La voce dei lettori

RISORGIMENTO DELL’OLIO ITALIANO, LA PAROLA DEI FRANTOIANI

Il contributo del Presidente Aifo, Piero Gonnelli, dopo la riunione del 16 maggio scorso

16 giugno 2007 | T N

Caro Luigi,
ti rinnovo con la presente i miei complimenti più vivi per la lodevole iniziativa in quanto rappresenta un’ottima occasione di confronto che ben sappiamo quanto manchi nel nostro settore oltre ad essere un utile momento di riflessione per tutti gli organismi di rappresentanza.
Il confronto ha messo in evidenza ciò che da tempo è maturato nella consapevolezza di tutti gli operatori del settore, nel mondo della comunicazione e della distribuzione e cioè: non esiste una sola filiera dell'olio extra vergine di oliva, ma due diversi e antagonisti prodotti frutto di diversi e antagonisti sistemi di produzione, quello industriale dei confezionatori e quello artigianale dei produttori. E' certamente utile ricercare i punti di contatto, il minimo comun denominatore fra tutti gli imprenditori e fra le imprese che offrono al consumatore quel prodotto che va sotto il nome di olio extravergine nella consapevolezza dei rischi che corre oggi il sistema delle aziende italiane già insidiato dalla concorrenza nordafricana e colonizzato nelle grandi marche da quella spagnola. Ma questa ricerca per essere utile deve partire dalla realtà del mercato e dal posto che occupa nel mercato il consumatore.
Altrimenti, cari amici, di tavoli e di sedi di confronto ce ne sono già a sufficienza per giustificare il declino dell'olio italiano. Se vogliamo lavorare con l'obiettivo del suo risorgimento dobbiamo avere il coraggio di dire le cose come stanno e da qui partire per costruire politiche nuove e soprattutto un nuovo rapporto con il consumatore non più inteso come l'utile idiota ma per quello che è: un cittadino che ha il diritto di essere informato in modo chiaro e trasparente per il semplice fatto che egli mette in gioco il suo reddito e la sua salute. Il sistema delle imprese frantoiane che l'AIFO rappresenta rivendica la sua identità di unico produttore di olio extravergine perchè è in grado di garantire la qualità superiore scritta nelle norme sull'etichettatura e la sua integrità dall'oliva all'olio, dalla confezione alla vendita. Quindi, ognuno con la propria vera identità,torniamo a sederci intorno al tavolo per riscrivere da capo norme e regole con il prioritario compito di rispettare i diritti del consumatore. E a questo tavolo deve sedere anche l'eterno assente che si chiama grande distribuzione
Proprio per questi motivi ritengo giusto approfondire alcuni aspetti che sono scaturiti in occasione del nostro primo incontro, in particolare a seguito degli interventi dei massimi rappresentanti delle industrie di imbottigliamento ai quali, per mancanza di tempo, non ho avuto la possibilità di replicare.
Ciò che ha destato la mia attenzione è che dai loro interventi la situazione emersa è la seguente:
- loro non parlano di crisi di settore ma anzi di un mercato in buona salute
- la necessità di miscelare gli oli italiani con gli oli esteri
- che il nuovo decreto concerne l’origine della materia prima e del luogo di frangitura non è corretto ed è inapplicabile
- che noi produttori italiani siamo capaci di produrre solo il 30% dell’olio che è necessario alle nostre Aziende e che per questo loro sono costretti a rivolgersi all’importazione
che la normativa sull’etichettatuura dell’olio extra vergine di oliva nei pubblici esercizi è inutile.

Punto primo: credo e spero che i relatori nel descrivere la situazione abbiano preso in considerazione solo la fase finale della filiera poiché la situazione non può certo descriversi rosea per chi produce olive e per chi trasforma. E’ sufficiente fare un giro per le campagne per accertarsi in quale stato versano gli oliveti o analizzare i bilanci dei frantoi italiani per capire la realtà del settore.

Punto secondo: il taglio degli oli italiani con oli stranieri è un dato di fatto praticato da decine di anni. Quando però, come è successo durante la riunione, si arriva addirittura a presentare la situazione come una necessità ineluttabile che serve a migliorare l’olio italiano, allora credo che sia giunto il momento di dire basta, a questo gioco non ci stiamo.
La miscela fra olio italiano e di importazione è legata solo ad un puro calcolo di convenienza economica per gli imprenditori, che hanno utilizzato olio italiano solo lo stretto necessario per mascherare i difetti di tanti oli, presentando però questa miscela come prodotto italiano e causando con questo sistema la morte per asfissia della nostra olivicoltura.

Punto terzo: su questo punto concordiamo con loro il progetto è di difficile applicazione e verrà respinto dagli imbottigliatori italiani perché è irrealizzabile da un punto di vista pratico, noi pensiamo che la strada più semplice per definire l’origine dell’olio sia attribuire la paternità a chi lo produce, ovvero i frantoi; anche perché è impossibile fare l’extra-vergine con olive di importazione, in questo caso si può fare marmellata non extra-vergine.

Punto quarto: noi produttori di olio veniamo messi sul banco degli imputati perché siamo capaci di produrre solo il 30% di olio necessario al nostro fabbisogno, ma con questa politica che ha consentito di vendere olio italiano che di italiano ha solo il certificato consentendo l’importazione di oli da tutto il mondo a prezzi molto più bassi, ha messo in crisi le nostre produzioni rendendo impossibile continuare a coltivare gli oliveti italiani. Se vogliamo far si che questo 30% non diventi il 25% o anche meno dobbiamo permettere ai consumatori di riconoscerlo bloccando le frodi utilizzando linee di prodotto dedicato al 100% italiano certificato.

Punto quinto: la legge sull’etichettatura nei ristoranti è utilissima anche se è solo un primo passo verso una completa tutela dei consumatori per dare una vera garanzia dovremmo usare bottiglie monodose o bottiglie munite di tappi antiriempimento.

Solo garantendo il consumatore potremo avere risposte che portino ad un vero riconoscimento dell’olio italiano.

Piero Gonnelli
Presidente Aifo