La voce dei lettori

"I GIOVANI OLIVICOLTORI SONO LE SENTINELLE DEL DOMANI"

Ci scrive il direttore dell'Unaprol Ranieri Filo della Torre. Rispondono Luigi Caricato e Alberto Grimelli

23 aprile 2005 | T N

Caro Direttore,

leggo con attenzione la Tua Rivista e Ti ringrazio per il lavoro che, insieme ai Tuoi collaboratori, svolgi per dare una ulteriore, qualificata ed indipendente voce informativa agli operatori del settore.

Ho letto l’editoriale dello scorso numero di Alberto Grimelli che, tra le altre questioni, si sofferma sull’ esigenza di modernizzazione e sviluppo di quel nobile comparto che è l’olivicoltura italiana. Mi è sembrato di cogliere un certo scetticismo rispetto alla opportunità, da me indicata in un recente articolo sull’Informatore agrario, di un progetto forte e condiviso tanto dagli operatori quanto dalle amministrazioni pubbliche per dare maggiore spessore ed incisività al complesso ed articolato sistema olivicolo nazionale, al nostro made in Italy di eccellenza.

Premesso che è giusto che ognuno abbia le proprie convinzion e non a caso Shakespeare diceva che la varietà è la bellezza della vita ( e gli olivicoltori lo sanno bene per avere combattuto in modo feroce contro l’omologazione del gusto), mi permetto di ritornare sulla questione.

Il sistema olivicolo italiano è importante. E’ un sistema che dà lavoro, genera ricchezza, contraddistingue e salvaguarda il territorio, è un ambasciatore fondamentale del made in Italy e della cucina italiana nel mondo. L’Italia è un crocevia dell’olio . Con molta rabbia per i nostri cugini spagnoli, per i consumatori mondiali il binomio olio extravergine di eccellenza e Italia è inscindibile.

Tuttavia il nuovo scenario di mercato propone sfide decisive dove rischiamo di perdere immagine e reddito, anziché coglierne le opportunità, se non rilanciamo un piano ordinato di interventi per accompagnare le imprese olivicole al mercato. Un piano che deve avere , per quello che rappresenta questo eccezionale comparto, uno spessore ed una capacità prospettica adeguate. E su questo, mi sembra di capire, siamo tutti d’accordo.

Ma chi sono gli interlocutori? Dove discutere, individuare e realizzare gli strumenti necessari a rilanciare gli investimenti tanto a livello di impianti produttivi che di trasformazione? Dove ragionare e decidere in merito alla aggregazione di una offerta sempre più frammentata e poco integrata in un sistema a rete per la qualificazione (e la tracciabilità) del prodotto? Con chi e come difendere la qualità nelle sedi internazionali dove si decide) A chi sollecitare ricerca, innovazione, controlli?

I produttori e i trasformatori bravi, seri e onesti (ed aggiungerei le organizzazioni che loro stessi hanno costituito e promosso) meritano attenzione da parte dell’amministrazione pubblica per un corente e credibile progetto di sviluppo di tutto il sistema paese per quanto attiene la filiera olivo-olio.

E c’è un’altra questione che non condivido nell’articolo del bravo Grimelli. La mancanza di fiducia. Dove sta l’impresa, dove stanno gli investimenti, come si combatte la sfida per il futuro, specie per le nostre aziende guidate da giovani olivicoltori, che sono le sentinelle del domani, se manca fiducia, entusiasmo, passione? Crederci è essenziale, è un imperativo categorico! E’ indispensabile per costruire lo sviluppo della nostra olivicoltura di qualità.

Ti auguro ancora buon lavoro, a presto.

