Bio e Natura

MONDO BIO: "ORA E' DIVERSO, MA UN TEMPO IL SETTORE ERA DA PREFISSO TELEFONICO. RAPPRESENTAVA LO 0,%"

Ecco il mondo del biologico secondo Luciano Didero, uno dei più sensibili e preparati esperti sul fronte agroalimentare. "I dati della produzione rilevati dagli organismi di controllo sono certi, ma sui consumi - ammette - manca un ente che ne analizzi gli andamenti"

29 novembre 2003 | T N

Luciano Didero ha assunto negli anni molteplici ruoli nell'ambito del settore agroalimentare. Laureato in chimica industriale, è stato responsabile dell’Ufficio studi e ricerche sulla Qualità per la Coop Italia; e poi dell'Ufficio ricerca e sviluppo del Ciam, ora Unibon; quindi del Progetto salute e ambiente dell'Aica, Lega delle Cooperative.
A partire dal 1988 ha dato avvio allo studio "Qualità & Comunicazione", particolarmente attivo nella consulenza alle imprese agroindustriali e commerciali. La sua esperienza si estende anche ai prodotti da agricoltura biologica. Pubblica peraltro un prezioso libro ch'è da considerarsi un po' una summa, precisa e particolareggiata, circa la storia e le dinamiche evolutive dell'intero comparto. Didero cura inoltre eventi e convegni, collabora per prestigiose testate dell'agroalimentare e sviluppa ricerche su biologico e mercato.


Nel 1993 lei ha pubblicato un prezioso volume, Il biologico in Italia. Il caso e la necessità, che faceva il punto sul comparto bio nel nostro Paese. Ecco, a distanza di dieci anni, cosa è cambiato da allora?
All'epoca se ne parlava molto poco, ovviamente. Il bio era, come si suol dire "da prefisso telefonico" (cioè 0,%).
Era una cosa da "happy few"; qualcuno rimpiange quell'epoca.
Per fortuna oggi non parliamo più di una élite, ma se non di un vero mercato, almeno di alcuni buoni segmenti e alcuni minori.

Le notizie che si susseguono sono alternanti. Ora di segno positivo, ora invece aperte a scenari poco incoraggianti. Come mai queste contraddizioni sul fronte della comunicazione? Il consumatore corre il rischio di rimanere disorientato.
Oggi del bio se ne parla: anche troppo, non sempre in modo documentato; alcuni "ci marciano", con dati se non proprio taroccati certo indirizzati a gettare un po' di fango su un fenomeno/settore che non lo merita.
Per esempio, per quanto riguarda i dati: quelli della produzione sono "certi"; rilevati dagli Organismi di controllo che fanno bene il loro mestiere; sui consumi c'è sempre stata un po' di incertezza, il che ha portato all'abuso del termine "stima", che non amo ma devo usare anch'io.
Quel che è certo è che ci vorrebbe un Ente che rilevasse anche mercato e consumi; non sto parlando della frutta nei mercati, che mi sembra poca cosa.

A seguito dei vari scandali alimentari si registra un forte impulso nelle vendite di prodotti bio. A cosa è dovuto esattamente questo fenomeno? Al fatto che le produzioni da agricoltura biologica vengano percepite come genuine o, piuttosto, come le più controllate?
In questo caso, e positivamente, genuinità e controllo vanno bene insieme; la prima senza la seconda non esiste.
I "controllori" hanno cominciato a farsi conoscere tra i consumatori.



C'è qualcuno che cavalca il biologico in maniera strumentale e ai danni di chi vi aderisce invece per principio e onestà d'intenti? Si può far qualcosa per preservare lo spirito di fondo? O vi è il rischio che i grossi gruppi alimentari diventino leader anche nel segmento bio?
L'argomento è polemico, inevitabilmente; il bio in Italia (e non solo) ha avuto il suo "turbo" nel Regolamento 2078, che aiutava chi voleva fare la conversione della produzione in senso ecologico. Quindi "senza chinica". Per il bio era una opportunità che non si poteva lasciare perdere. Così era facile ricevere soldi per fare una operazione, in sè oportuna e corretta.
Ma, purtroppo, solo una parte del prodotto era in grado di raggiungere il mercato e il consumatore.

Perchè?
Per due ragioni. Perchè chi aderiva ai piani di conversione era aiutato per farla ma non necessariamente per portare il prodotto al consumatore; così molto diventava "convenzionale"; termine non offensivo evidentemente, ma "poco bio". E la 2078, malauguratamente, non finanziava l'attività più importante; comunicazione e pubblicità.
Per cui, che senso ha fare un prodotto "nuovo" se non lo si fa sapere?

Tra i detrattori del biologico ci sono coloro che ritengono poco credibili le certificazioni, ritenendole solo cartacee e poco veritiere. E' un timore fondato?
No!

I prodotti fitosanitari, i concimi... Aumentano esponenzialmente. Quanto questo incremento del numero dei presìdi incide sul comparto bio? E' una situazione che può nuocere all'idea di biologico?
Il bio non impiega presidi chimici; nemmeno OGM.

Qual è il comparto produttivo che fa da maggiore traino nell'ambito delle produzioni bio?
L'ortofrutta.

Visto il quadro attuale, come vede il futuro?
Per rispondere ci vorrebbe... un altro libro. Fate voi da editori?
Comunque, si può dire che dopo il "magico" 2001, da tutti considerato anno di successo, c'è stato un certo rallentamento del mercato (non un calo, ma per così dire una minore spinta propulsiva ) e una certa uscita di aziende agricole, in particolare in Sardegna e Sicilia (ma il potenziale italiano rimane intatto).
Tuttavia crescono ancora i trasformatori, e di molto. Il che risponde indirettamente ad alcune questioni poste prima. Protagoniste "di rango" stanno diventanto aziende "di marca" (media, grandi, multinazionali) e la GDO (in particolare con le private label, croce e delizia del settore). Di questo, però parliamo un'altra volta.