La voce dei lettori
Etichettatura d'origine per gli oli di oliva, i nostri lettori si schierano
Un coro polifonico di voci: basterebbe controllare di più, ma alla fine si esce contenti e gabbati; c'è un clima di apertura e confronto, anche perché la trasparenza premia
23 febbraio 2008 | T N
Ed eccoci nuovamente ad affrontare il tema spinossissimo e tanto attuale dell'etichettatura d'origine degli oli di oliva...
AGOSTINI: BASTEREBBE CONTROLLARE DI PIUâ
Gentile direttore,
Le faccio i complimenti per il suo giornale, veramente utile per tutti noi oliandoli. Sono un frantoiano, imbottigliamo l'olio che produciamo ecc. mà a volte per vari motivi siamo costretti ad acquistare olio; da oggi secondo il Ministro( o meglio dire le varie organizzazioni sindacali, che a tutto pensano meno agli interessi dei produttori!!!) noi ogni volta che acquistiamo olio di varia provenienza dobbiamo rifare le etichette? oppure vorrei sapere i nomi dei frantoi che acquistano le olive all'estero e le lavorano in Italia, ma questi si rendono conto delle "stronzate che dicono?" lo sanno che non conviene trasportare l'acqua o la sansa? ed invece arriva l'olio già pronto da confezionare? secondo me il 100% italiano già c'è basterebbe controllare di più; noi lo facciamo sin da quando uscì la legge e non abbiamo mai avuto problemi.
Il problema vero è che spesso viene spacciato per olio Italiano olio estero basta avere gli oliveti dire che producono 2/3 q.li a pianta ed il gioco è fatto, ma, chi fa questo sono solo alcuni frantoi che poi rivendono alle grosse ditte imbottigliatrici non è meglio controllare questo che creare confusione in un settore già pieno di molti altri problemi? il Ministro lo sa che il problema è sempre per i più piccoli e deboli? le grosse imprese invece" fatta la legge trovato l'inganno?"
Mi scuso con Voi se sono stato un pò confusionario, ma era per dirvi come il Vostro lavoro sia molto importante per noi e sono quasi sempre d'accordo con le vostre idee sempre competenti e precise. A tutta la redazione cordiali saluti .
Gaetano Agostini
PORTARO: CONTENTI E GABBATI
Risposta alla lettera del Sig. Andrea Landini: link esterno
Credo che la cosa che pochi, anzi pochissimi considerano è che la maggior parte dei consumatori non sanno nemmeno cosa sia un olio d'oliva.
Siamo tutti pronti a criticare sparando a raffica sui confezionatori ma ci siamo fermati a pensare che loro vendono quello che noi richiediamo?
Se il consumatore orienta la sua scelta solo ed esclusivamente in base al prezzo o se volete anche in base a quello che ritiene di "qualità " la colpa è dei confezionatori che lo accontentano?
Non credo proprio. Quello che manca è la cultura dell'olio, e questa non cambierà certo grazie ad un decreto ministeriale o grazie alle "folcloristiche" manifestazioni della Coldiretti, che mirano solo a
demonizzare il comparto ulivicolo, quando invece dovrebbero difenderlo.
Campagne ingannevoli??? L'olio di oliva italiano è perfettamente identificabile. Le diciture "100% italiano" sono ormai presenti a caratteri cubitali sulle bottiglie.
Semmai siamo NOI consumatori ad essere troppo pigri per accorgercene.
Per quanto riguarda la sicurezza del consumatore, credo che essa sia garantita abbastanza. L'olio che troviamo sugli scaffali, anche quello estero, rispetta in pieno i criteri di salubrità . Al massimo
quello che varia tra uno estero ed uno italiano è il gusto, e qui ritorniamo al concetto iniziale: se NOI CONSUMATORI di qualità non ne capiamo niente, la colpa è delle aziende che assecondano i nostri gusti? "Purtoppo" lo scopo di qualsiasi azienda è quello di vendere i prodotti e creare ricchezza, ciò significa che non hanno nessun interesse a proporre un prodotto che non piace al consumatore, se poi questo vuol dire abbassare la qualità , pazienza...come si dice dalle
mie parti...contenti e gabbati.
saluti.
