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OLIO DI OLIVA & MADE IN ITALY, INTORNO ALLA QUESTIONE SULL'ORIGINE IN ETICHETTA

Ci scrive Alessio Tambone

19 maggio 2007 | T N

Cordiale Sig.ra Aloia,
prendo spunto dal Suo articolo diretto al Min. De Castro, per dare una mia
visione che non reputo ne giusta ne sbagliata, e non per forza condivisibile ma esclusivamente personale sul decreto che verrà sottoposto a Bruxelles.
Perchè proprio noi stiamo favorendo il governo spagnolo e le cooperative
spagnole?

Credo che l'indicazione dell'origine di un prodotto in etichetta, e nel caso
specifico dell'olio di oliva, sia cosa importante se non a dir poco
fondamentale. Credo però che come fu per tangentopoli entrare in un sistema consolidato (per carità non giusto) e buttare tutto all'aria come fece Di Pietro sia stato sicuramente più facile e anche più distruttivo per un
economia, che cercare di ricostruire un settore cogliendo i lati positivi,
senza però fare terra bruciata.

Perchè vede ritengo che se la Sos Cuetara e la Unilever non riusciranno a far
valere il loro peso politico a Bruxelles, questo decreto avrà come unico
effetto quello di mettere alla luce la quantità di olio di oliva spagnolo che
le aziende italiane confezionano. E fin qui tutti d'accordo finalmente il
consumatore sarà libero di scegliere senza essere parzialmente ingannato.
Ma dal punto di vista economico che risvolti può avere tutto ciò?

Forse sui scaffali della Grande Distribuzione italiana, come su quelli esteri, a
fianco delle bottiglie Carapelli con olive provenienti dalla Spagna al costo di
Euro 3,50 troveremo quelle del tanto per dire un nome di fantasia signor
Gonzalo Blanco, olive spagnole anche queste, al costo di Euro 2,50? Per carità giusto anche questo siamo in libero mercato ed è giusto che il consumatore scelga in libero arbitrio!!! Ma prima di distruggere un marketing, che per quanto lacunoso e con un vizio di fondo, però esiste, non era meglio
incentivare la produzione? Non era meglio cercare di riunire tutti gli
operatori del settore sotto un unico tetto e creare uno zoccolo duro piuttosto
che essere così come siamo ora "tanti cani sciolti" con una legge giusta ma
tutti pronti a raccogliere i cocci di un sistema che crolla? Quello che voglio
dire è che giusto o sbagliato che sia la Spagna rispetto a noi ha puntato sulla
produzione e sono stati vincenti se così si può dire; noi dal canto ns. abbiamo
puntato tutto sul marketing e sempre se così si può dire siamo stati vincenti;
il vizio di partenza c'è ed è innegabile ma credo che prima di mandare tutto a
rotoli favorendo esclusivamente il Made in Spain, credo che sarebbe stato
giusto incentivare la produzione italiana, mettere seduti intorno ad un tavolo
addetti della G.D., confezionatori, produttori, istituzioni e rappresentati dei
consumatori, avendo però dalla nostra una solidità nel marketing. Provi a
mettersi 15 minuti davanti ad uno scaffale di olio di oliva e vedrà che il
sistema di acquisto da parte del consumatore, è sempre lo stesso: il 10% compra in base al bombardamento pubblicitario (Carapelli, Bertolli, Monini, ecc..); l'85% guarda tutte le bottiglie e alla fine compra quella che costa
meno, di solito in promozione. Il 5% a seconda del gusto. Allora mi chiedo, se
la maggior parte dei consumatori compra secondo l'orientamento della
pubblicità delle grandi aziende e sulla base delle promozioni che fa la Grande
Distribuzioni, come si può non coinvolgere queste due realtà, per studiare un
progetto che dia una svolta radicale?

Il rischio è che ora si distrugga il marketing e la produzione italiana non
cresca o peggio sia rastrellata dalla più forti e più organizzate cooperative
spagnole. A fine del 2005 quando le scorte di olio in Spagna erano all'osso il
prezzo del loro olio è di circa Euro 3,20 per Kg. In Italia dove la produzione
era appena iniziata con ottime rese il prezzo era di Euro 3,00/kg. Chiaramente tutti gli operatori italiani si rivolgevano per acquisti al mercato interno per qualità e prezzo. Le cooperative spagnole per non far crollare il loro mercato vennero in Italia e rastrellarono tutta la produzione del momento. In meno di 12 ore il prezzo del mercato interno passò da Euro 3,00/kg a Euro 3,70/Kg. Ci diedero l'ennesima prova di essere un comparto con unità d'intenti e forza economica, e noi? I soliti cani sciolti, ognuno che guarda al suo piccolo orticello, pronto a vendere a qualsiasi prezzo pur di realizzare un guadagno.

Anche qui se non si mettono seduti allo stesso tavolo i produttori, con questo
decreto si favorirà esclusivamente chi avrà più potere d'acquisto.
Questo decreto doveva essere il finale del film e non l'inizio!!!! Girare
il dito nella piaga in questo modo è la cosa più semplice, basta guardare i
dati della produzione, circa 1.500.000 di quintali di olio prodotti, e quelli
delle vendite, che tra mercato interno ed esterno, non so di quante volte sono più alti!
Per cui complimenti al nuovo Di Pietro, ma non dimentichiamo che
di Tangentopoli paghiamo ancora lo scotto e tranne qualche azienda andata
all'aria e qualche processato, il sistema non è cambiato!!!!
Chiudo questo (per lei) estenuante sfogo dicendo che a prescindere di quale sarà
il risultato a Bruxelles, il fallimento di questo decreto c'è già e sta nel
fatto di essere stato impostato come la solita coperta corta italiana che copre
la testa ma scopre i piedi, o viceversa.
Cordiali Saluti,

Alessio Tambone