La voce dei lettori

TRASPARENZA E AUTOREVOLEZZA DELLE GUIDE VINICOLE

Una lettera del giornalista Stefano Tesi, un paio di elementi critici da sviluppare. Occorre intendersi meglio sul concetto di guida

19 febbraio 2005 | T N

Caro direttore,

ho letto su TN l’intervista doppia a Panont e all’amico Ziliani (che a sua volta ci legge e che saluto) a proposito della vexata quaestio delle guide vinicole. Mi sembra che gli elementi critici della faccenda, con la giusta equanimità, siano emersi tutti. Tranne un paio.

1) Forse bisognerebbe intendersi meglio sul concetto di guida, perché di guide ne esistono almeno due più tipi.

La prima è quella della guida come strumento “cieco”, rivolto cioè a un lettore che, non avendo il patrimonio di nozioni necessario a giudicare in autonomia, si affida al giudizio di chi pensa saperne più di lui. In questo caso la guida serve a orientare le scelte dell’utente e i suoi acquisti, in attesa che l’utente medesimo, con il tempo e l’esperienza, impari a fare da sé.

La seconda è quella della guida come “regesto” di una certa produzione (nel nostro caso del vino), destinato non al principiante o quasi, ma agli addetti ai lavori o comunque all’utente smaliziato. In tal caso lo strumento serve a fornire all’utilizzatore un panorama allargato del mercato e dell’offerta, fornendogli indicazioni, approfondimenti, valutazioni e giudizi che egli saprà interpretare e leggere cum grano salis. In sostanza, qui la differenza tra chi scrive la guida e chi la utilizza non è nella competenza in sé (casomai nei gradi della stessa) ma nella possibilità del primo di accedere a un numero di vini molto superiore a quello del normale appassionato.

E’ ovvio che l’approccio del lettore alle due tipologie di guida, e l’uso che ne può essere fatto, è molto diverso. Spesso però si tende a confondere.

2) Quando una guida è troppo legata ad altre attività editoriali, imprenditoriali o professionali dell’editore o dell’autore, la sua credibilità tende a scemare in misura direttamente proporzionale all’importanza dei rapporti commerciali tra i produttori di vino e l’editore stesso, che tendono a costituire una sorta di filiera economica parallela. Non è più allora una questione di differenza di stile o di filosofia tra una guida e un’altra, bensì di convergenze di interessi. E questo non giova alla trasparenza e all’autorevolezza.

Saluti,
Stefano Tesi