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LE SCIOCCHEZZE SULL'OLIO. TROPPI ERRORI PACCHIANI. ORA ANCHE DA PARTE DELL'ADUC

Ettore Franca, presidente di Olea, ci invia una lettera polemica in risposta all'Aduc, l'Associazione per i diritti degli utenti e consumatori.

16 dicembre 2006 | T N

Oltre alla risposta mia, ho messo all'inizio l'articolo pubblicato sul bollettino dell'Aduc.
E' ora che certa gente smetta di raccontare sciocchezze!
Ettore Franca

"Olio di prima spremitura": per l'Aduc "una presa in giro"
"Olio extra vergine di oliva - prima spremitura". E’ un’indicazione che spesso si legge sulle etichette e che sembrerebbe richiamare una qualità maggiore, una più alta “naturalità” del prodotto.
Secondo l’Aduc (Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori) però questa affermazione non ha alcun valore.

“L’olio extra vergine - prima spremitura’ presuppone che ne esista un altro di seconda spremitura – dice Primo Mastrantoni, segretario dell'Aduc - ma ciò non è vero perché per questa tipologia di olio si effettua un'unica spremitura. La prima e seconda spremitura si effettuavano tanti anni fa, quando la pigiatura si faceva a mano, ora, con la pressatura meccanica, non vi è alcuna necessità di ricorrere ad un'ulteriore pigiatura (a meno che non si sia utilizzato un vecchio torchio, magari in legno! Anche il grano si puo' tagliare con la falce, ma chi lo fa?)”.

Dietro questa indicazione quindi non ci sarebbe altro che “una presa in giro”, allo scopo di evocare nel consumatore l’incanto di tradizioni antiche e prodotti naturali mentre, continua Mastrantoni, “l'unica prescrizione per l'olio extra vergine di oliva riguarda l'acidita', che deve essere inferiore all'1%”.

Il consiglio dell’Aduc è quello di “scegliere un olio extra vergine di oliva biologico a denominazione di origine, che perlomeno garantisce il luogo di provenienza delle olive, anche perché anche la qualificazione ‘prodotto in Italia’ assicura che l'olio e' italiano solo al 75%, il rimanente 25% arriva da altri paesi!”


LA LETTERA DI ETTORE FRANCA ALL'ADUC
Spett. Aduc
ho letto quanto in “Olio di prima spremitura: per l’Aduc una presa in giro” sobbalzando per il contenuto che si riporta come avrebbe affermato Primo Mastrantoni, segretario dell’Aduc.
Chi scrive, nella veste di presidente di O.L.E.A. (Organizzazione Laboratorio Esperti e Assaggiatori) e docente di “Tecnologia, Legislazione e Marketing degli Alimenti” presso l’Università degli Studi di Urbino, spesso si trova non solo a rilevare errori pacchiani ma, più frequentemente, a confutare indicazioni false abborracciate da chi si erge a “esperto” e, in quella veste, spande inesattezze che, oltre a confondere le idee fin già confuse dei consumatori e per il piacere dello scoop, arreca danni ai produttori e a quanti, con professionalità, si interessano seriamente di questo o quel prodotto.
Ma veniamo all’“Olio di prima spremitura: per l’Aduc una presa in giro”.

1° - la seconda spremitura, o meglio, il rimacino delle sanse, è vietata dalle norme vigenti ma, in Italia e per antieconomicità, in pratica è stata abbandonata dagli anni ’50-60 del secolo scorso. In elaiotecnica, inoltre, non esiste la “pigiatura” che invece appartiene alla enotecnica.

2° - la dizione “prima spremitura” non è consentita come tale, ma è prevista dalla legge solo se nella sua integrità: “prima spremitura a freddo”. Questa dicitura è ammessa, facoltativamente, solo se è possibile documentare che la pasta delle olive, durante la lavorazione in una linea “a pressa e fiscoli” nota come “tradizionale”, non ha mai superato in ogni fase la temperatura di 27° C.

3° - in alternativa, e nel caso della linea che lavora con il “decanter” o utilizza il sistema “a percolazione”, sempre facoltativamente si può scrivere in etichetta “estratto a freddo” o “prodotto a freddo” ma solo se sia possibile documentare che la pasta di olive non abbia mai superato in ogni fase la temperatura di 27 °C.
L’una e l’altra dicitura sono dettate da cervellotiche “leggende metropolitane” recepite da legislatori, mal’informati da “esperti”, che hanno dato vita all’art. 5 del reg. CE 1019/92.
Quanto così stabilito non è condivisibile sia per la distinzione fra tecnologie, “tradizionale” e “moderna”, sia per l’appendice “a freddo” (che evoca una inesistente una tecnologia “a caldo”!) e non ha riferimenti scientifici che supportino la norma: a 28 o a 29 °C cosa succederebbe a differenza di 26 °C ?

4° - nell’articolo è tutto da capire cosa si intende per “pigiatura a mano” proposta in alternativa alla “pressatura meccanica” perchè, per rintracciare l’uso del “vecchio torchio, magari in legno”, bisogna risalire al “trapetum” di cui riferiscono Plinio e Columella.

5° - è un eufemismo definire inesatta e superficiale l’affermazione secondo cui “l’unica prescrizione per l’olio extra vergine di oliva riguarda l’acidità, che deve essere inferiore all’1%”.
Il reg. CE 2568/91 stabilisce i criteri per la classificazione merceologica degli oli “da oliva”, e non “di oliva”, indicando per ciascuna delle 8 categorie possibili, i ranges qualificanti stabiliti da ben 24 parametri chimico-fisici oltre alla acidità totale, e da altri due valori, stabiliti mediante una valutazione organolettica, ritenuti paritetici agli altri 25.

6° - ben più grave è ignorare che, dal novembre 2003, opera in Italia, e in tutta la Unione Europea, il reg. CE 1513/01 ponendo, discriminante fra “olio extra-vergine” e “olio vergine”, il valore del parametro “acidità totale” inferiore o uguale a 0,8%.

7° - la definizione “biologico” si riferisce agli oli ottenuti da olive di piante coltivate secondo una specifica normativa che nulla a che fare con il resto e, da sola, si riferisce ad uno degli aspetti caratterizzanti il prodotto senza perciò indicare una qualità superiore.

8° - la “denominazione di origine” attesta soltanto che la filiera (dall’olivo all’imbottigliamento) è all’interno di un’area stabilita da un disciplinare che precisa pochi parametri di massima senza collocando quell’olio, per antonomasia, a livelli di qualità superiore.

Diffondere informazioni scorrette come quelle che ho dovuto leggere (… e purtroppo se ne leggono, o si sentono o si vedono, nei media e non solo) arrecano solo confusione e fanno danni anche a chi, lungo gli anni di lavoro come quello dell’Associazione che presiedo, cerca di spiegare le cose come stanno, di far conoscere “cos’è l’olio”, di insegnare a valutare un prodotto sul quale, in troppi, si improvvisano “esperti” dopo aver letto fugacemente qualche articolo talvolta scritto da altrettanti esperti auto-nominati.
Spero che questi brevi appunti siano presi in qualche considerazione accogliendo il consiglio di una maggiore prudenza e un po’ di umiltà magari ricorrendo a coloro, come O.L.E.A. (www.olea.info), dedica a questo prodotto, e non solo, la competenza e la passione di molti.

Ettore Franca