La voce dei lettori
PUGLIA OLEARIA, SE ESISTI BATTI UN COLPO
Ci scrive Massimo Occhinegro: un delpinat informativo, nessuna menzione all'olio di oliva per la cui produzione la Puglia è "Regina" in Italia.
Risponde Luigi Caricato: La Spagna olearia ci inghiotterà in un sol boccone. Se la Puglia, la regione olivicola di riferimento - anzi la regione "regina", come lei ha scritto - non riesce a essere forza trainante nel paese, allora l'olivicoltura nostrana è destinata a restare azzoppata
21 ottobre 2006 | T N
Gent.mo Dott. Caricato,
in partenza per Trapani , in attesa all'aeroporto di Bari ho visto un banco con hostess che offriva in omaggio ai passeggeri un opuscolo della Regione Puglia (Assessorato Sviluppo Economico) cofinanziato dall'Unione Europea dal titolo Obiettivo Mondo.
Il depliant, ha come intento quello di far conoscere ai visitatori, soprattutto esteri l'imprenditorialità pugliese, con ampia descrizione di tutti i settori, produttivi , dei servizi e commerciali.
La pagina 8 è intitolata " I settori Chiave dell'economia Pugliese". Ebbene, nel mentre spiega che la regione ha 5 DOP nel settore oleario, ecc. più avanti tra le produzioni di spicco menziona:
farina, pasta e prodotti da forno come pane e taralli;
conserve alimentari;
prodotti lattiero caseari;
vini.
Nessuna menzione viene fatta quindi all'olio di oliva per la cui produzione la Puglia è "Regina" in Italia.
Credo che non sia necessario alcun commento in merito giacché le conclusioni che se ne possono trarre siano di tutta evidenza.
Cordialmente,
Massimo Occhinegro
Che dire? La situazione che mi ha descritto è un po' triste. Pensi che per un noto mensile mi hanno commissionato un pezzo su una Dop olearia pugliese. Una a caso, a mia discrezione. Scelgo allora quella che ritengo più significativa, per numeri e potenzialità . La bontà degli extra vergini non si discute in Puglia, tranne in quelle sacche di incultura in cui ancora si insegue la politica del lampante a tutti i costi: il prodotto di qualità però non manca. Scelgo dunque di scrivere sulla Dop Terra di Bari.
Prima di inviare l'articolo mi sembra giusto riportare alcuni dati freschi, seppure orientativi, dal momento che la rivista è rivolta a un lettore appasionato, ma non strettamente professionale e specialistico. Non importa indicare i dati aggiornati, ma almeno qualcosa di indicativo, elencando per esempio la superficie olivetata compresa nell'area a denominazione di origine, il numero di piante, oltre che il numero dei produttori coinvolti, la quantità dâolio prodotta, i soci aderenti al Consorzio di tutela che imbottigliano, eccetera. Niente da fare, al telefono è difficile raggiungere qualcuno, e quando poi si trova qualcuno all'altro capo del filo è solo una ragazza che è lì in ufficio ma non sa nulla di nulla, e allora mi rimanda alla Camera di commercio di Bari, dove se ne occupano più direttamente: e lì accade che i dati - mi dicono - non sono stati ancora elaborati, che occorre chiedere il permesso, parlando con un dirigente (il quale però a cercarlo non è facile, troppi impegni, si sa), ma poi non si fa nulla, i tempi giornalistici sono sempre stretti, lascio perdere, resto però stupito e mi dico "come è possibile che non abbiano nemmeno un dato, chessò, puramente orientativo?". Niente di niente, consegno allora il pezzo, per rispettare i tempi - com'è mio solito - e intanto la Redazione cerca i contatti, ma nemmeno dopo tante insistenze si riesce a tirar qualcosa, chissà . Poi non mi sono più fatto vivo con la Redazione, quindi non so, non so se avranno risposto o meno, di certo non sono stati solleciti e puntuali, sicuramente sono stati colti impreparati. Era stato chiesto loro il logo della Dop: non lo so se sia stato poi spedito per posta elettronica.
Mi sono infine stufato di promuovere la cultura dell'olio, e di insistere, quando poi mi imbatto in certe situazioni ridicole: mi cadono le braccia a terra, penzoloni. Perché - mi chedo - vengono collocate le persone inadatte al posto che non meritano? Giusta domanda, meglio non rispondere. In altri contesti analoghi, con altri consorzi di tutela ho avuto risposte immediate e sollecite: significa dunque che mi sono imbattuto con un altro approccio culturale, con un'altra dimensione della realtà .
E' terribile, mi dico; ma è evidente che l'insuccesso di certe Dop, o comunque di alcuni prodotti agroalimentari - quanto meno a livello di comunicazione - consista tutto nel fatto di avere sempre le persone sbagliate al posto che non meritano. E' così, non ci sono spiragli di salvezza. Lo ripeto, in molte occasioni l'ho pure scritto, in più parti, su "Teatro Naturale" e altrove: occorre la presenza delle persone giuste al posto giusto, l'ho sempre sostenuto, ma ciò è impossibile, davvero inverificabile, almeno in alcuni contesti.
