'attesa era tutta per la nuova campagna olearia che vedeva ormai le imprese ben posizionate, e con prospettive di un mercato in crescita, per lanciare il 100% italiano con tutti gli onori. I botti, in effetti, sono stati immediatamente registrati, con, all'inizio di dicembre 2010, un prezzo di 3,10 euro/kg. A concorrere a questa impennata delle quotazioni, che faceva rodere d'invidia gli spagnoli alle prese con prezzi di 2,05-2,10 euro/kg, anche la scarsità di produzione di qualità per via di una stagione metereologicamente non fortunata.
La crescita non si è più arrestata fino alla primavera del 2011, arrivando l'extra vergine nostrano a superare i 4 euro/kg. Poi un lento arretramento, che si è accentuato con l'inizio dell'estate, fino al tracollo con l'inizio della nuova campagna. Oggi la quotazione oscilla tra i 2,60 e i 2,70 euro/kg, ovvero è ritornata sui livelli di due anni fa.
Cosa è successo? Impossibile prescindere dall'annata, favorevole per il sud Italia, da sempre bacino di approvvigionamento dell'industria olearia. Ma da sola non basta a spiegare una riduzione delle quotazioni del 40%.
La spiegazione più convincente è in alcune anticipazioni del mondo dell'imbottigliamento e dell'industria da cui si deduce che l'extra vergine Made in Italy non tira.
Secondo dati Federolio, nei primi sei mesi del 2011, le vendite di 100% italiano sono calate del 17% a fronte di una crescita dell'extra vergine standard dell'8,7%. Gli italiani sono tornati ad acquistare extra vergine ma non Made in Italy. Un trend che non può neanche essere compensato dall'export in cui l'extra vergine Made in Italy cresce ma senza picchi, confermando, presumibilmente, il +3% del 2010.
Una percezione che le aziende di imbottigliamento hanno già assimilato da qualche mese e, infatti, da inizio estate gli scambi sono iniziati a diminuire.
I produttori si sono cullati nella convinzione che il calo di interesse fosse dovuto alla vicinanza della nuova campagna olearia e il risveglio è stato brusco.
La bolla si è sgonfiata e si tornerà presto a parlare di crisi per il settore alle prese con quotazioni che mandano olivicoltori e frantoiani in rosso.
Un ritornello già conosciuto.
Ci auguriamo che i produttori abbiano preso sufficiente aria in questi due anni per sopravvivere sotto la linea di galleggiamento per un po', nella speranza che vengano adottate, con urgenza, riforme strutturali.
Piano olivicolo nazionale? Lo ricordate? Teatro Naturale ha già diramato la segnalazione a Chi l'ha visto.
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Accedi o RegistratiVincenzo Lo Scalzo
26 novembre 2011 ore 15:01Tradizione o innovazione?
Se fosse al suo desk Dino Villani, cofondatore della Accademia Italiana della Cucina con Orio Vergani, ideatore di Miss Italia e dei Piatti del Buon Ricordo, suggerirebbe la forza del richiamo di "OLIVE, the GREEN MISS ITALY"... servita profumata con il succo di se stessa in "letto di bruschetta ", allietata da sentori agliacei strofinati e colorata dai profumi "origanacei" e "di-pomo-in-dorati" dell'insulare Trinacria!
Olive, la Miss Green a "letto", diva d'ogni regione d'Italia con profumi esaltati dall'ignoto Gabriele: ..."origanacei", cioè vanno ben oltre i profumi e entrano nel gusto in purezza... Ti fanno sentire il "tsien" del grano che sà di "legume origanaceo" e perde il gusto del pane? Dice Gabriele che l'incanto succede anche quando assaggi una pizza senza la crosta sotto ed elimini così la tostatura diretta della semola, rallenta la salivazione che puo' dare la croccantezza e scopri nell'intimo il fascino di Miss Olive, ancor più se indorata dal sole!
Proviamo? Con le nostre e con le spagnole? Taormina o Ibiza? Potrebbe avere la forza di RISO AMARO?
Forse piacerebbe a Carlin come pure a Gualtiero, ma certamente anche a Nadia e a Massimo, stelle della nostra tavola imbandita più prestigiosa!
giovanni naglieri
26 novembre 2011 ore 11:27Tradizione o innovazione? La domanda è quella che mi pongo da più anni e vede il settore distinguersi nei due assi fondamentali che lo sostengono, olivicultura e qualità. L'olivicultura, dal punto di vista di un pugliese significa tutela del territorio rurale e paesaggistico, salvaguardia degli oltre 60 milioni di piante delle quali circa il 10% ultrasecolari, caratterizzazione di tradizioni, siti ed ambienti riconosciuti dall'Unesco, non da ultima "la dieta mediterranea". Qualità sono le tante DOP senza se e senza ma, gli impianti oleari nuovi e continui, le buone pratiche agricole e colturali, il rispetto della condizionalità ed una buona base di conoscenza globalizzata delle proprietà salutistiche e nutrizionali.
