Bio e Natura

IL CARCIOFO D'ALBENGA

Sebbene sia diffuso soprattutto nel Sud Italia, anche in altri territori rappresenta una coltura tipica e tradizionale. Scopriamo come viene coltivato in Liguria, in particolare nella provincia di Savona

06 dicembre 2003 | Pasqualino Baiardi

Il carciofo (Cynara scolymus L.) è originario del bacino del Mediterraneo ove tuttora sono presenti specie spontanee. Attualmente è coltivato su circa 122mila ettari, dei quali 85mila in Europa. L’Italia con poco meno di 50mila ettari è il maggior produttore , seguito da Spagna e Francia.
La coltivazione nazionale è concentrata soprattutto nel sud e nelle isole (Puglia, Sicilia e Sardegna).
Dopo pomodoro e patata è la coltura ortiva più diffusa in Italia.
Può essere annuale o poliennale e può rimanere sullo stesso terreno per un massimo di 4 anni, anche se economicamente sono più convenienti 2-3 anni.
La vegetazione si sviluppa da un fusto sotterraneo (rizoma). Raggiunge un’altezza di 120-130 centimetri con un fusto eretto che termina con un capolino di peso variabile da 150 a 400 grammi: esso è l’infiorescenza composta da un ricettacolo carnoso sul quale sono inseriti i fiori e da molte brattee di colore verde o violetto le quali possono terminare con una spina in alcune varietà coltivate (carciofo sardo, carciofo di Albenga e altri).
Il ricettacolo e le brattee interne rappresentano la parte commestibile.
Dopo la formazione del capolino principale il fusto si ramifica dicotomicamente e origina 6-7 capolini di secondo e terzo ordine, anch’essi destinati alla commercializzazione. Alla base del fusto ogni anno si formano nuovi germogli chiamati carducci i quali capaci di radicare e originare nuove piante: in coltivazione devono essere asportati in modo da lasciarne 1-2 per ceppaia. La base del fusto interrato origina anche rami quiescenti detti ovoli, provvisti di gemma apicale e gemme laterali: gli ovoli si staccano dalla pianta madre durante il riposo estivo e sono impiegati come materiale di propagazione .
Il carciofo è specie che non sfrutta eccessivamente il suolo e anzi lo lascia ben strutturato in quanto è dotato di apparato radicale esteso in lunghezza. Nell’ambito della gestione delle rotazioni colturali dell’azienda è utilizzabile per migliorare terreni compatti o male strutturati. Riesce meglio su terreni freschi, di medio impasto, ben drenati, profondi e con buona dotazione in sostanza organica.
Richiede climi miti, temperature invernali non eccessivamente basse, assenza di gelate e di precipitazioni nevose. Il limite biologico della vegetazione si aggira intorno ai 7-8 gradi. Intorno a 0 gradi per poche ore la pianta resiste ancora bene ma sono in parte danneggiati i capolini, in particolare la cuticola delle brattee ad iniziare dalle più esterne. Tra meno 4 e meno 8 gradi anche le foglie vengono danneggiate. Oltre i meno 10 gradi anche le gemme ipogee subiscono danni.
Nell’area mediterranea , a causa delle alte temperature e dell’assenza di piogge, a maggio-giugno la parte aerea della pianta dissecca e le gemme situate sul rizoma vanno in riposo. Su coltivazioni precoci e in regioni calde durante la fase riproduttiva temperature superiori a 25-26 gradi sono dannose ai capolini in formazione( interruzione dell’accrescimento delle brattee interne), molti dei quali possono non essere commercializzabili.