Vincenzo Portaro
LANDINI: APERTURA E CONFRONTO
Caro direttore
Prendo atto con molta soddisfazione che Teatro Naturale è una testata libera e che non ricevendo finanziamenti da nessuno, come lei ha affermato nella sua risposta (link esterno), assume, almeno ai miei occhi, una autorevolezza ancora maggiore.
Riprendo quindi molto volentieri e non con tono polemico, ma con spirito di apertura e di confronto il dibattito che si è innescato dal mio primo intervento a difesa del decreto De Castro.
Voglio anzitutto premettere che sono un produttore di olio, e lo produco in Toscana, a Carmignano,
in una zona di collina dove la meccanizzazione è molto difficile, la produzione a pianta molto bassa e le spese di coltivazione, raccolta e trasformazione molto alte. Solo su un paio di cose possiamo competere con le altre zone olivicole italiane e mediterranee e cioè sulla qualità e sulla immagine del nostro olio.
Eâ quindi ovvio che un mercato dellâolio come quello attuale che non premia né il primo né il secondo aspetto è per noi un nervo scoperto, che a volte ci fa vedere il male anche dove non câè.
Sono anche, lo confesso, un socio Coldiretti, e cosa ancora più âgraveâ un dirigente Coldiretti,
vicepresidente della federazione interprovinciale Firenze Prato, ma non me ne vergogno, anzi ne sono orgoglioso. Come lei rivendico la mia indipendenza di giudizio e di opinione e lâappartenenza ad una organizzazione come Coldiretti non limita in alcun modo la mia indipendenza. Per chiarezza anche io non ricevo, per la carica che ricopro, alcun compenso, e la mia adesione alla Coldiretti si basa esclusivamente sulla condivisione degli ideali e delle politiche che lâorganizzazione persegue.
Dopo questo ampio preambolo a mò di presentazione veniamo alle considerazioni sul decreto: lei dice âL'unica differenza, rispetto al recente passato, è che diverrà a tutti evidente che molti imbottigliatori si riforniscano attingendo dai mercati esteri.â, e questo le pare poco?
Non sarà come ho già detto la soluzione di tutti i mali ma è un primo passo nella giusta direzione, un primo passo al quale ne andranno aggiunti molti altri fino ad arrivare ad un punto in cui si arrivi effettivamente a dover obbligatoriamente indicare in etichetta non solo la nazionalità ma anche la regione, la provincia, e il comune di produzione delle olive.
Eâ certamente vero, come lei dice, che non esistono derrate alimentari che siano riuscite ad incrementare le quotazioni esclusivamente con lâobbligatorietà dellâorigine in etichetta, la parola dâordine deve essere qualità anzitutto, ma è altrettanto vero che troppo spesso la qualità di un territorio e dei prodotti di quel territorio viene usata da chi con quel territorio ha ben poco a che fare per vendere prodotti di tuttâaltra origine.
Io non pretendo ( né lo penso), di affermare che lâolio toscano sia in assoluto migliore dellâolio di altre regioni o che lâolio italiano sia migliore di quello di altre nazioni, vorrei solo che il consumatore quando acquista un bottiglia di olio potesse avere le maggiori informazioni possibili sul prodotto che acquista in modo da poter fare veramente una scelta consapevole.
Il fatto di aver scelto come lei dice lo scontro frontale con Bruxelles non può essere un errore a priori, le battaglie quando sono giuste e hanno lâavallo dei cittadini e dei consumatori vanno combattute fino in fondo. Il problema è semmai che troppo spesso i nostri rappresentanti a Bruxelles queste battaglie non le combattono con la necessaria determinazione, lasciando campo libero ad altre nazioni che sui problemi delle loro agricolture si battono con molto maggior impegno.
