La voce dei lettori

UN'AGRICOLTURA DENUDATA E IRRISA. INVITO AD UNA RIFLESSIONE

Ci scrive l'agronomo Fiorenzo Pandini da Brescia: Come mai in Italia il medico, il farmacista, l'avvocato, il veterinario, il notaio,... sono professionalità "obbligatorie" nella quotidianità mentre quella dell'agronomo-forestale è solo "utile" e di "complemento"?
Risponde Luigi Caricato

02 luglio 2005 | T N

Egr. Direttore,
mi chiedevo, unitamente a diversi colleghi operanti in campo agrario, come mai la nostra agricoltura si stia lentamente strozzando economicamente.
Osservando gli altri settori notavo però una cosa alquanto strana: facendola notare a qualcuno dei nostri politici di prima fila, sia di governo che di opposizione, vedevo che provocava mutismo o finta distrazione.
Questa osservazione, che trasmetto a Lei con preghiera di divulgazione tra i lettori, è questa:
perchè il Ministro della Salute ha come interlocutori principali i medici, i veterinari, i farmacisti; quello dell'Economia ha per parte sua commercialisti e fiscalisti, quello di Grazia e Giustizia gli avvocati e i magistrati, quello dei Beni Culturali gli architetti, quello dei LL.PP. gli ingegneri mentre quello delle Politiche Agricole ha come principali interlocutori le organizzazioni sindacali e non gli agronomi-forestali?
Come mai in Italia il medico, il farmacista, l'avvocato, il veterinario, il notaio,... sono professionalità "obbligatorie" nella quotidianità mentre quella dell'agronomo-forestale è solo "utile" e di "complemento"?
Il 100% degli italiani sa cosa fa il medico, l'avvocato, il farmacista... come mai meno dell'1% sa invece chi è l'agronomo?
Cordialmente,

Fiorenzo Pandini


E' molto strano purtroppo ciò che accade; ma l'agricoltura, si sa, sembra essere diventata così grottesca e comica che mi stupisce come certi politici (di qualsiasi schieramento essi siano, tranne rarissime eccezioni, così rare
da richiedere la tutela perché queste figure non si estinguano) vadano ancora in giro a dispensare benedizioni in fiere, manifestazioni e convegni vari senza essere fischiati e messi in discussione: qui invece per certi
individui che hanno sottratto energie e anima al mondo agricolo ci sarebbe da recitare il de profundis. Evidentemente se costoro non si vergognano ad uscire di casa, hanno le loro buone ragioni e un consenso sicuro.

Chi garantisce loro questo consenso?
Siamo certi che non vi siano responsabilità nel mondo agricolo e in quello professionale ad esso legato?
Questa è purtroppo una amara constatazione che occorre pur fare.
In ogni caso, sappia che qui, a "Teatro Naturale", c'è sempre spazio per la
denuncia e per proposte valide al disastro attuale.
Noi, per esempio - e lo sostengo con grande e lucido orgoglio - siamo diversi da altre testate giornalistiche, laddove l'agricoltura sembra essere una mummia, facendo apparire agli occhi distratti della gente un settore diverso da quello che poi si rivela nella realtà: un settore così ovattato da non far nemmeno trapelare l'ombra dei problemi che ne scuotono
sensibilmente le fondamenta.

Finché il tutto regge, si va avanti; ma occorrono risposte concrete. Noi con
il nostro settimanale abbiamo dato un segnale certo e tangibile di come si possa reagire allo stato delle cose; ora tocca agli agronomi, ai veterinari, ai periti agrari, agli agrotecnici e a tutte le altre figure
imprenditoriali - che vivono nell'agricoltura e dell'agricoltura - "dare testimonianza" di un cambiamento in atto, di un rovesciamento di fronte.

La cosa terribile a cui assistiamo è che non è purtroppo una questione ideologica: qui destra, centro e sinistra pari sono: l'agricoltura è solo
una risorsa da depredare. Mi spiace soltanto che l'associazionismo - un valore in sé importante e decisivo per il futuro del comparto - resti invece indifferente allo stato delle cose; mi spiace dunque che le anime sane
(anime libere cioè da appartenenze, capaci di consumare se stesse per passione e solo per pura passione in nome dell'agricoltura), che le anime
sane di questo associazionismo zoppo alla fine boccheggino e non si lascino minimamente toccare dalla gravità dei tempi, dissociandosi come dovrebbero da certe esasperate ed esasperanti politicizzazioni e sindacalizzazioni inutili e sconvolgenti.

Cosa bisogna dire altro?
Crederci ancora? Non lo so, non saprei.
I donchisciotte non mollano. I potenti nemmeno. E' tutta una questione di potere.
Manca l'anima a questa agricoltura italiana, è stata svestita e denudata e irrisa; ma nessuno ci fa caso: tutto va bene: problemi? ma no quali
problemi...

Luigi Caricato