La voce dei lettori
Tette, culi e politica. Quale attinenza con il mondo rurale?
Ci scrive il professor Montemurro: è come mescolare un ottimo extra vergine con un nauseabondo lampante. Risponde Luigi Caricato: bisogna intenderci su quale tipo di blend si vuole puntare
01 marzo 2008 | T N
Egr. sig. Caricato,
premesso che non sono berlusconiano, vorrei farle presente che a mio modesto parere sarebbe meglio che una sì bella ed interessante rivista, come quella da Lei diretta, non ospiti, anche nella sezione "campo libero", articoli come quello da Lei redatto: "Tette e culi al Parlamento" (link esterno),
Sempre a mio parere, tale articolo non rientra nelle tematiche proprie della rivista, Settimanale Telematico di Letture, Visioni e Approfondimenti dal Mondo Rurale, non avendo appunto alcuna attinenza con il mondo rurale.
Mi consenta una metafora: è come mescolare del buonissimo olio extravergine di oliva, ricco di fruttati, con un maleodorante olio lampante!
Nel confermarLe che continuerò ben volentieri a seguire la sua interessantissima testata, La saluto cordialmente.
Prof. Pasquale Montemurro
Dip. di Scienze delle Produzioni Vegetali
Facoltà di Agraria
Università di Bari
Grazie per i complimenti, sempre graditi.
Circa il blend, occorre chiarire alcuni aspetti chiave.
La sgradevolezza del lampante cui lei allude è data dal riferimento all'accoppiata tette&culi o al fatto che occuparsi di politica in questo periodo così caldo ed effervescente sia, almeno per un atto di prudenza, in qualche modo sconsigliabile?
Nell'articolo in questione (link esterno) si ironizza su una costante della destra italiana, che consiste nel presentarsi strutturalmente debole di fronte alla società , per via della scarsa sensibilità nell'individuare i personaggi giusti da proporre quali rappresentanti alla corsa in Parlamento.
La destra (ma la sinistra non è che si discosti poi di molto) insiste nel dare la priorità a figure del mondo dello spettacolo, o dello sport, attingendo spesso dal sottobosco di un mondo di individui piuttosto variegato, e trascurando al solito il mondo della ruralità senza tentennamenti.
Certe mie ironie, allora, sono più che motivate, visto che peraltro il mondo rurale, guarda caso, non ha mai avuto suoi rappresentanti in Parlamento. E mi riferisco a figure vere, concretamente legate alla ruralità , non a rappresentanti del mondo sindacale o dell'associazionismo agricolo, o comunque di appartenenti a quel vasto nucleo di soggetti politicizzati che nulla hanno a che spartire con la campagna e le sue molteplici identità ...
Da parte mia, esprimo la massima indignazione quando si filosofeggia su possibili candidati privi di storia o di motivazioni forti. E' evidente che questa progressiva banalizzazione del nostro sistema politico vada denunciata ad alta voce, e ci riguarda in prima persona.
"Campo libero" - e lei lo sa bene, lo ha ben capito - è una rubrica che è appunto completamente libera, sganciata da schemi rigidi, ed è pertanto, come tale, uno spazio che si presta a letture (e visioni) fuori dai canoni abituali: si scrive, insomma, senza freni inibitori, senza filtri (legga pure: "senza ipocrisia", male comune del Paese in cui viviamo)...
Lei dice di non essere un berlusconiano, ma io attacco (e anche duramente, e forse di più) un pessimo soggetto politico (per me, s'intende) qual è il governatore della Sardegna...
Ho come la sensazione, dunque, che più che l'allusione a tette&culi, il lampante del blend cui lei si riferisce, nasconda una connotazione politica piuttosto che motivazioni di altra natura. In questo caso, pazienza.
Io, in compenso, mi avvalgo di quella libertà così rara e di cui sono tanto fiero. Tale libertà consiste nell'essere equidistante da destra, sinistra e centro e di esprimere di conseguenza pensieri liberi, depurati da appartenenze.
