L'arca olearia

La lenta retromarcia di Petrini & Co sugli alchil esteri

Non si parla più di un'autorizzazione ai deodorati da parte dell'Unione europea e tanto meno, per fortuna, di fantomatiche indicazioni in etichetta. Gli orrori, però, restano. Capita se si attinge da una sola fonte

12 marzo 2011 | T N

Slow Food non ci sta ad essere rimproverata per una posizione evidentemente dettata dall'emotività o, più probabilmente, dalla politica.
Così replica al nostro articolo: link esterno

Aggiornamento 2/3/11

In riferimento all’articolo circolato sul web dal titolo “Orrore, Carlo Petrini vuole gli oli deodorati in etichetta” a commento del nostro comunicato stampa del 27 febbraio riguardante il regolamento comunitario 61/2011 sugli oli extravergini che entrerà in vigore il primo aprile, sono utili alcuni chiarimenti.

Al di là dei toni gratuitamente offensivi dell’articolo di cui sopra sui quali non vogliamo soffermarci, il nostro comunicato mette in guardia sul fatto che la normativa, adottando parametri troppo ampi, consentirebbe l’entrata nei mercati europei a miscele di olii di dubbia qualità, con danno per produttori onesti e consumatori. Non è l’esplicito intento della normativa, questo è chiaro, ma i parametri adottati per consentire la dicitura olio extravergine d’oliva non sono rappresentativi di un prodotto di qualità.
Il commento di Slow Food e del suo presidente Carlo Petrini puntualizza su questa criticità del regolamento e non nasce da voglia di ribalta e soprattutto non è figlio di un’ignoranza di base sull’argomento, come gentilmente l’autore dell’articolo sostiene.
I rilievi del comunicato si avvalgono di pareri di studiosi del settore qualificati: link esterno


Retromarcia slow
Beh, da Slow Food certo non ci aspettavamo un voltafaccia in stile Gargano, link esterno, le cui dichiarazioni, però, hanno fatto il paio con quelle di Petrini.
Nella replica al nostro articolo, però, non abbiamo potuto fare a meno di notare toni decisamente più pacati e riflessivi, un uso molto più esteso del condizionale e, infine, l'eliminazione di ogni riferimento a quell'obbrobrio che era la volontà di indicare in etichetta la presenza di deodorati.
E pensare che, al momento della stesura del comunicato, Carlo Petrini & Co non avevano ancora potuto leggere la posizione del Prof. Conte, che rappresenta l'Italia in numerose sedi internazionali (link esterno), né il comunicato stampa ufficiale, diramato il 7/3/2011, da parte della Società Italiana per lo Studio delle Sostanze Grasse (link esterno).
Chissà che a seguito di queste edificanti letture non vi sia un ulteriore passo indietro. Ce lo auguriamo. Sarebbe un salutare gesto di buon senso, responsabilità e di umiltà.

Pareri? No, un'unica fonte
Slow Food è una grande realtà imprenditoriale che fattura molti milioni di euro, ha fondato un'Università e ha una casa editrice che pubblica anche una guida sugli oli.
Slow Food, inoltre, ha una grande forza mediatica, con un forte impatto sulla società.
Ci si aspetterebbe, quindi, attenzione, misura, riscontri e controlli prima di rilasciare dichiarazioni pubbliche.
Tutto questo è accaduto nel caso in questione?
Ci si permetta di dubitarne. Già, perchè “i pareri di studiosi del settore qualificati” non sono stati rilasciati a Slow Food, non sono frutto di una ricerca di qualche centro studi. No! Sono tratte da un unico articolo giornalistico, di Roberto La Pira, apparso su diversi siti e giornali, tra cui “Il Sole 24 Ore”. Non ci credete? Ecco la prova: link esterno;
link esterno
E' possibile che Slow Food, che certamente non ha difficoltà ad accedere direttamente alla fonti, a contattare docenti universitari, a fare riscontri, si sia basata su un unico articolo giornalistico per uscire con una dichiarazione tanto violenta e grave?
Ebbene sì, non solo è possibile, è esattamente quanto è accaduto.

Notato niente?
Nella fretta sono cascati nuovamente sulla buccia di banana. Accidenti, che disgrazia! E pensare che hanno avuto un weekend per informarsi, riflettere, ragionare, dissertare. Evidentemente non è bastato.
Rileggiamo il comunicato stampa Slow Food, stavolta rilasciato senza fanfare, nelle pagine interne, quasi a voler passare inosservato:
“... il nostro comunicato mette in guardia sul fatto che la normativa, adottando parametri troppo ampi, consentirebbe l’entrata nei mercati europei a miscele di olii di dubbia qualità, con danno per produttori onesti e consumatori...”
Beh, diamo una notizia in esclusiva a Slow Food: i deodorati ci sono già in commercio, circolano già sui mercati, in Italia e altrove!
La normativa europea serve per mettere un argine, individuando un parametro, gli alchil esteri, utile a prevenire e contrastare UNA FRODE CHE C'E' GIA'.
E poi hanno anche il coraggio di sostenere che “il commento non è figlio di un’ignoranza di base sull’argomento”
Bah! Da restare esterefatti!

Alchil esteri sì, acidità no?
Veniamo a un altro argomento: “i parametri adottati per consentire la dicitura olio extravergine d’oliva non sono rappresentativi di un prodotto di qualità.”
I limiti sugli alchil esteri, fissati in 75 mg/kg, sono effettivamente elevati, mai abbiamo detto il contrario. Sono il frutto di un compromesso e sono circa il doppio di quella misura, fissata a 30-40 mg/kg, indicata da diversi ricercatori e docenti universitari per un olio di buona qualità.
Vogliamo però parlare degli altri parametri chimici dell'extra vergine d'oliva?
Perchè Slow Food non si è mai scandalizzata perchè l'acidità è fissata a 0,8? Si sa che un extra vergine di qualità ha un'acidità che è, per lo meno, la metà.
Perchè Slow Food non si è mai scandalizzata che il numero di perossidi sia fissato a 20? E' noto che in un olio di buona qualità il valore riscontrabile è 8-10, anche meno.
Abbiamo fatto questi due esempi ma se ne possono fare molti altri.
Il comunicato di Petrini “non nasce da voglia di ribalta”? Dobbiamo davvero crederci? Spiacenti, non abbiamo i paraocchi ed è da un pezzo che non crediamo più alle favole.

Forse, cara Slow Food, è ora di un altro passettino indietro?