L'arca olearia

Olio made in Italy taroccato sotto la lente dello Iasma

Approvato il protocollo d'intesa per individuare i falsi extra vergini italiani sugli scaffali. Servirà ad indirizzare i controlli. A questo scopo perchè non usare anche i panel?

23 luglio 2011 | Alberto Grimelli

Il Ministero delle Politiche agricole forestali e alimentari ha stipulato con l’Istituto Agrario di S. Michele all’Adige (Iasma) un protocollo d’intesa per il campionamento dell’olio extra vergine di oliva di provenienza straniera. Si procederà a determinare l’origine degli oli grazie alla mappatura degli isotopi stabili.

Di questo metodo Teatro Naturale ne parlò più di una anno fa (http://www.teatronaturale.it/strettamente-tecnico/l-arca-olearia/9154-niente-pia.htm). In base alle ricerche di Federica Camin, infatti, si potè scoprire che è possibile discriminare la provenienza in ragione del rapporto tra gli isotopi stabili di C, H e O, che sono legati oltreché all’origine botanica della pianta alle caratteristiche geografiche, geologiche e climatiche della zona di coltivazione.

Il metodo, ci teniamo a sottolinearlo, non è ufficiale . Non rientra tra quelli del Reg. Ce 2568/91 e successive modifiche e quindi gli ispettori non potranno basarsi su tali risultati per sequestri o sanzioni.

I dati analitici, che saranno caricati su una database visibile a tutti gli organismi di controllo, sarà utile per indirizzare controlli e controllori verso i casi più sospetti e quindi effettuare le necessarie verifiche con gli strumenti di legge.

Ben venga, quindi, il protocollo d'intesa che dimostra, anche ai più scettici e tradizionalisti, che la scienza può avere molti risvolti applicativi e può essere fattivamente utile al mercato e alle imprese che vi operano.

In considerazione del fatto che tutto è sempre migliorabile e perfettibile, ecco una proposta che sicuramente rafforzerebbe gli onorevoli intenti di smascherare i truffatori attraverso una screening, sia pure basato su metodi ufficiosi, del mercato.

Perchè non utilizzare i panel test?

E' infatti vero che l'analisi organolettica non è riconosciuta come valido e ufficiale test per stabilire l'origine di un prodotto ma è altrettanto vero che alcuni aromi e profumi sono marker caratteristici di alcune provenienze.

Se il metodo degli isotopi stabili può fornire una traccia, un indizio agli ispettori, lo stesso possono fare i panel test.

Perchè allora non siglare un simile protocollo d'intesa con Unioncamere, considerando che quasi tutti i panel ufficiali sono delle Camere di Commercio, e qualche altro Ente, penso all'Arpat toscano e alla Società Italiana per lo Studio delle sostanze Grasse, per creare un simile database basato però su marker organolettici?

Incrociando i dati del database sugli isotopi e quello sulle analisi organolettiche si otterrebbero certamente migliori risultati e preziose informazioni.

Premesso che la ricerca e l'innovazione sono indispensabili in ogni settore, e quindi anche nel comparto olivicolo, credo debbano anche essere valorizzati gli strumenti già esistenti, come appunto i panel test.

Sinergia è una parola di cui spesso si abusa, un termine quasi taumaturgico, ma la collaborazione tra tutti gli attori della filiera olivicolo-olearia è quanto mai indispensabile.

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stefano petrucci

05 agosto 2011 ore 11:28

UN PASSO AVANTI,
questo è l'accordo tra Ministero e IASMA. Sono favorevole al panel test, strumento sicuramente efficace, ma incominciare un percorso ufficiale sull’analisi chimica, creando banche dati, potrebbe consentire in futuro forse di risolvere con una semplice analisi tutti i problemi sull’origine ma non sulla qualità. Puntare sui Panel Test per la qualità e sugli isotopi per l’origine consentirebbe di risolvere gli enormi problemi burocratici creati con il made in italy e con una certificazione di prodotto su tutti i lotti garantire i consumatori.
Il sistema non è riconosciuto dal Reg. Ce 2568/91 ma se si vuole cominciare un percorso per farlo riconoscere questo è il primo passo. Comunque da oggi i controlli saranno più mirati e questo è già un gran risultato.
Stefano Petrucci
Consorzio Sabina Dop

