La voce dei lettori
Il paesaggio agrario? E’ cosa diversa dal paesaggio naturale
Ci scrive Pierluigi Taccone: “senza vis polemica, lancio un messaggio a chi vuole a ogni costo proteggere l’olivo: insistere, nel difenderlo,non tenendo conto dei costi e dei sacrifici che ciò comporta, significa decretare il degrado e la morte di ciò che a giusta ragione si ritiene simbolo della nostra storia e cultura”
21 aprile 2012 | T N
Alla C. A. della signora Maria Carla Squeo
Gentile Signora,
Ho letto con interesse il suo articolo “Perché l’Italia olivicola……”ed i concetti da me espressi e da Lei chiaramente riportati.
Probabilmente in ciò che espongo si evidenzia una forte vena polemica nei confronti degli ambientalisti, maggiore di quanto avessi voluto.
Non era mia intenzione alimentare simile polemica.
Mi ritengo, come la maggior parte degli agricoltori, un attento difensore dell’ambiente e del territorio, è casa nostra nella quale viviamo quotidianamente, la sua salute rappresenta la nostra vita.
Da troppo tempo assistiamo al suo degrado non certo per il cambio di destinazione di specie agronomiche, ma per ben altri motivi, quasi sempre di carattere speculativo.
Detto ciò è necessario chiarire alcuni punti importanti:
Il paesaggio agrario sul quale si svolge la nostra attività economica e cosa diversa dal paesaggio naturale, caratterizzato dalla macchia mediterranea o da un bosco naturale.
Un agrumeto, un vigneto, un oliveto impiantato dall’uomo per fini unicamente produttivi in tanto vive in quanto offre convenienti risposte economiche, venute a mancare queste, le strutture arboree, non più curate, se non verranno sostituite, deperiranno in breve tempo.
Questo è quello che avverrà, purtroppo, con un milione e più di ettari di oliveto che caratterizzano molti tratti del nostro territorio agrario.
Vorrei far notare a chi della salvaguardia dell’olivo ha fatto una battaglia ambientalista che questa pianta, pur essendo generosa ed adattabile, non tollera l’abbandono, la mancanza di potatura e di pulizia del suolo e in competizione con altra specie, fatalmente soccombe.
In questo senso non sarebbe più intelligente proteggere l’olivo in zone collinari dove la specie trova maggiore vocazione e non ha alternative e in quelle aree indirizzare le poche risorse reperibili per far vivere questi alberi che altrimenti, anche in collina, scomparirebbero.
E’ dunque senza vis polemica che lancio un messaggio a chi vuole ad ogni costo proteggere l’olivo: insistere, nel difenderlo,non tenendo conto dei costi e dei sacrifici che ciò comporta significa decretare il degrado e nel giro di pochi anni, la morte di quello che a giusta ragione si ritiene un simbolo della nostra storia e della nostra cultura.
Con i migliori saluti,
Pierluigi Taccone
Sono certa che i lettori di Teatro Naturale condividano la sua analisi, io per prima ne sono profondamente convinta. Il paesaggio esprime la forza dirompente della natura, ma una pianta come l'olivo è contraddistinta dall'importante ruolo esercitato dall'uomo. Siamo anche noi in fondo i costruttori del paesaggio. Adattare le coltivazioni alle mutate esigenze dei tempi è una logica pienamente condivisibile.
MCS

Corrado Rodio
21 aprile 2012 ore 11:23Proteggiamo l'olivo.
Premesso che non conosco i precedenti articoli e premesso che non sono un'ambientalista ma un'olivicoltore non ho parole per commentare "l'analisi"del sig.Taccone che è rimasto a idee e concetti fermi a parecchi anni fa.La Regione Puglia sta facendo grossissimi sforzi per la tutela e la valorizzazzione delle piante secolari ( e del loro paesaggio )le quali sono state candidate dai comuni di Ostuni,Carovigno e Fasano a far parte del Patrimonio Mondiale dell'Umanità e per le quali si sta costituendo un consorzio di produttori per la commercializzazione del loro olio ,tra l'altro eccellente,in tutto il mondo.Lo scrivente ha " salvato" la sua azienda proprio con l'olio di qualità di queste magiche piante monumentali e con lo spettacolare paesaggio che queste offrono fonte ormai di attrazione turistica.Altro che confino alla zone collinari, abbandono,impianti intensivi o super intensivi.Si tratta di salvare un patrimonio unico al mondo sopravvissuto per decine di secoli e che ha sfamato centinaia di generazioni in una terra siccitosa e poco produttiva.L'olio extravergine di oliva ormai si produce in tutto il mondo e con costi di gestione sempre inferiori ai nostri.Possiamo competere solo con l'eccellenza legata alla nostra storia,alla cultura e al paesaggio. Abbiamo tra le mani una grossa risorsa,dobbiamo solo farla fruttare. Corrado Rodio