L'arca olearia
L’olivicoltura può essere salvata dalle Dop
Ci scrive Andrea Bertazzi, presidente del Consorzio di tutela Garda Dop: le attestazioni di origine non sono un punto di arrivo, ma di partenza. Il cammino non è facile, ma se a crederci sono tutti gli attori della filiera la strada da percorrere sarà ben chiara
16 luglio 2011 | T N
Gentilissimo Direttore,
ho letto con attenzione l’articolo scritto dal dottor Grimelli su TN di sabato 25 giugno circa il fallimento delle Dop /Igp dell’olio.
Il percorso delle Dop/Igp fin dalla loro istituzione è stato tortuoso e complesso perché da tutti gli attori della filiera olivicola ottenere il riconoscimento della denominazione protetta per il proprio olio era stato considerato - e talvolta ancora lo è – un punto di arrivo.
Ottenere la Dop è invece un punto di partenza perchè nasce un nuovo modo di interpretare un olivicoltura dove le diverse componenti olivicoltori-frantoiani-imbottigliatori, non si riconoscono fra di loro come nemici ma come colleghi che nel rispetto delle regole, lavorano insieme sull’obbiettivo comune: permettere alla neonata Dop di diventare adulta, per tutelare territorio ed olivicoltura.
E mi piace raccontare la nostra esperienza sperando possa aiutare qualche altro Consorzio a non desistere.
Abbiamo cominciato con fatica e sacrifici , eravamo 36 soci, e le posso dire che il problema più pressante non era il fatto di essere senza soldi o ottenere finanziamenti: la cosa più importante era far capire agli olivicoltori quanto fosse importante credere nella Dop, impegnarsi a lavorare per far conoscere la produzione Gardesana muovendoci uniti nel nome comune Garda Dop.
I primi a crederci dovevano essere i produttori e il Consorzio è riuscito a strutturarsi grazie ai contributi che gli associati (perché si crede in un progetto comune quando si investe), soprattutto nei primi anni, hanno versato.
Ora il Consorzio Garda Dop rappresenta 485 i produttori-frantoiani e imbottigliatori di tre regioni e quattro provincie, e nella campagna 2010 sono stati certificati e venduti kg. 203.413,58 di olio Garda Dop.
Ci siamo sempre posti la domanda “perché un consumatore dovrebbe scegliere il nostro olio?” Per fare questo prima servono le idee, poi bisogna che queste idee siano condivise e alla fine , ma solo alla fine, anche grazie ai finanziamenti si realizzano.
Inoltre l’olio Dop Garda è diventato uno dei migliori rappresentanti e testimonial tra i prodotti Gardesani in Italia e all’estero. Promuovere un territorio e il turismo, attraverso un prodotto tipico, vuol dire trasmettere la propria storia e cultura.
Certo i risultati non sono immediati, la crescita è lenta (ma perché le Dop/Igp che sono nate solo 20 anni fa devono confrontarsi con l’extravergine che quest’anno compie 51 anni) ma non bisogna mollare.
Io credo che ci sia la possibilità di fare “ più luce che ombre” ed avere risultati più soddisfacenti ma, questo è possibile solo se nella la Dop ci credono gli attori della filiera avendo ben chiara e comune strada da percorrere.
Andrea Bertazzi

Caro Presidente Bertazzi,
un sentito grazie per la sua preziosa testimonianza. Preziosa perché induce a riflettere e ad andare avanti con coraggio e dedizione: con passione.
Mi conforta sapere che ci sono ancora i buoni esempi, e sono sempre più convinto che se le Dop dell'olio fossero state gestite al meglio lo scenario odierno sarebbe ben diverso, più consolante rispetto al magro 1% che le attestazioni di origine rappresentano sugli scaffali.
Qualcuno ha sicuramente sbagliato ed è giusto che paghi per le proprie responsabilità. Qualcun altro ha agito bene ed è altrettanto giusto che venga premiato assumendo incarichi importanti a livello nazionale.
Im fondo, deve essere molto semplice il meccanismo, elementare: chi ottiene buoni risultati continuerà a gestire le sorti dell'olivicoltura italiana, chi agisce in maniera parassitaria e fallimentare abbandoni presto il campo e tutti gli incarichi.
Forse sono troppo semplicistico, ma in realtà dovrebbe funzionare così. D'altra parte posso testimoniare anch'io il grande disagio che si prova ad assistere a gestioni errate dei consorzi di tutela, giacché, se tutti fossero virtuosi, sarebbe un mondo completamente diverso.
Ripeto: grazie ancora per la preziosa testimonianza. L'articolo di Grimelli riprende purtroppo uno scenario a tinte fosche, è vero, ma sono sempre più convinto che l'olivicoltura italiana possa essere davvero salvata dalle Dop.
Fossero tutti come lei, giovani, dinamici e propositivi, i presidenti dei Consorzi, sarebbe un mondo completamente diverso. Ne sono fortemente convinto.
In bocca al lupo per le scelte future: vada avanti orgoglioso senza mai desistere.
Luigi Caricato
Stefano Bonamico
19 luglio 2011 ore 13:58Mi aggiungo al coro lanciando qualche idea e qualche perplessità che deve essere vista esclusivamente come uno spunto per crescere. Sono fermamente convinto che le DOP abbiamo iniettato nel modo dell'olio nuova linfa che ha portato coraggio per ritornare ad investire in un settore che invece stava collassando. Questo lo dimostra il netto incremento della qualità dell'olio negli ultimi anni. Una perplessità mi sovviene tuttavia guardando i numeri che come bene sottolineate voi per la DOP non aumentano. Perchè? Forse perchè viene utilizzata da molti industriali per pulirsi la coscenza e per mascherare tonnellate di olio comunitario venduto al prezzo. A mio avviso la DOP è un'ottimo strumento per diversificare una volta per tutte il nostro prodotto da quello di altri. Per fare questo tuttavia dovremmo introdurre un codice etico del produttore/frantoiano il quale si impegna veramente ad investire sul territorio, ma soprattutto sulla qualità. Il passo successivo della DOP, se non vuole perdersi tra le migliaia di suffissi in commercio (IGP, DOP, BIO, BIODINAMICO, TOP .....) deve essere quello di alzare l'asticella e di puntare, sul territorio si, ma valorizzandolo sotto l'aspetto nutraceutico e sulla caratterizzazione delle cultivar autoctone, fiore all'occhiello della nostra cara Italia.
Vi lascio con questi spunti che devono essere letti esclusimanete come un'opportunità e non come una critica.
Un caro saluto
Stefano Bonamico