La recente riforma dellâOCM vino a questo proposito è un esempio lampante, si era partiti da una proposta della commissione che prevedeva molte novità a vantaggio anche dellâItalia come il divieto di zuccheraggio, il divieto di menzionare in etichetta il nome del vitigno per i vini da tavola,
etc. siamo arrivati ad una riforma, che non cambia nulla per la nostra viticoltura e quel poco che cambia lo cambia a nostro sfavore, e i nostri rappresentanti di fronte a questo dietrofront hanno anche il coraggio di votare a favore.
Sono perfettamente dâaccordo con lei quando dice che la maggior parte delle persone compra lâolio solo in base al prezzo, ma questo è frutto, a mio avviso , della ignoranza che purtroppo i consumatori hanno nei confronti di questo prodotto, tanto che solo pochi sanno che esistono oli diversi che nascono da territori e da varietà di olivi diverse, nè più e né meno di come avviene per il vino.
Ecco, quando la cultura dellâolio arriverà a far capire questo anche il mercato potrà avvicinarsi a quello del vino dove i consumatori sono molto più consapevoli e capiscono senza nulla obiettare la differenza fra vini da 2 o da 50 euro. Per arrivare a questo ripeto la chiarezza dellâetichetta è uno dei passaggi (non lâunico e forse neanche il più importante) obbligati.
Cordiali saluti
Andrea Landini
Ha fatto bene a confessare l'appartenenza a Coldiretti. Non è un peccato, noi di Teatro Naturale non abbiamo preclusioni. Accettiamo tutti. Siamo ecumenici. D'altra parte una rivista di pensiero deve pur accogliere ogni possibile voce, altrimenti non è più tale, diventerebbe una rivista ideologica come tante altre, ma non è appunto il nostro caso, noi siamo estranei ad ogni ideologia.
Quanto alla risposta che le è stata data (link esterno), non è il mio punto di vista personale, ma quello della Redazione tutta, quindi anche indirettamente il mio. (L. C.)
CALCARA: LA TRASPARENZA PREMIA
Gentile redazione di Teatro Naturale
Mi inserisco nellâinteressante scambio di opinioni comparsa nella rubrica âlettereâ riguardo il decreto De Castro e lâutilità della rintracciabilità di origine nazionale in etichetta.
Sono titolare di una piccola azienda agricola del Sud che ha puntato sulla qualità e produce solo olio certificato DOP cercando di raggiungere il consumatore attraverso la vendita diretta e attraverso i
negozi compresa la GDO.
Nel mio âpiccolissimoâ qualche idea del mercato in Italia me la sono fatta.
Sono dâaccordo con voi: probabilmente la maggior parte dei consumatori di GDO non cambierà modalità dâacquisto sapendo che quello che sta comprando non è olio italiano ma solo olio imbottigliato in Italia.
Credo però che la trasparenza paghi sempre alla lunga chi fa le cose per bene.
Quotidianamente mi confronto nella vendita diretta con consumatori in Nord Italia che acquistano attraverso vendita a domicilio prodotto imbottigliato in Liguria che proviene in realtà dallâintero
Mediterraneo. Quando lo si va a spiegare al consumatore si ha la sensazione di essere preso per matto. Se però venisse scritto nero su bianco in etichetta il piccolo produttore italiano magari certificato DOP si potrebbe togliere un sassolino dalla scarpa â¦.
Passiamo alla GDO: in questo comparto quello che conta è un vantaggioso rapporto qualità /prezzo, non solo il prezzo. Ma se il prezzo è ben visibile, il consumatore come fa invece a valutare la
qualità (a prescindere dallâorigine geografica)?
Purtroppo le indicazioni in etichetta sono farraginose e ideate apposta per ostacolare il piccolo produttore . Ad esempio per poter riportare lâacidità è necessario aggiungere tutta una serie di altri
indicatori (i vari delta) di cui si farebbe a meno. Peraltro poi il rapporto tra acidità e qualità complessiva dellâolio non credo sia assoluto.
Cosa ne pensate invece di rendere obbligatorio in etichetta il voto al panel test complessivo e suddiviso per fruttato piccante e amaro? Una codifica che capirebbe anche mia nonna, renderebbe più facile la scelta a scaffale e premierebbe, questa si,il prodotto migliore. Che spesso è anche italianoâ¦.
Cordiali saluti
C. Calcara