Tra Tradizione e Innovazione, ahimè, c'è un vuoto, o meglio, una voragine biblica, nella quale avrebbe dovuto esserci l'industria alimentare e dolciaria, quella farmaceutica omeopatica, quella industriale energetica, quella industriale agronomica e più di ogni altra cosa, il riconoscimento dell'alto valore nutraceutico dell'olio extra vergine di oliva di qualità. In altri settori questo gap è stato superato con la sperimentazione e la ricerca ma anche con un adeguata attenzione normativa a livello europeo. Sappiamo per esempio che dall'uva da vino si ottiene il mosto, le vinacce e le feccie. Le vinaccie lavorate producono grappa ed alcol industriale, dai residui i vinaccioli (da cui si estrae l'olio e la parte secca è destinata alla combustione per la produzione di energia) l'acido tartarico (utilizzato nell'industria alimentare, farmaceutica, industriale delle costruzioni) e le borlande. Dagli ulteriori scarti di lavorazione i fertilizzanti in agricoltura fino ad arrivare nuovamente alla parte secca utilizzabile per produrre energia elettrica. Volete averne un esempio? La Bonollo SpA ad Anagni (FR), azienda presa a modello dalla Commissione Europea dell'Agricoltura. L'olio extra vergine di oliva necessita prima di ogni cosa di chiarezza, sia sotto il profilo commerciale che di quello delle caratteristiche intrinseche legate alle manipolazioni successive. Si esponga chiaramente ai lettori di Teatronaturale cosa succede in Spagna! La produzione media annuale è di circa 2300 milioni di tonn di olio di oliva a fronte dei circa 600 milioni in Italia. La spagna produce con impianti superintensivi e raccoglie spesso meccanicamente avviando il frutto (le olive) a megastrutture di trasformazione con il risultato che il 35% della produzione ricavata appartiene alla linea dei mangiabili tal quali, mentre, la parte restante viene avviata all'industria in quanto lampanti o pieni di difetti dal punto di vista sensoriale. Cosa succede normalmente in Spagna a fine campagna olearia? Si riscontra una giacenza, esattamente come a settembre 2011, di circa 800 mila tonn. di olio di oliva! Di quale qualità lascio a voi l'ovvia conclusione! In Italia, invece, il 70% dell'olio di oliva prodotto è mangiabile, mentre, la frazione restante è costituita da lampanti di buone qualità. La produzione rinviene da impianti olivetati vecchi disposti con sesti di vario genere, mentre, gli ultracentenari potrebbero occupare in poche decine di unità la superfice di un ettaro. Le olive vengono raccolte a mano o laddove possibile con l'utilizzo dello scuotitore o di altri sistemi agevolatori nella raccolta e destinati ad opifici per la trasformazione in olio di piccole e medie dimensioni. Tra i due scenari c'è il mercato e l'interesse di vari commercianti troppo interessati a creare blend utilizzando sia quelli manipolati spagnoli che quelli italiani, con percentuali dell'80% e 20%, quando va bene! Ma di questo e di tanto altro varrebbe la pena fare approfondimenti specifici a cui ritengo che la vostra qualificata redazione sicuramente non si sottrarrà
Gianni Naglier
Luigi Tega
26 novembre 2011 ore 18:27Ma va?
In tempi non sospetti avevo avanzato tutte le mie preplessità sull'efficacia di provvedimenti che rendevano obbligatoria l'indicazione della provenienza dell'olio.
Mi permetto umilmente di segnalare il link http://www.teatronaturale.it/la-voce-dei-lettori/lettere/5193-grande-euforia-per-l-obbligo-dell-origine-degli-extra-vergini-ma-per-cosa.htm
Non che questo non sia giusto ma pensare che sarebbe stata la panacea dei mali del settore era solo ridicolo pensarlo.
Mi viene a tal proposito una battuta di Grillo: i napoletani sono così avanti che producono il falso Made in China a Napoli, cioè producono a Napoli e poi lo falsificano mettendoci sopra l'etichetta Made in China .
Chissà che tra poco non si debba produrre con oli italiani dei falsi Made in Spagna. Forse tra qualche anno per vendere olio nel mondo lo dovremmo chiamare Don Juan o nomi simili che richiamano altri territori o paesi: se non sbaglio ci sono già brand famosi ( vedi Monini) che propongono oli addirittura australiani.
Buona fortuna a tutti!!!
Luigi Tega