La voce dei lettori

Liquidi di frittura. Meglio l'olio di oliva o l'extra vergine?

"Premetto che ero convinto che gli extra vergini fossero da preferire. Ora non lo sono più". E così Michele Labarile, responsabile qualità per la Monini, difende l'olio di oliva. Ma ha torto o ha ragione?

20 giugno 2009 | T N



Gentile Dr Caricato,

leggo con assiduità ed interesse il suo magazine, ed in molte occasioni ho condiviso le battaglie ideali sostenute, in particolare quella per l’abolizione delle cosiddette ampolline nei ristoranti.

Considero Teatro Naturale uno strumento formidabile e stimolante nel nostro settore per alimentare il dibattito e la cultura sull’olio di oliva.
Le confesso tuttavia che leggendo la sua risposta alla domanda del sig. Monaco (link esterno) sul perché la Monini consiglia l’olio di oliva e non l’extra vergine in frittura, mi sono ritrovato per la prima volta in disaccordo con lei.

Le premetto che negli anni passati ero del tutto convinto che l’olio extra vergine di oliva in frittura fosse da preferire persino all’olio di oliva.
Parlando tuttavia ripetutamente e frequentemente con numerosi consumatori, essi mi hanno testimoniato di avere più volte provato l’extra vergine in frittura e tutti indistintamente lamentavano, rispetto alla usuale frittura con olio di semi, un colore scuro, un fritto descritto come “pesante, grasso”, e formazione di fumo durante la frittura.

Inoltre frequentemente produttori o semplici consumatori mi chiedono un consiglio su oli conservati non opportunamente o dimenticati in cantina ben oltre la data di scadenza e tutti mi chiedono se è possibile utilizzarli…almeno per friggere.

Con gli anni, con l’esperienza e l’età che avanza, ho dovuto coscientemente modificare il mio approccio alla frittura, partendo proprio dalle considerazioni di carattere tecnico, ma anche da elementi culturali comuni a semplici ma accorte massaie, aggiungendovi il contributo delle mie conoscenze dirette in materia.

Partirò proprio dalla mia considerazione, ripresa nel suo articolo, che “l’uso dell’extra vergine in frittura …. potrebbe coprire il gusto, dando una sensazione di maggiore untuosità al fritto, quando si friggono alimenti dal sapore delicato".

In realtà un alimento in cui sia evidente il sapore dell’olio di frittura (buono o cattivo che sia), viene percepito come più ricco o unto di olio, e di conseguenza viene descritto dagli utilizzatori come “grasso, pesante, untuoso”.
Ma gli stessi consumatori lamentano anche una eccessiva formazione di fumo durante la frittura.

Quest’ultimo fenomeno ha in realtà ha una base scientifica, in quanto il cosiddetto “punto di fumo”, spesso evidenziato anche sulle etichette degli oli di semi, è fortemente influenzato dal valore dell’acidità libera, e varia da 180-190°C in un extra vergine di qualità discreta con 0,4% di acidità, ai 220-230°C per la maggior parte degli oli di semi la cui acidità è generalmente inferiore allo 0,1%.

In pratica gli acidi grassi liberi presenti (leggi l’acidità), ma anche le sostanze volatili, condensandosi nell’aria durante la frittura formano fumo, fenomeno ben evidenziato e naturalmente poco apprezzato dai consumatori.

A questi elementi che obiettivamente sfavoriscono l’utilizzo dell’olio extra vergine, se ne deve aggiungere un altro, questa volta di natura psicologica, ovvero la convinzione che per la frittura si possa utilizzare un olio più “scadente”. Questa convinzione è purtroppo diffusissima in molti consumatori che acquistano, pur dubbiosi, oli extra vergini a prezzo stracciato….”tanto è per friggere”.