C'è l'intrusione della politica nella scelta di certi incarichi: presidenze e direzioni sono nelle mani dei politici e non degli operatori coinvolti, e i risultati si vedono: in molti occupano cariche senza avere un briciolo di passione, e i risultati purtroppo si vedono, e sono terrificanti.
La Puglia agroalimentare (e non solo, anche in altri settori) è una realtà importante, ma delude per le risposte che non riesce a dare. Parola di uno che in questa regione è nato, ma che vive fuori, altrove, perché sa bene che nella sua regione non c'è spazio per chi ha idee e voglia di fare, di agire, di costruire qualcosa di solido per il futuro; ma la situazione pugliese si riflette anche in quella nazionale, tranne eccezioni, sempre più rare tuttavia.
E allora: la si vuola liberare l'agricoltura dalle maglie della politica? C'è realmente questa volontà da parte degli agricoltori e degli imprenditori dell'agroalimentare? O vi è piuttosto una tacita connivenza?
Non lo so, io dubito.
La politica è il grande male dell'Italia, e del Sud in particolare.
Pensi che questa estate ho ricevuto in Puglia un premio per la "cultura dell'olio": sono salito sul palco, alcune strette di mano, con i potenti di turno e poi niente, nemmeno mi hanno lasciato parlare al pubblico: mi avevano solo usato come pretesto.
L'occasione era ghiotta perché i potenti di turno potessero fare i propri comizi. E infatti così è stato: il ministro Paolo De Castro ha fatto il suo comizio, e con lui il governatore della Regione Puglia Nichi Vendola.
Attenzione! Non c'è qui nessuna critica di parte, sarebbe stato uguale con altri governi, con altre realtà : è la politica a rubare spazi vitali; è la politica che, agendo come un cancro, corrode il tessuto sociale ed economico di un Paese, disintegrandolo.
Porti pazienza, ma sono fatto così: sono un antipolitico, proprio perché credo fortemenete nel bene della Polis, nella sua salvaguardia: in questo caso specifico, io credo nel bene del mondo olivicolo, ma questo resta purtroppo ostaggio della politica e del mondo sindacale, ed è la fine.
Non sto blaterando, mi creda: provo solo tanta amarezza nel sapere lo stato della realtà .
Tornando alla Puglia, a questa estate: le dirò con tutta franchezza che ho accettato il premio non per vanagloria, ma per lanciare un segnale di avvicinamento a una regione verso la quale ho sentimenti piuttosto controversi, nonostante ami profondamente la mia terra.
Le racconto molto brevemente un aneddoto, sempre riferito a quel premio che mi hanno assegnato a Bitonto: come al solito, quando ci sono di mezzo i politici ogni scaletta salta, perché ovviamente si devono attendere con la bava ai bordi della bocca, perché i politici sono il pane, il sale, la vita, am loro tardano, sono come i divi del cinema. Non si inizia finché non giungono insieme con il loro seguito.
Cosa è accaduto, dunque? E' accaduto che il convegno di apertura è stato poi confinato alle ultime ore, le più impossibili, perché la sera incombente, e la cena di gala, sottraevano tempo alle relazioni di illustri accademici ed esperti appositamente convenuti: infatti è accaduto che per ascoltare i sermoni di De Castro e Vendola (ore buttate al vento, flatus voci, le solite parole cariche di fiacchi spermatozoi senza grinta e voglia di fecondare un minimo di onesto futuro per l'olivicoltura) questi relatori abbiano detto tutto di corsa, senza provare soddisfazione, perché poi alla fine uno fa un po' i conti e dice: "Ma perché sono venuto fin qui, tanto per salire sul palco e dire eccomi, sono una persona competente a vostra disposizione, ma scusatemi se non ho il tempo per profferire parola?".
No, la situazione così com'è non va. Quando gli esperti hanno preso parola i politici se ne erano già andati, lo spettacolo per loro si era già concluso: e allora che serve, se poi non ascoltano chi vive le problematiche e le dinamiche del comparto?
No, io non intravedo futuro. Faccio la mia parte perché ho dei valori e la mia vita vorrei fondarla su qualcosa di serio, ma serve a poco.
Il lavoro che lei svolge nel mondo dell'olio è prezioso, ma serve anch'esso a poco; nemmeno il mio impegno ha un senso: serve solo a far sopravvivere un'idea di integrità e dedizione, ma per il futuro c'è poca speranza.
Il comparto olio di oliva avrebbe bisogno di un contesto operativo diverso. La politica dovrebbe lasciare spazio a chi ha competenza e passione, non può sempre intromettersi. Ma non c'è speranza, ripeto: io non ne vedo, si procede per inerzia.
La Spagna olearia ci inghiotterà in un sol boccone. Se la Puglia, la regione olivicola di riferimento - anzi la regione "regina", come lei ha scritto - non riesce a essere forza trainante nel paese, allora l'olivicoltura nostrana è destinata a restare azzoppata.
E' la realtà dei fatti, non intravedo altro.
Luigi Caricato