Massime e memorie

PUZZO D'AGLIO E SUDORE

21 febbraio 2004 | T N

Conosceva bene, invece, i villani, quelli soprattutto del contado bolognese fra i quali era cresciuto, passandovi l'infanzia e buona parte della giovinezza. Li individuava a naso da lontano, dal loro puzzo di aglio e di sudore, diverso dal fetore di grasso di pesce, di limo, di vincastro e di torbida acqua palustre dei ferraresi. Ne aveva cantato nella loro rustica lingua i balli durante i colossali festini solstiziali, le grandi scorpacciate di "sughi" dopo la vendemmia, i maldestri, grossolani approcci amorosi; si era fermato a tratteggiare con malcelata ammirazione certe solenni figure di patriarchi come Barba Pol dalla Livradga, Barba Plin, Barba Bigo della Valle, Barba Andriol, vecchi saggi, reggitori rispettatissimi, di grandi famiglie: erano loro a dare il via ai giorni cruciali della mietitura, della trebbiatura (la "tibia") dei grani, della scavezzatura della canapa, della seganda dei fieni.

Piero Camporesi


Testo tratto da: Piero Camporesi, Il palazzo e il cantimbanco. Giulio Cesare Croce, Garzanti, Milano 1994