Inoltre, proprio in occasione di “Frittomisto” ho seguito le lezioni di frittura di un famoso chef che, patito per l’extra vergine, raccomandava addirittura l’uso di un olio a denominazione di origine (peraltro dal prezzo spropositato !), precisando tuttavia che naturalmente si devono preferire quelli ottenuti dalle ultime olive della campagna.

Lo stesso chef, riferendosi ad una nostra bottiglia di olio di oliva, aggiungeva: “per carità l’olio di oliva no !, quello è estratto con solventi … semmai usate l’olio di semi !”. A parte quest’ultima castroneria, in realtà lo chef avrebbe potuto continuare ad infierire, aggiungendo che l’olio di oliva è ottenuto da oli lampanti (anticamente utilizzati per l’illuminazione) e “non commestibili”, e che hanno “subìto” (termine passivo e negativo) un processo di raffinazione!

Vede Dr Caricato, talvolta anche i cultori dell’olio extra vergine rischiano di scivolare in luoghi comuni che a mio avviso traggono origine anche dal fatto che, pur di santificare in ogni luogo l’extra vergine, tendono a dare un’idea negativa dell’olio di oliva. Il consumatore, spesso incoraggiato all’uso dell’extra vergine anche in frittura dal luminare di turno (potremmo anche dire dal purista o ancor meglio “puritano di turno”), spaventato dalle definizioni negative riferite all’olio di oliva, (codificate persino nella informazione obbligatoria prevista per legge per l’olio d’oliva …che ha subìto un processo di raffinazione…), ma anche frustrato dai risultati tecnici ottenuti dalla sua frittura, torna a consumare l’olio di semi, ignorando perfettamente che l’olio di semi oltre ad aver “subito” lo stesso processo di raffinazione, è, quello sì…”estratto mediante solventi”.

Devo altresì precisare che sia il materiale distribuito ai partecipanti al corso di degustazione, sia le informazioni fornite verbalmente non erano così nettamente contrarie all’utilizzo dell’extra vergine. Si ammetteva insomma la possibilità di friggere con l’extravergine purché la scelta non ricadesse su uno qualsiasi, di basso costo….tanto è per friggere.

Questo è in generale l’appello che ho inteso lanciare a “Frittomisto”, assieme ad alcuni semplici consigli per meglio apprezzare l’olio extra vergine di qualità. Per esempio quello di utilizzare in cottura minime quantità di olio extra vergine, reintegrando la giusta porzione solo negli ultimi minuti di cottura o ancor meglio sul piatto finito prima di servire. Ciò al fine di preservare al meglio l’aroma inconfondibile dell’olio assieme al suo contenuto in polifenoli, che altrimenti sarebbero andati distrutti!

Gentile Dr Caricato, mi auguro che Teatro Naturale possa avviare un proficuo pubblico dibattito sull’argomento interessantissimo della frittura, e colgo l’occasione per il suo tramite di invitare il sig. Monaco a prendere contatto con la nostra azienda. Avrei infatti piacere di invitarlo, in occasione dei corsi di degustazione che svolgiamo presso il “frantoio del Poggiolo Monini” per discutere serenamente di quella che non è l’ultima insidia contro l’extravergine di qualità a favore di un prodotto industriale, ma semplicemente una pacata diversificazione di due prodotti, l’olio extra vergine di oliva e quello di oliva entrambi frutti della nostra agricoltura e di quella del mediterraneo.

Michele Labarile
Direzione Controllo Qualità Materie Prime Monini Spa


LA RISPOSTA DI LUIGI CARICATO

Con tutta sincerità, io sono dalla parte degli oli di oliva tutti, includendo tutte e quattro le categorie merceologiche disponibili al dettaglio.
Non sono perciò contrario agli oli di oliva in senso stretto, né tanto meno agli oli di sansa di oliva. Ma la mia preferenza, almeno in casa mia, la riservo agli extra vergini.

