La voce dei lettori

A PROPOSITO DI RISTORAZIONE AGRITURISTICA IN TOSCANA

Ci scrive Paola Nati: c'è lo zampino di qualche altro settore economicamente e
politicamente più rilevante del settore agricolo?
Risponde Stefano Tesi: no, la mano restrittiva del legislatore regionale ha preservato l'agriturismo dagli abusi ai quali si assiste in altre regioni italiane

13 ottobre 2007 | T N

Ho letto con interesse l'articolo di Stefano Tesi sull'Agriturismo in Italia, sono perfettamente d'accordo con lui quando parla di lobbies che vogliono screditare e creare difficoltà ad un settore che può aiutare le aziende agricole a sopravvivere e ad incentivare quella multifunzionalità di cui ora tanto si parla e a conservare un patrimonio edilizio che molto probabilmente andrebbe perso.
Multifunzionalità che porta l'imprenditore agricolo ad essere un tuttologo e a barcamenarsi fra leggi e regolamenti di tutti i settori.
Per quanto riguarda in particolare la legge toscana sull'agriturismo,questa ,a differenza di tutte le altre leggi regionali, vieta la somministrazione di pasti a persone che non siano alloggiate in azienda, tranne in particolari situazioni. Forse anche qui c'è lo zampino di qualche altro settore economicamente e
politicamente più rilevante del settore agricolo?

Paola Nati


Gentile signora Nati,
la redazione di TN mi passa la sua cortese lettera.

No, non credo che nella normativa toscana in materia di ristorazione agrituristica ci sia una mano della "lobby" più pesante che in altri settori della stessa attività.
Da toscano e da profondo conoscitore del comparto devo anzi dire che, sotto certi aspetti, la mano restrittiva del legislatore regionale ha preservato l'agriturismo dagli abusi ai quali si assiste in altre regioni italiane, responsabili di aver attirato sul movimento le accuse concentrate, e spesso veritiere, di altre categorie economiche (nonchè le attenzioni della GdF): ad esempio mi riesce difficile concepire che un'azienda agricola possa, come accade comunemente in Veneto, trasformarsi in un'impresa capace di sfornare 300 coperti giornalieri e fare matrimoni da centinaia di invitati in regime fiscale agevolato.
Non c'è dubbio che gli ostacoli alla ristorazione abbiano rappresentato e continuino a rappresentare una forte zavorra per l'agriturismo toscano. Ciò che però non ha impedito che anche da noi l'offerta ricettiva si inflazionasse in modo abnorme, con storture e forzature tali da rendere il termine stesso di agriturismo a volte poco credibile.
Il fatto è che la ristorazine è un affare complesso e che, a mio parere, sono pochissime le strutture in grado di utilizzare realmente nell'esercizio dell'attività, come il principio vorrebbe, un'alta percentuale di produzione propria. Trovo cioè normale che un operatore agrituristico possa non essere così "autarchico" da dover fare spesso una capatina al supermercato. Quindi delle due l'una: o si impongono percentuali molto elevate di "autarchia" alla ristorazione agrituristica (con il risultato di restringere drasticamente il numero delle imprese autorizzate ad offrire pasti), oppure si abbassa tale soglia, con un aumento esponenziale degli operatori sul mercato.
Onestamente preferisco la prima soluzione, trovando ragionevole che la ristorazione sia ammessa ai soli ospiti dell'azienda. Casomai si potrebbe migliorare la norma consentendo all'imprenditore di servire pasti per un numero di coperti pari a quello dei posti letto autoirizzati, a prescindere dal fatto che la clientela del ristorante sia quella che soggiorna in azienda o meno.
Ma ad oggi ritengo questo miglioramento piuttosto improbabile.
Molti cordiali saluti,

Stefano Tesi