La voce dei lettori

INTORNO AL TURISMO RURALE

Da una riflessione di Marco Pallanti del castello di Ama, apparsa nella newslettere telematica dell’azienda, ospitiamo le riflessioni del giornalista Stefano Tesi, il quale sostiene che “il turista curioso, interessato, preparato, sensibile esiste ancora” e che...

30 luglio 2005 | T N

Caro Luigi,
ti allego, per tua utilità, uno scritto che Marco Pallanti del Castello di Ama ha pubblicato sull'ultima newsletter telematica dell'azienda a proposito di agriturismo. E ti allego anche la risposta che gli ho appena mandato.
L'argomento, anche se non nuovo, può offrire comunque un ulteriore motivo di riflessione oltre a quelli più volte evidenziati sia dal sottoscritto che da altri.
Ciao e buon lavoro,

Stefano Tesi


Agrituristi per caso

"Si riconoscono già in lontananza, ma una volta visti e uditi da vicino non possono esserci più dubbi. Sono proprio loro i “Turisti per caso”, per lo più finti o pseudo naturalisti, che per mare o per campagna piombano in luoghi bellissimi con l’illusione di vivere più vicino alla natura.
In questi pochi giorni di vacanza, mi trovo a Portovecchio, in Corsica, e queste riflessioni scaturiscono dalla vista di uno sbarco di “charteristi” da un battello a vela. Vedendoli in faccia ho trovato nei loro volti arrossati dal sole la stressa espressione dei tantissimi “agrituristi” che sbarcano, scendendo dai loro SUV, nel Chianti Classico. Osservandone il comportamento ho notato, in molti di loro, quella stessa superficialità che li accomuna. Beninteso, e fortunatamente, non sono tutti così ma lo è sicuramente una buona maggioranza. Sono caratterizzati da una forte mancanza di curiosità che li induce a portarsi da casa una loro idea preconfezionata del nuovo ambiente. In altre parole, la splendida vacanza che hanno intrapreso non viene sfruttata per comprendere né le persone che lì vivono e lavorano né l’originalità del luogo. Certamente prima che questa tipologia di vacanza divenisse una moda, c’era qualcosa di rivoluzionario nella loro scelta. Non dimentichiamo che l’agriturismo nacque come una forma di soccorso umano, non economico, per la campagna che si stava spopolando. Oggi, purtroppo, di questa ricerca di inserimento in un nuovo tessuto culturale è rimasto ben poco e la decisione è divenuta assolutamente conformista: tutto passa davanti ai loro occhi come in un vecchio film. Questi due mondi, il mare come la campagna, al fine di essere amati necessitano di interesse e di persone disposte ad ascoltare non soltanto le parole degli abitanti ma anche tutto ciò che non può essere detto. La parte più importante sta proprio racchiusa nel linguaggio dei cipressi e delle colline come delle onde e della sabbia. È un linguaggio nuovo da identificare e fare proprio sia attraverso l’olfatto, con i profumi dell’aria, che con gli occhi, beandosi dei paesaggi mozzafiato. Come di fronte ad un Grande Vino tutto può essere annullato nello scetticismo dell’indifferenza oppure compreso interloquendo con il racconto che ogni opera aperta racchiude in sé. Termino con una frase copiata dal Paradiso dell’incommensurabile fiorentino: “Apri la mente a quel ch’io ti paleso, che non vi è scienza senza lo ritenere aver inteso.”. Buone vacanze a tutti!"

Marco Pallanti


Agrituristi per caso? Mica tanto.