In Liguria il carciofo è coltivato su poco meno di 80 ettari. In prov. di Savona su 23 ettari, in particolare nel comprensorio del comune di Albenga. Le aziende interessate sono una novantina.( fonte Uff. Agr. Camera Comm. Ind. Art. e Agr. di Savona ).
Ad Albenga visitiamo l’azienda orticola del Sig. Cesare Barbera: la coltivazione del carciofo è una tradizione familiare da più generazioni.
Attualmente Cesare gestisce 4000 metri quadrati di carciofaia in coltura specializzata.
Sullo stesso appezzamento le piante vengono rinnovate ogni anno mediante nuovi ovoli di carciofo provenienti dalla Sardegna. In effetti oggi buona parte del materiale di propagazione della coltura del carciofo , non solo ad Albenga ma anche nel resto della Liguria, è di provenienza extraregionale ( di solito la Sardegna ). Reperire germoplasma locale è particolarmente difficile. Questo aspetto non rientra però tra le tematiche del nostro articolo.
Nel 2003 il costo di mercato di ogni ovolo è stato di 0,19 euro per l’agricoltore ligure.
La coltivazione inizia a giugno con una lavorazione più profonda del suolo. Con essa vengono incorporati nel terreno fertilizzanti minerali (l’azienda effettua allo scopo periodiche analisi del suolo) e letame maturo (70 quintali su 1000 metri quadrati , ogni 2 anni). Gli ovoli di carciofo sono posti su terreno assolcato, mediante trapianti manuali e scalari. Nel 2003 tre trapianti ad iniziare dal 26 giugno e fino al 14 luglio.
Gli ovoli sono posti a distanza di 1 metro tra le file e di 60 centimetri sulla fila: l’investimento è di circa 1100 ovoli su 1000 metri quadrati.
L’acqua è importante per il germogliamento degli ovoli interrati, anche in considerazione del periodo dell’anno in genere caldo e siccitoso: in questa fase viene distribuita sul terreno tra i solchi, solitamente 2 volte al giorno mattino e sera.
Ad inizio coltura viene effettuato un diserbo chimico selettivo al quale seguiranno diserbi solo manuali fino al momento nel quale le piante di carciofo sviluppate contenderanno spazio alle infestanti sulle file e lungo gli interfilari.
In estate (da metà luglio circa, fino all’inizio delle piogge autunnali) l’irrigazione è attuata a pioggia mediante tubazioni fisse poste al di sopra delle file.
Se l’andamento stagionale è favorevole nella prima decade di ottobre inizia la raccolta, mediante il taglio dei capolini centrali. Nel 2003, a causa delle elevate temperature estive, la produzione di capolini commercializzabili è iniziata con un ritardo di 3-4 settimane: si sta raccogliendo il prodotto solo da inizio novembre.
Con la raccolta autunnale (da ottobre al 15-20 dicembre) vengono raccolti oltre ai capolini centrali altri 6-8 capolini laterali in modo scalare: ogni 1000 metri quadrati di carciofaia la produzione media di questo periodo è compresa tra 7500 e 9000 capolini circa. Il prezzo medio indicativo alla produzione è nel 2003 di 0,36 euro che scenderanno a 0,26 euro a dicembre con l’arrivo sui mercati liguri di grandi quantità di prodotto extraregionale, soprattutto sardo.
Tra il fine di dicembre e l’inizio di gennaio termina il primo ciclo della coltura. Anche sulla riviera ligure in questo periodo dell’anno le temperature minime possono scendere anche solo per alcuni giorni a valori tali (anche meno 2-3 gradi) da rendere non commercializzabili i capolini ancora sulle piante.
Nel mese di gennaio le piante si presentano generalmente ingiallite dalle basse temperature. In questo periodo (di solito tra il 15 e il 30 gennaio) inizia il secondo ciclo della coltura mediante il taglio (manuale) dei fusti della pianta indeboliti dal freddo e di quelli di taglia ridotta. Per ogni ceppaia vengono lasciati di solito 2 germogli, quelli migliori e più sviluppati. La ripresa vegetativa delle piante è favorita mediante concimazioni minerali, in particolare azotate. In questo momento (fine gennaio- inizio marzo) le precipitazioni e l’umidità atmosferica rendono normalmente superflua l’irrigazione, la quale può comunque essere adottata in inverni asciutti e ventosi.
Ad aprile le piante forniscono un nuovo raccolto attuato con le tecniche dell’autunno (prima i capolini centrali e poi i laterali con tagli scalari). Fino a maggio sono prodotti in media 7 capolini per ceppaia per un totale di 7000-8000 capolini ogni 1000 metri quadrati. Il prezzo medio al produttore è di 0,32-0,36 euro in aprile e scende fino a 0,15 euro a maggio quando il mercato ligure è saturato da produzioni esterne.
Ovviamente ad aprile e maggio l’irrigazione (a pioggia) è solitamente indispensabile per fornire produzioni accettabili e costanti.
Con la fine di maggio il ciclo colturale termina e a giugno si riparte con nuovo materiale di propagazione: questo per 3 anni sullo stesso appezzamento, dal quarto anno si interrompe la coltura del carciofo e si attuano altre coltivazioni ortive per qualche tempo.