La voce dei lettori

Il ritorno dell'olio lampante quale combustibile?

Ci scrive il professor Angelo Godini, riguardo alla proposta: Forse esistono altri modi per sperare di poter continuare a tenere in vita gli splendidi oliveti salentini

10 gennaio 2009 | T N

Gentilissimo Dr Caricato,

mi riferisco all’articolo apparso nel n 44 del 20.12.2008 della Sua autorevole e godibile rivista on line Teatro Naturale, dal titolo:”Contro la crisi olivicola, utilizzare olio lampante come combustibile” (link esterno).
Per la verità, identico argomento proposto dall’On.le Adriana Poli Bortone avevo avuto opportunità di leggerlo su “La Gazzetta del Mezzogiorno”, edizione di Lecce, del 18.11.08, ma come idea di Pantaleo Piccinno, Presidente della Coldiretti di quella provincia.

Come non ho mancato di fare conoscere al Sig. Piccinno il mio pensiero in merito, così credo utile farlo conoscere anche alla più vasta platea dei lettori di TN.

Partiamo dunque dalle illuminanti (è il caso di dirlo, visto che stiamo parlando di olio lampante!) quotazioni che Marcello Scoccia ci comunica settimanalmente con la sua rubrica “Borsino dell’olio” e che io ritengo più attendibili di quelle (ufficiali) delle Borse Merci delle varie Camere di Commercio.

Orbene, M. Scoccia riporta che l’olio d’oliva “raffinato da lampante” (circa l’80% della produzione d’olio dell’intera penisola salentina) quota intorno a 2,10 €/kg e che, quindi, l’olio lampante crudo quota 1,80-1,90 €/kg: se facciamo un po’ di conti ci accorgiamo che un “barile” (circa 155 kg) di olio lampante verrebbe a costare tra 280 e 295 Euro (accise escluse), contro i 170 Euro del barile di gasolio (accise incluse). Io capisco il desiderio di Piccinno e forse anche della Poli Bortone di non vedere l’olivo scomparire dal Salento, sostituito da un manto di pannelli fotovoltaici oppure da una selva di pale eoliche (il Salento, oltre che piatto, è anche ventoso).

Capisco anche l’altrettanto rispettabile desiderio di sottrarre l’olio lampante (non solo salentino) dal mercato per evitare turbative a quello dell’extravergine e/o vergine. Vorrei tuttavia che qualcuno mi spiegasse quanto costerebbe alla comunità l’utilizzazione di un combustibile tanto più costoso dei derivati del petrolio greggio e, eventualmente, chi dovrebbe farsi carico di chiedere ai cittadini un supplemento di tasse per coprire il differenziale di costo.

Sono passati oltre due secoli da quando Carlo III di Borbone, poi re di Spagna, promulgò una legge con la quale esentava dal pagamento di tributi i sudditi che piantavano nuovi oliveti in Puglia, Calabria, Sicilia ecc. per produrre olio lampante da esportare in tutta Europa per illuminare strade, piazze, case ecc.

All’epoca, si può anche dire che il Salento era quella che oggi è l’Arabia Saudita, ed i vascelli alla fonda nel porto di Gallipoli nel 1796, ritratti dal pittore di corte Philipp Hackert, ne sono una eloquente dimostrazione. Ma ricordiamo anche che è da oltre un secolo che l’energia elettrica da altre fonti ha sostituito l’olio per illuminazione.

Forse esistono altri modi per sperare di poter continuare a tenere in vita gli splendidi oliveti salentini (o almeno una parte di essi, la più rappresentativa), una volta che saranno venuti meno, a partire dal 2014, i sussidi comunitari al settore olio d’oliva. Ma questo è un altro discorso…...

Prof. Angelo Godini
Direttore del Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali
Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari