La voce dell'agronomo
QUANDO NON SI RIESCONO PIÙ A COMPRENDERE I PESI E LE MISURE UTILIZZATI DALLA MAGISTRATURA ITALIANA
Due anni e mezzo con la condizionale a chi ha ammazzato con l’auto, ubriaco e drogato, tre passanti. Quindici giorni a chi parcheggia in doppia fila, rifiutandosi di spostare la macchina. Stupisce l’evidente mancanza di proporzionalità nelle condanne per due reati di proporzioni tanto diverse
09 luglio 2005 | Alberto Grimelli
Alle volte risulta veramente ostico comprendere i metri di giudizio adottati dallâAutorità giudiziaria.
Per chi non è addentro alle questioni legali capire le ragioni per cui si è giunti a una così manifesta sproporzione nelle condanne per reati evidentemente tanto differenti, per gravità e conseguenze, è estremamente difficile.
So che la Giustizia viene amministrata da uomini, da persone il cui fondamentale compito è interpretare le leggi. In un Paese come lâItalia dove la formulazione e lo stesso linguaggio utilizzato danno adito a diverse decodificazioni, anche da parte degli stessi promotori e sottoscrittori della norma, il lavoro di magistrato è quantomai complicato.
Massimo rispetto e considerazione, quindi, per quanti sono quotidianamente impegnati nelle aule giudiziarie e negli uffici dei Palazzi di Giustizia.
Anche se ben ne comprendiamo il valore, alle volte i risultati di tante fatiche e lavoro ci paiono però francamente sconcertanti.
Gli esempi più lampanti sono, oltre tutto, anche quelli più recenti.
Due anni e mezzo, con la condizionale, a un uomo riconosciuto colpevole di aver ucciso, travolgendoli con la sua auto, tre persone. Velocità accertata del mezzo: circa 180 chilometri allâora su un viale di Torino. Lâindividuo era ubriaco e sotto lâeffetto di stupefacenti.
Quindici giorni, con la sospensione della pena, a un uomo che si è rifiutato, in malo modo, di spostare la propria auto in doppia fila che impediva lâuscita di un altro mezzo. Si tratta, ha sentenziato la Corte di Cassazione, di violenza privata.
Lâevidente sproporzione tra le due condanne è dolorosamente lapalissiana.
Eppure è proprio il concetto di proporzionalità uno dei capisaldi della nostra società , ma pare che, almeno in questa occasione tale principio generale sia stato eluso dalla magistratura.
Lâovvia spiegazione di quanto è accaduto sta nellâautonomia di giudizio del singolo giudice, una prerogativa che però ci espone al rischio di sentenze tanto difformi, se non contrastanti, da lasciare interdetto il povero cittadino.
Se lâindipendenza della magistratura è un principio che non può essere messo in discussione, è invece lecito domandarsi se, vista lâestrema discordanza di giudizio da regione a regione, da collegio a collegio, la legge è veramente uguale per tutti.