Forse il male del nostro Paese sta proprio nel difetto del dover appartenere a qualcuno, e dunque nella mancanza di coraggio nel muoversi con le proprie gambe e dire "io"...
Ma queste sono considerazioni generali, che non rivolgo a lei, non conoscendola di persona...
Mi perdoni dunque se mi dilungo, ma questi pensieri è bene comunque ribadirli, ogni tanto.
Ma, torniamo a noi: il cattivo blend, con la presenza del lampante, può essere più semplicemente il fatto che si esca dal seminato, fuori, dunque, dalle tematiche riconducibili alla ruralità ?
In attesa di una sua precisazione al riguardo, le posso dire intanto che "Teatro Naturale" nasce con lo spirito di mescolare in maniera equilibrata i più svariati ingredienti di quel che si coglie nello scenario di ogni giorno, senza nulla trascurare.
Intorno al 5 per cento dei contenuti del giornale (talvolta meno, talvolta di più), va ben oltre il mondo della ruralità , come avrà notato dal 2003 ad oggi, e si sconfina anzi con sommo piacere. E volutamente, coscientemente, come già lo stesso titolo della testata, "Teatro Naturale", così inconsueto, lo dimostra: link esterno
Mi creda: non dobbiamo avere paura nell'occuparci d'altro. Ma, soprattutto: non possiamo autocensurarci. Sarebbe controproducente.
Il mondo rurale non deve rinchiudersi nel ghetto, e restare separato dal resto del mondo.
La mia grande scommessa consiste nel ridare voce e visibilità al mondo agricolo, senza che questo si ripieghi, come tende al solito, su se stesso.
In tutte le riviste per le quali ho collaborato e continuo a collaborare, insisto sempre nel convincere i miei colleghi ad andare fuori dal seminato, per non chiudersi nel proprio orticello.
E' questo il grande male del mondo agricolo: non riuscire ad aprirsi all'universo mondo.
Ha notato, invece, che le altre categorie professionali hanno guadagnato piena legittimità nell'esporre le proprie posizioni sui temi più disparati?
L'agricoltura italiana, per contro, sui giornali quotidiani (e, in generale, sui grandi mezzi di comunicazione, quelli che contano) nemmeno appare, ma quando appare, appare per conto di altri, e non quale portavoce di se stessa; e, in ogni caso, appare sempre all'interno di un ghetto, di un sistema chiuso, non liberamente nelle pagine dell'economia o della cultura, o del costume o d'altro ancora.
L'agricoltura soffre d'inedia e ha la grave colpa di non avere intellettuali, al suo interno, desiderosi di sdoganarsi e di sdoganare l'agricoltura stessa. Gli stessi intellettuali sono poco propensi ad aprirsi al mondo altro da sé, preferiscono piuttosto lamentarsi e piagnucolare o grattarsi infine la pancia immalinconiti.
Io no, non voglio questa vetusta immagine dell'agricoltura: voglio una agricoltura che non sia quella che si vede e nemmeno quella che si intende far vedere agli altri. Non credo nell'agricoltura di chi finora ha ridotto così male l'agricoltura; e nemmeno voglio l'agricoltura dei santoni di Slow Food.
Voglio semmai un'agricoltura che sappia dire "io" e che non si vergogni di esprimere cultura e prendere posizione, indipendentemente dalle idee personali.
Ci ritroviamo su questo punto? Attendo una sua risposta.
Quanto invece al blend: ho come la sensazione che lei confonda il lampante con l'olio di qualità diverso dalle caratteristiche organolettiche cui lei è abituato a percepire comunemente all'assaggio. E' una questione di educazione al gusto. Lei sa bene che laddove non si conosce una certa qualità del prodotto (non esiste una qualità , ma tante sfaccettature della qualità ), spesso si finisce con lo spacciare per difetto ciò che difetto non è.
Le idee possono non piacere, possono non essere condivise, ma restano, quando formulate, il segno evidente e palpabile della raggiunta civiltà .
Non restiamo chiusi in noi stessi, liberiamoci dai fantasmi.
Luigi Caricato