Con tanta cordialità

Ranieri Filo della Torre


E' vero, "Teatro Naturale" è una voce dell'informazione indipendente. Infatti a differenza di altre testate è possibile leggere critiche autentiche, senza veli e senza appartenenze. Un segno evidente di professionalità, visto che altrove vi sono soltanto voci monocordi, scontate e prevedibili. Questa mia considerazione non è presuntuosa, ma esprime l'esigenza di scuotere un mondo agricolo chiuso in se stesso e afflitto da logiche di potere che lo affossano e lo fanno arretrare. Non c'è però scetticismo in noi, ci limitiamo a registrare ciò che si avverte nell'aria: l'insofferenza per esempio, il malcontento. Lei sa bene che a gestire il comparto olivicolo in Italia sono le stesse persone da decenni. Di opportunità ve ne sono tante, lo sappiamo tutti, ma queste vengono puntualmente spente e frenate da certe figure desuete che ancora gestiscono gli ingranaggi di una macchina che sta però perdendo pezzi da ogni parte. Le parole non bastano più, occorrono gesti e atti concreti. Ho scritto in molte occasioni di come per giungere a una svolta credibile si renda oggi inevitabilmente necessario depoliticizzare e desindacalizzare il comparto olio di oliva - e soprattutto affrancare il mondo dell'associazionismo da quei limiti strutturali che lo rendono inefficace e improduttivo. Occorrono volti nuovi, liberi da condizionamenti. Solo dopo aver fatto tabula rasa si può ricominciare sperando di conseguenza in un cambiamento. I progetti forti e condivisi sono tali solo quando a proporli e a caratterizzarli sono le persone giuste. I progetti sulla carta non approdano a nulla. La fiducia di cui lei dice viene purtroppo meno nel momento in cui ci si sente soli e abbandonati. Ed è quello che avviene da sempre in Italia. Non è pessimismo il mio, ma terribile realismo. Per questo condivido la linea tracciata nell'editoriale da Grimelli, e la sostengo con ferma convinzione. Non c'è futuro in Italia finché non vi sarà un rovesciamento di fronte all'interno della rappresentanza dei vertici dell'associazionismo. Fiducia, entusiamo e passione è la triade che anima e muove "Teatro Naturale", una voce scomoda, ma necessaria per non morire di inedia in tempi così grami.
Perché non riprende lei le redini dell'Unaprol? Depoliticizzare e desindacalizzare significa proprio questo: restituire ai tecnici il primato sulle decisioni.
Con la stima di sempre,

Luigi Caricato




Caro Filo della Torre,

no, non sono nè pessimista nè scoraggiato.

Amo il comparto olivicolo del nostro Paese, non mi sarei specializzato in olivicoltura ed elaiotecnica se non credessi nelle potenzialità del settore.

Questo però non significa che io sia cieco di fronte alle criticità, ai punti di debolezza che affliggono un sistema economico, in questo ha perfettamente ragione, che è strategico per l’Italia. Tra le carenze più significative debbo annoverare lo scadente operato delle Associazioni e Unioni dei produttori. Mi ha stupito, a tal proposito, che lei non abbia replicato ad alcuna delle accuse a carico dei vertici politici dell’associazionismo che ho lanciato nel mio editoriale. Sono certamente denunce provocatorie ma hanno fondate e solide basi di verità.

Purtroppo sono anni, precisamente da che mi iscrissi all’Università, che sento parole e promesse affinchè venisse data attuazione a un Piano Olivicolo nazionale. Sono trascorsi più di due lustri da quei discorsi e assicurazioni, nulla, mi duole dirlo, è stato fatto. Nuovamente si parla di aprire un forte dibattito, ultimo il suo articolo su "L’informatore Agrario". Non mi fraintenda, sono un fautore e accanito sostenitore delle tavola rotonde, delle conferenze, degli incontri, ritengo che siano momenti di confronto indispensabili alla nascita e crescita di un progetto, ma altrettanto importate è dare attuazione alle idee. Questo passaggio non è stato operato, la situazione è andata degenerando, e ancor peggio, si è incancrenita.

Nonostante le Associazioni molti imprenditori si sono rimboccati le maniche, nonostante le Unioni dei produttori molti olivicoltori e frantoiani hanno investito, costruito, lavorato, nonostante i vertici politici dell’associazionismo sono nati i master e altre iniziative formative per creare tecnici qualificati di settore, nonostante...

Questa non è sfiducia, ma semplice realismo.

So con quale passione e determinazione quotidianamente si adopera per il comparto olivicolo nazionale, conosco la sua competenza. Le assicuro che non siamo su fronti opposti.

Non posso tuttavia apprezzare l’operato dei vertici politici dell’Unaprol, che tante promesse hanno dispensato, ma che ben poco hanno mantenuto. Non posso stimare persone capaci di derubare e appropriarsi di idee e progetti altrui, come la campagna di Teatro Naturale contro l’uso delle ampolline nei ristoranti, senza almeno riconoscere i meriti di chi si è fatto promotore, si è adoperato attivamente, si è speso per un obiettivo.

Cordiali saluti



Alberto Grimelli