La voce dei lettori
Ed ecco l’assalto alla diligenza da parte di Coldiretti
Le dichiarazioni vitivinicole e l'etichettatura del made in Italy per l'olio. Romano Satolli scava nel grande caos italiano. Quanti soldi si beccano i Caa? Intanto le spese dello Stato o delle Regioni aumentano
08 marzo 2008 | T N
Caro direttore,
complimenti per la risposta da lei data al Prof. Montemurro (link esterno), che condivido in pieno essendo anche io, come lei, non allineato anche se ho le mie preferenze. Mi accomuna anche il fatto delle critiche al Governatore della Sardegna, il peggiore che abbiamo avuto dalla data dellâautonomia.
Ha ragione nel dire che lâagricoltura ha bisogno di rappresentanti che non vengano dalle organizzazioni di categoria o sindacali, in quanto portatori di interessi di bottega più che dei veri agricoltori.
Sarebbe interessante una sua indagine sulle decisioni dellâAgea di passare le sue competenze alle Regioni. Parlo per le problematiche relative al settore vinicolo. A parte il fatto che lâItalia è lâunico Paese che ha dovuto chiedere una proroga per la scadenza delle dichiarazioni vitivinicole, dal 10.12.2007 al 31.1.2008 (proroga arrivata il 10.12, quando le persone più scrupolose ed attente avevano già adempiuto ai suoi doveri), in quanto a distanza di anni non siamo stati capaci di attivare un sistema informatico funzionante e semplice, in Sardegna gli ex Ispettorati Agrari, ora Argea, non sono più in grado di entrare nel sistema dellâAgea per procedere agli aggiornamenti del catasto viticolo, per i passaggi di conduzione, per i contratti di conduzione, perché non ha le PW per accedervi.
Allora a chi ci si deve rivolgere per gli aggiornamenti? Ai CAA delle organizzazioni di categoria. Poiché le cantine sociali si sono assunte il compito di realizzare lâaggiornamento dei fascicoli aziendali mediante gli F2 dei soci conferitori totali, dovrebbero rivolgersi presso uno di questi, per cui se un socio ha delegato per esempio la CIA, dovrebbe ritirare la delega alla stessa e passarla al CAA scelto dalla Cantina Sociale, che potrebbe essere quello della Coldiretti o dellâUnione Agricoltori, con un caos facilmente comprensibile. Infatti è partito lâassalto alla diligenza da parte della Coldiretti, fin da quando le dichiarazioni telematiche erano fattibili solo tramite i CAA per accaparrarsi i clienti.
Ricordo che un amico dirigente regionale della Coldiretti si vantava di aver acquisito quasi tutte le cantine sociali sarde, a discapito della altre sue consorelle. Ho parlato con il capo di gabinetto dellâAssessore allâAgricoltura, il quale mi ha detto che non vede il problema per il viticoltore ribadendo, alla mia osservazione che sarebbe stato preferibile essere gli uffici regionali adempiere a queste incombenze, che hanno delegato ciò ai CAA (compresi i libretti UMA, per i quali corrispondono dei compensi adeguati) in quanto gli ex ispettorati hanno altro da fare (non saprei che cosa fanno, dato che in campagna non vanno, i sopralluoghi per i nuovi vigneti iscritti alle doc non vengono fatti per questioni di rimborsi spese o vengono fatti con notevoli ritardi, tanto per fare qualche esempio).
E cosi i CAA o, meglio, le organizzazioni agricole con in capo la Coldiretti, hanno una nuova fonte di finanziamento da parte delle Regioni, in funzione del Federalismo.
Allora perché questi apparati burocratici non passano i dipendenti ai CAA e cosi diminuiamo le spese dellâapparato pubblico? Mi dicono ad esempio dalla Cantina sociale di Berchidda (SS) che prima per telefono, collegandosi con lâIspettorato Agrario, aggiornavano i fascicoli aziendali dei soci, mentre ora, avendo un socio che ha altre attività agricole con un fascicolo aziendale presso la Coldiretti, non è stato ancora aggiornato e non riescono a farlo con la stessa facilità di prima.
Eâ questa la tanto decantata deregulation? Quanti soldi si beccano i CAA con questi incarichi, aumentando le spese dello Stato o delle Regioni, le quali, oltre a non utilizzare i propri dipendenti, devono pagare per far fare ad altri quello che dovrebbero fare in casa?
Vorrei parlare di questo andazzo con qualche politico candidato, ma chi avrà il coraggio di mettersi contro questi serbatoi di voti rappresentato dai sindacati agricoli?
Con i miei più cordiali saluti, e sempre più disgustato da questo stato di cose, le auguro di continuare nelle sue sacrosante battaglie.
Romano Satolli
Unione Nazionale Consumatori, Presidente Comitato Sardegna
P.S. A proposito del Made in Italy per lâolio di oliva, perché non ovviare al procedimento di infrazione dellâUnione Europea contro lâItalia, convincendo i produttori ed imbottigliatori a scrivere volontariamente in etichetta âProdotto in Italiaâ, come per il vino, informando adeguatamente il consumatore dicendogli: guarda che se non trovi questa dicitura in etichetta, lâolio che acquisti è ottenuto da olive coltivate in diversi Paesi comunitari. Se però vuoi garantirti un olio di una determinata zona, particolare, scegli le etichette con la DOPâ.
Però, a monte ed a valle di tutto ci devono però essere controlli seri e costanti come avviene per il vino. Non mi sembra che sia necessario continuare la guerra contro lâUE e rischiare di pagare unâaltra sanzione per infrazione. Cosa ne pensa?
Roberto Satolli
Caro presidente Satolli,
le sue riflessioni sono molto importanti e ovviamente sono da me condivise, punto per punto. Purtroppo la realtà è quella che ha descritto. Chissà cosa emergerà per il futuro, vedremo.
Quanto alla questione del made in Italy, vedrà , l'affronteremo come al solito in tutti gli aspetti, in uno dei prossimi numeri di "Teatro Naturale". Di soluzioni ce ne sarebbero, ma, evidentemente, il grande errore sta sulla mancanza di tempestività : in Italia si interviene solo quando tutto diventa impossibile. Però c'è anche dell'altro, di cui scriverò più avanti, vorrei attendere per ora gli sviluppi della vicenda, e, le assicuro, ho qualcosa, più di qualcosa da scrivere in proposito.
Luigi Caricato