Le riflessioni di Marco Pallanti sugli "agrituristi per caso" sorpresi ad annoiarsi durante il loro buen retiro chiantigiano, magari a lungo pianificato e sognato durante i mesi invernali, mi trova solo parzialmente d'accordo.
Nessun dubbio sull'inadeguatezza dello spirito con cui la stragrande maggioranza dei visitatori presenzia in quel grande luogo comune che sono divenute le campagne (non solo del Chianti, garantisco) nostrane. Ma è davvero colpa loro, degli "agrituristi per caso"? Ce la sentiamo di attribuire a questa gente - in un moto di ovvietà uguale e contrario a quello di cui li accusiamo - la responsabilità di un'indifferenza che prima, in tutti i modi, gli abbiamo venduto, inondando di retorica e di marketing libri, riviste, cataloghi, scaffali del supermercato? Dopo che abbiamo costruito pezzo per pezzo un immaginario collettivo e un prodotto di massa di cui adesso, con lacrime di coccodrillo, ci lamentiamo?
La mia lunga esperienza di agriturismo mi spinge a pensarla un po' diversamente.
La realtà è che il turista curioso, interessato, preparato, sensibile esiste ancora. Eccome se esiste. Sono che noi ne abbiamo smarrito l'indirizzo. Non solo: abbiamo fatto sì che il percorso per raggiungerci sia diventato per lui talmente tortuoso, scomodo e inusuale che egli stesso fa immensamente più fatica di una volta a trovarci. Inevitabile che egli scompaia dalla circolazione e che il suo posto venga preso, moltiplicatamente, dal popolo dei SUV. E ciò accade ormai da talmente tanto tempo che ci siamo perfino dimenticati di come tutto funzionava, allora.
Eppure il fenomeno, nella sua genesi, è semplicissimo. Nell'inevitabile tendenza, dettata dalle esigenze commerciali, a trasformarsi in prodotto di massa, l'agriturismo ha finito per assecondare esclusivamente i canali di vendita e di comunicazione destinati appunto alla clientela di massa: fiere generaliste, stampa generalista, advertising generalista. Come in una reazione a catena, sotto la sciocca spinta dell'emulazione e della speculazione, l'offerta di agriturismo si è poi a sua volta moltiplicata, nel sogno chimerico di una crescita senza fine, riversandosi tutta in quei canali. Canali sbagliati, che hanno ingolfato il sistema e illusoriamente avvicinato un consumatore generico - quello che, in base al budget, alla pubblicità e alle mode sceglie indifferentemente se andare in vacanza in agriturismo, in Cina o sul Mar Rosso senza essere di fatto minimamente interessato a nessuna delle tre destinazioni - a un prodotto che invece non può, per sua natura, essere assimilato al prodotto turistico-industriale. Morale: si è perduto l'agriturista vero, non si sa più dove sia, non si sa più raggiungerlo.
Faccio un esempio. Se produco una quantità limitata di eccellente vino da dessert, ideale per essere abbinato alla pasticceria e finora venduto appunto nelle pasticcerie e nelle bottiglierie specializzate nel genere, ma poi, per moltiplicare il venduto, interrompo la distribuzione in questi esercizi e disperdo la produzione negli scaffali degli ipermercati, dei megastore e dei cash and carry, frequentati al 99,99% da gente che compra elettronica, carta igienica, cosmetici, pacchi di grissimi formato famiglia, etc, e solo in casi rarissimi è interessata al mio vino da dessert (ammesso che sia poi in grado di comprenderne la qualità), così facendo io perdo per sempre il consumatore "vero" (il quale, non trovando più il mio, passa al prodotto del concorrente) e mi illudo di acquisirne molti altri in più, ma "falsi". Gente che compra il mio vino se non trova i limoncello o perché lo scambia per qualcos'altro.
Ecco, questo è esattamente quello che è accaduto con l'agriturismo. Per privilegiare stoltamente un mercato di massa che non è nelle corde dell'agriturismo si sono perduti i clienti "veri", quelli che ancora ci sarebbero, che si annidano nei mercati di nicchia, ma che fanno una fatica tremenda ad adattarsi ad un sistema distributivo che non è più per loro. Così vanno in crisi tutti: gli agriturismi, gli agrituristi, gli pseudoagrituristi e/o gli agrituristi per caso. I risultati li abbiamo sotto gli occhi propri in questi anni, con cali di presenze a botte del 25% a stagione.
Quindi, caro Marco, lamentiamoci pure dell'occhio bovino con cui l'agriturista "per caso" scende annoiato dal suo SUV per guardare distrattamente il nostri maestosi panorami. Ma facciamo poi un bell'esame di coscienza e cospargiamoci il capo di cenere.
Buone vacanze!

Stefano Tesi


Caro Stefano,
come al solito le tue analisi del settore turistico offrono sempre ottimi spunti di riflessione. Per questo riporto l’intera tua mail, con le note di Pallanti, a beneficio dei lettori di “Teatro Naturale”. Buona estate.

Luigi Caricato