Bio e Natura

SICCITA’ ESTIVA. LE PREVISIONI INDICANO CHE SARA’ UNA STAGIONE CALDA E SECCA. A RISCHIO SETTE MILIARDI DI EURO

Le piogge previste per la prima settimana di maggio in alcune aree non serviranno per limitare la portata della crisi idrica. Il 4 maggio si riunirà il Consiglio dei Ministri che dichiarerà lo stato di emergenza. Quali le conseguenze per l’agricoltura?

28 aprile 2007 | Graziano Alderighi

La previsione dell'arrivo su tutta la Penisola di pioggia abbondante nella settimana successiva al ponte del Primo maggio può contribuire a portare un po' di sollievo alle campagne e ai fiumi e ai laghi che si trovano vicini ai minimi storici.
Si prevede a partire da mercoledì 2 maggio un rapido peggioramento meteo con piogge abbondanti sulle regioni tirreniche, Liguria, Piemonte, poi Alpi e Prealpi. Anche se non sarà sufficiente a fugare tutte le preoccupazioni per il periodo estivo, si tratta di una notizia importante per le coltivazioni che si trovano in una fase di crescita particolarmente bisognosa di acqua per lo sviluppo e che contribuisce al risparmio nelle irrigazioni.

Con la forte ondata di calore prevista dalla Protezione civile per giugno le principali coltivazioni agricole rischiano infatti di morire con un crollo delle produzioni, in assenza di una adeguata disponibilità di acqua.
Tra le colture più a rischio, oltre a tutta la frutta estiva (pesche, albicocche, nettarine ecc.) e agli ortaggi (meloni, angurie, melanzane ecc.) che da soli coprono oltre 250.000 ettari, per un valore della produzione di quasi 4 miliardi di euro, ci saranno in campo riso, mais e bietole rispettivamente con 230.000, 1.000.000 e 95.000 di ettari coltivati per un valore che sfiora i 3 miliardi di euro.

Il provvedimento sulla siccità sarà esaminato dal Consiglio dei Ministri il prossimo 4 maggio.
Già da qualche giorno, comunque, si è cominciato a lavorare per predisporre gli interventi.
Nei prossimi giorni ci sarà una riunione tra Protezione Civile-Regioni e successivamente si riunirà l'unita di crisi composta da Protezione Civile, ministero dell'Ambiente, dell' Agricoltura e dello Sviluppo Economico, quest'ultimo soprattutto per le competenze energetiche.
La dichiarazione dello stato di emergenza arriverà quindi nel prossimo Consiglio dei Ministri e interesseranno certamente anche il settore agricolo.

Le soluzioni ad un fenomeno così grave non possono essere che complesse e differenziate. Dal punto di vista tecnico c’è la necessità di potenziare e rinnovare gli impianti irrigui. Dal punto di vista gestionale, invece, occorre una razionalizzazione degli interventi e delle competenze, mentre dal punto di vista scientifico bisogna indirizzare e sviluppare la ricerca verso varietà vegetali meno idroesigenti, soprattutto quelle caratteristiche dell’area mediterranea. Ovviamente, queste sono soluzioni che si possono avere solo nel medio e lungo termine. Da subito, invece, occorrono misure per evitare un nuovo dramma per le nostre campagne.
Per trovare soluzioni condivise, accettabili dal mondo rurale, senza impatti devastanti dal punto di vista economico e sociale, le organizzazioni di categoria, all’unisono, hanno chiesto di istituire a Palazzo Chigi una “Cabina di regia” per monitorare la situazione ed anticipare possibili crisi, con interventi mirati e coordinati, soprattutto nella gestione delle risorse idriche.
La costituzione di questa struttura sarebbe infatti indispensabile per avere continuamente sotto controllo la situazione e poter operare con la massima tempestività per superare le difficoltà e i momenti di critici, evitando, possibilmente che si ripeta la catastrofica esperienza del 2003, quando i danni alla produzione agricola superarono i 5 miliardi di euro.

Non ci sono al momento problemi che potrebbero far pensare ad un razionamento dell'acqua per le famiglie italiane. Lo dice al termine del Consiglio dei ministri il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. "Non siamo ancora arrivati ad avere problemi per quanto riguarda il settore domestico". Anche, se, aggiungiamo, gli sprechi rappresentano oggi un problema strutturale per il nostro Paese.
Sono 12 i capoluoghi spreconi d'Italia: Cosenza, Latina, Campobasso, Pescara, Vibo Valentia, Rieti, Bari, Siracusa, Nuoro, Agrigento, Sassari e Belluno. In queste città più del 50% dell'acqua immessa in rete sparisce. Sprechi che riguardano buona parte delle città italiane: il 44% delle 89 città per cui è stato possibile fare una stima nel rapporto Ecosistema Urbano 2007, perde più del 30% dell'acqua che immette in rete. Una situazione che diventa drammatica al Sud: a Cosenza l'acqua dispersa è il 70%, a Campobasso il 65%. Emblematico il caso di Agrigento, una città che ha una disponibilità idrica superiore alla media nazionale, ma dove l'acqua viene anche oggi erogata ogni 4-10 giorni in relazione al periodo dell'anno e alla zona della città.