Alberto Grimelli

25 luglio 2011 ore 14:51

Caro Massimo, il problema affrontato in questo specifico caso non è la corrispondenza merceologica dell'olio: extra vergine, vergine o lampante ma la sua provenienza.
Oggi l'origine è "certificata" unicamente sulla base di registri e registrazioni che, comunque, lasciano qualche spazio di manovra a furbi e delinquenti. Nella tipica tradizione italiana di "fatta la legge, trovato l'inganno", occorre che, allo strumento della tracciabilità, se ne affianchino altri per smascherare eventuali furberie e frodi.
Considerando che, oggi, non esiste alcuno strumento analitico ufficialmente riconosciuto sulla base del quale si può discriminare l'origine, i metodi indicati nell'articolo possono avere solo uno scopo scientifico e di supporto all'attività degli investigatori, senza alcun valore probatorio. I risultati di simili metodiche, quindi, producono indizi che non possono essere utilizzati in tribunale ma utili per l'esercizio di controlli più accurati. Si tratterebbe, insomma, di spie di allerta e di stimolo ai controllori per eseguire le verifiche, secondo gli strumenti di legge, sulle aziende che hanno fatto scattare tali allarmi. Su quanti indici ci possiamo affidare per far scattare queste allerte che, lo ripeto, non devono far scattare sanzioni ma solo controlli? Soltanto su uno? Ovvero gli isotopi stabili secondo la metodica Iasma? Secondo me è riduttivo. Ecco perchè ho proposto di utilizzare anche i panel test.
A mio avviso il settore è vessato da tale e tanta normativa anche perchè è considerato ad alto rischio frodi. Possiamo disquisire a lungo se questa percezione sia giusta o sbagliata ma non sulla soluzione, ovvero la necessità che il comparto ripulisca la propria immagine. Per ottenere questo risultato occorrono controlli mirati ed efficaci, senza spettacolarizzazione, ma utili a eliminare tutti gli elementi e gli operatori distorsivi del mercato.
Raccolgo tuttavia le tue osservazioni e obiezioni relative al funzionamento e alla professionalità dei panel italiani. Ve ne sono alcuni che sono preparati e qualificati, altri che sono un po' troppo hobbistici e amatoriali. Occorre valorizzare i primi e isolare i secondi. Per questa ragione Teatro Naturale si era interessato attivamente, qualche settimana fa, alla normativa riguardo ai capi panel, ponendo l'accento sulla necessità di imprimere una svolta e di professionalizzare il settore dell'assaggio analitico dell'olio, ai sensi del Reg. 2568/91. Un processo che, inevitabilmente, smonta piccoli-grandi centri di potere ma che farebbe molto bene al comparto oliandolo.
In merito alle domande poste:
E' vietato comprare olio dalla Spagna? La risposta è certamente no. E' assolutamente lecito comprare olio spagnolo e farne blend utili ai mercati nazionali e internazionali. Non è corretto utilizzare l'olio spagnolo per farne un made in Italy "primo prezzo".
Se un panel test ufficiale , declassa un olio giacchè "spagnolo" non si pone dunque un problema a livello Europeo di protezionismo dell'Italia? Certamente sì. La provenienza non deve in alcun modo interferire con la classificazione merceologica dell'olio. L'atavico problema, mai dipanato, è tuttavia se il caratteristico flavour di alcuni oli spagnoli sia un difetto (come considerato da alcuni panel italiani) oppure una tipicità (come considerato dai panel spagnoli).
Buon lavoro e buona estate
Alberto Grimelli

massimo occhinegro

25 luglio 2011 ore 13:27

Caro Alberto, apprezzo sempre i tuoi articoli sempre precisi e puntuali, tuttavia in merito al presente pezzo, mi permetto di fare delle osservazioni che sono convinto condividerai.
Nel mentre condivido che che il panel test sia indubbiamente un "parametro" fondamentale per individuare se un olio è buono o meno buono, se usato male o usato da persone prevenute può dimostrarsi uno strumento pericoloso per il settore. Occorre individuare innanzitutto la priorità degli strumenti a disposizione; L'analisi chimica, che include anche il nuovo parametro degli alchilesteri ed Il Panel test. Quest'ultimo parametro è ora largamente usato dagli organi preposti al controllo presso la distribuzione. Cosa prevarrebbe se le analisi fossero conformi mentre il panel test no? Con un panel test eseguito "soggettivamente" male, si potrebbe classificare un olio vergine o lampante anche se non lo è. Per verificare la funzionalità dei panel attualmente usati, abbiamo trasmesso dei campioni anonimi di olii in comune commercio e classificabili come blend UE. I risultati? Incredibili, secondo me. In alcuni casi hanno scritto " trattasi di olio spagnolo" , specificando anche la cultivar, ne è conseguito un declassamento a olio vergine o addirittura lampante. Se lo stesso controllo fosse stato fatto da un panel in Spagna lo stesso olio , con ogni ragionevole probabilità sarebbe stato classificato "extra Vergine".
Ora poichè gli uomini che conoscono il settore sanno che l'Italia è un Paese importatore netto di olio extra vergine di oliva, sanno altresì che l'olio , per costare poco deve essere importato dalla Spagna. C'è allora da porsi le seguenti domande: E' vietato comprare olio dalla Spagna? Se un panel test ufficiale , declassa un olio giacchè "spagnolo" non si pone dunque un problema a livello Europeo di protezionismo dell'Italia? E se noi come Paese facciamo parte dell'Europa, possiamo noi "discriminare" un olio extra vergine rispondente a tutti i requisiti di legge, sia pur proveniente dalla Spagna? Se qualcuno facesse reclamo alla Commissione Europea, sicuramente si eliminerebbe, a mio parere il panel test, giacchè usato come strumento di "guerra" anti competizione. Quindi, per concludere, un conto è giudicare un olio buono o meno buono, un altro è bocciarlo, declassandolo a vergine o lampante , distorcendo così la concorrenza. Grazie per l'attenzione. Massimo Occhinegro