Nessuna preclusione, dunque. D’altra parte, sono fortemente convinto che il consumatore possa scegliere liberamente tra i vari grassi.
Non entro pertanto nella sfera privata della gente, anche se di riflesso le scelte sbagliate di costoro si ripercuotono inevitabilmente anche su di me, in quanto cittadino di uno Stato assistenziale.
Pago dunque anch’io, sul piano economico, le cure necessarie a rimettere in sesto coloro che si alimentano male ignorando il buon senso, ma fa parte del gioco. La sanità nazionale, fondata su un principio straordinario, si assume i costi della salute dei cittadini. E pazienza se questi non facciano prevenzione.

Sono però intransigente con la ristorazione, perché essendo un abituale frequentatore di locali, esigo che questi rispettino il mio diritto alla salute, cui tengo moltissimo. Sarei dunque favorevole non solo a comminare severe sanzioni e far chiudere addirittura i locali che non rispettino le buone norme per una corretta frittura, ma perfino alla fustigazione di chef e titolari degli esercizi pubblici.
L’avventore di un locale ha diritto di mangiare sano, e pertanto la scelta dei grassi da impiegare in frittura non può essere lasciato al caso o, peggio, ancorata al risparmio.

Ora, tornando alla sua lettera: ho grande rispetto per la sua conversione, ma non ne condivido i contenuti. D’accordo, non sono da bocciare gli oli di oliva, infatti ritengo sia la giusta soluzione per la ristorazione; ma non è nemmeno giusto assecondare i consumatori quando questi esprimono ignoranza nelle loro valutazioni.

Lei scrive: “ numerosi consumatori (...) mi hanno testimoniato di avere più volte provato l’extra vergine in frittura e tutti indistintamente lamentavano, rispetto alla usuale frittura con olio di semi, un colore scuro, un fritto descritto come ‘pesante, grasso’, e formazione di fumo durante la frittura”.

Ebbene – mi creda – il consumatore va educato, e come i bambini piccoli non può essere assecondato in tutto, va aiutato a capire quasi prendendolo per mano e chiarendo ogni minimo dubbio. Per questo ho chiarito tutti gli aspetti più controversi nel mio libro Friggere bene, scritto con lo chef Giuseppe Capano per le edizioni Tecniche Nuove: qui link esterno o qui link esterno



C’è una scarsa conoscenza dell’argomento frittura e tanti luoghi comuni e pregiudizi che affollano le conversazioni di molti in tema di frittura. Sono convinto che su questioni come il punto di fumo, la scelta dei grassi più idonei e tanto altro ancora possa avere grande peso le affermazioni di alcuni nutrizionisti che proprio al riguardo ho voluto interpellare, riportando nel libro quanto occorre sapere per sciogliere ogni esitazione.

Non ritiene che sia meglio affidarsi a studiosi che con le loro puntuali ricerche hanno qualcosa di buono da dire in tema di frittura? Io, tra i ricercatori che conoscono sia la materia prima, sia le dinamiche della frittura, e tra i consumatori che dichiarano certe loro sensazioni, preferisco di gran lunga i pareri degli studiosi.

Non posso qui riportare quanto è contenuto nel libro, e non resta altro che leggerlo, dunque.
Lei ha ragione da vendere nel sostenere che i puristi, o, come sarcasticamente li definisce, i “puritani del gusto”, possano a volte eccedere nelle loro valutazioni, ma anche lei, alla stessa stregua, essendo parte di un’azienda olearia, ed essendo direttamente implicato in un prodotto che ha una sua vita commerciale, non può per questo essere oggettivo nell’esprimere una preferenza verso gli oli di oliva piuttosto che gli extra vergini.

Nel libro si fa accenno alla qualità degli extra vergini, che è un aspetto da pochi considerato. Anche perché è proprio vero: un cattivo extra vergine non farà mai un buon fritto.

Però, a scanso di equivoci, se proprio si ha da stilare una classifica, un extra vergine di qualità è di gran lunga superiore a qualsiasi olio di oliva.


Luigi Caricato