L'arca olearia

Sorpresa! Lo stato di salute dell'olio d'oliva è in ripresa

Dopo un 2010 altalenante, che ha spesso illuso gli operatori del settore, i dati Assitol dell'ultimo bimestre sembrano prospettare una certa crescita, anche se con qualche distinguo

05 febbraio 2011 | Alberto Grimelli

Il 2010 non è stato un anno felice per gli operatori del settore dell'olio d'oliva, alle prese con dati altalenanti che illudevano di una ripresa per poi tornare all'amara verità di una sostanziale stagnazione.

Nel frattempo la concorrenza si è fatta spietata, con concorrenti sulla scena internazionale sempre più agguerriti, e anche con qualche colpo sotto la cintura a mezzo stampa, come certe inchieste giornalistiche sensazionalistiche che volevano avere anche un impatto commerciale.

In questo contesto difficile, chi ha saputo resistere ha visto premiare i suoi sforzi.
Secondo infatti gli ultimi dati Assitol 'ultimo bimestre del 2010 ha registrato una forte crescita dell'intero comparto, grazie al buon andamento dell'extravergine convenzionale, che ha permesso alle aziende italiane di recuperare posizioni rispetto ai concorrenti più agguerriti.

Più in dettaglio, tra novembre e dicembre dello scorso, le vendite dell'extravergine, segmento trainante del settore, sono cresciute del 31% sul mercato interno rispetto al 2009, grazie soprattutto al buon andamento dell'extra vergine convenzionale, vale a dire soprattutto i grandi marchi italiani (+34%).
Negli ultimi due mesi del 2010, il settore guadagna così il 24,5% in più di vendite sul territorio nazionale. Molto bene anche le esportazioni. Anche qui si segnala il contributo essenziale dell'extravergine (+22,4%), con una chiara predilezione per gli oli convenzionali, che registrano un aumento del 25,7.

Trend altalenante invece per il 100% italiano che sembra piacere meno ai nostri connazionali piuttosto che all'estero.
Infatti nell'ultimo bimestre 2010 le vendite sul mercato interno del prodotto “made in italy” sono calate del 4% a fronte però di un aumento dell'export del 6,5%.

Ottime performance, in percentuale, per gli oli a denominazione d'origine che, sul mercato interno, hanno fatto segnare un aumento delle vendite del 53% rispetto al novembre/dicembre 2009. Un exploit solo apparente perchè, se parliamo di volumi, quel 53% di aumento si traduce in sole 62 tonnellate di extra vergine certificato.

Ottime, invece, le performance del biologico che conferma il tendenziale già in atto da diversi anni, legato a stili di vita e di consumo ecosostenibili che hanno fatto breccia soprattutto nel Nord Europa.

Buone notizie, infine, anche per l'olio di sansa (+12,8%).

Nel complesso, tra mercato interno ed estero, il comparto può contare su una felice conclusione della campagna 2009-2010, attestandosi su un incremento del 21,6%.

Domina l'extra vergine convenzionale
L'olio extra vergine di nicchia, di alta gamma, di alta qualità non riesce a far breccia nel mercato e si stabilizza al 7% del totale.
In altre parole l'extra vergine convenzionale, quella vituperata “miscela di oli comunitari ed extracomunitari”, continua a dominare, col 93%.

In particolare si segnala l'affanno degli oli a denominazione d'origine che, evidentemente, sentono anche la concorrenza del 100% italiano, prodotto che non ha accresciuto la fetta di mercato di alta gamma, inserendosi invece in essa.
A dimostrazione di questa tesi il fatto che, secondo Buonitalia, i volumi di olio certificato Dop/Igp dal 2005 al 2009 non sono cresciuti ma si sono stabilizzati sulle 8.000 tonnellate, raggiungendo il picco di 9.500 tonnellate nel 2008, soprattutto in virtù dell'abbondante produzione toscana, passata dalle 1800 tonnellate del 2007 alle 3900 del 2009. Solo due Dop fanno circa la metà del mercato del certificato italiano e superano le 1000 tonnellate di olio commercializzabile all'anno: Igp Toscano e Dop Terra di Bari.

Taglio dei costi per l'industria italiana
La cura dimagrante per l'industria italiana dell'olio d'oliva avrebbe fatto bene, permettendo un recupero di posizioni anche rispetto ai concorrenti più forti nel settore. Basti pensare che a fine 2010 la Spagna, il nostro "competitor" più agguerrito, avrebbe visto calare del 5% la commercializzazione interna di olio d'oliva spagnolo rispetto ai quattro anni precedenti.