La voce dei lettori
Registro Sian? Non si capisce il senso e il fine
Ci scrive, allarmata, l’imprenditrice Francesca Petrini: il nuovo registro viola la privacy, tuffando in “rete” dati sensibili frutto di anni di duro lavoro. Resta da chiedersi se le aziende olearie verranno risarcite per i costi che sosterranno
02 luglio 2011 | T N
Gentile dott. Caricato,
in riferimento alla lettera della signora Montini e alle successive opinioni (qui, qui), manifesto anch’io la mia forte perplessità per questo nuovo obbligo di cui non capisco il senso né il fine.
Non mi si venga a dire che serve alla rintracciabilità in quanto già garantita da strumento idoneo, istituito ormai da qualche anno né si cerchi di convincermi che tutto questo sarà utile per contrastare le frodi dato che, allo stato attuale, il registro, seppure cartaceo, già esiste.
Insomma, con tutto ciò che è stato detto e che condivido, è mai possibile che nessuno sia cosciente di quanto questo nuovo obbligo minacci anche e soprattutto il nostro sacrosanto diritto alla PRIVACY!?!
Sappiamo tutti e anche molto bene quanto la rete sia “ingestibile” dal punto di vista della sicurezza dei dati e vogliamo dunque consegnare le nostre aziende alla rete come se nulla fosse!?! Signori, svegliamoci!!!
L’obbligo non prevede solo l’invio dei flussi di olio (peraltro già in atto) ma anche l’invio di veri e propri pacchetti / portafogli clienti / fornitori, frutto di anni di lavoro, di sacrifici e di investimenti. Mi dica, dott.Caricato, quale imprenditore (che non lo faccia per hobby) fornirebbe la sostanza, il contenuto della sua azienda su un piatto d’argento, ad una rete che non gli garantisce né garantirà mai nessuna protezione al 100%? Ciò solo perchè deve adempiere ad un obbligo, ripeto già esistente, in maniera telematica? Stiamo scherzando? I burocrati, hanno la minima idea di ciò che voglia dire stare dentro ad un’azienda, soprattutto se le dimensioni non sono tali da permettersi uno stuolo di impiegati!?!
E non mi si venga a dire che esistono le password!!! Dico, ma ci prendono pure in giro!?
Non voglio essere fraintesa ; concordo con l’obbligo del registro ma che sia e che rimanga cartaceo… oppure si renda facoltativa la possibilità di mettere i dati online!
Come il conto online, chi ce l’ha è perché se lo è scelto, lo ha voluto, ha avuto la possibilità e quindi libertà di scegliere. Nel nostro caso, è pura e semplice imposizione e violazione di diritti.
Credo che dobbiamo tornare a darci tutti una sana regolata nella definizione delle norme che seppure necessarie, devono essere tali da offrire garanzie nel rispetto però dei nostri legittimi diritti…e se proprio volete (credo ancora nei valori) anche nel rispetto del nostro libero arbitrio !!!!
Un cordiale saluto.
Francesca Petrini

Capisco il disappunto. Ormai non si ha più fiducia nelle Istituzioni, visto che sono alla mercè di chi impone loro l’agenda; e capisco pure il senso di amarezza che pervade la sua denuncia: è triste, davvero molto triste, per chi mette energie vive, danaro, anima e cuore nel proprio lavoro, subire atti d’imperio e continue vessazioni burocratiche, con la risibile scusa di favorire una maggiore trasparenza.
Perché, non basta forse la già troppo onerosa burocrazia ch’è in atto?
C’è necessità di aggiungerne altra? E a beneficio di chi, poi?
No, non sono più credibili le Istituzioni.
Coraggio, dottoressa Petrini: vada avanti con il suo lavoro, non desista.
L’Italia ha bisogno di esempi positivi come il suo, altrimenti il Paese crolla e arretra.
Intanto, resta da chiedersi se a fronte di tali esercizi di potere le aziende alla fine verranno rimborsate o meno per il sovraccarico di costi che dovranno sopportare. Se non è così, allora unitevi, protestate, scendete in piazza, indignatevi, non fatevi sottomettere da chi ha vissuto tutti questi anni creando solo burocrazia a vostro danno.
In Redazione sono giunte molte telefonate di protesta, ma occorre che tutti i suoi colleghi escano allo scoperto e denuncino tali atti di oggettiva e indebita ingiustizia e sopruso.
Scrivete un testo comune e firmatelo tutti, Teatro Naturale accoglierà tale indignazione e si farà carico di sensibilizzare quella parte ancora sana delle Istituzioni - non soggiogata da alcuno - e che ha ancora cuore e buon senso. Se si muovessero tutti i frantoiani d'Italia, all'unisono, dimostrerebbero per la prima volta in assoluto nella storia di essere una vera voce forte e credibile.

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angelo antonioli
02 luglio 2011 ore 10:20Mi associo a quanto chiaramente esposto dalla Sig.ra Petrini.
Lasciatemi sfogare come posso.
Sono un modesto frantoiano non sono un laureato per esprimermi meglio.
Lavoro in questo settore da oltre 50 anni, mi sono dedicato con passione e dedizione impegnando il mio tempo e le mie risorse per portare avanti al meglio e dignitosamente la mia azienda che svolge un utile servizio agli agricoltori.
Non ho mai chiesto nessun aiuto, ho sempre ottemperato agli obblighi fiscali e burocratici al meglio e con puntualità.
Ora però mi sembra che siamo arrivati alla esagerazione.
E' tempo di finirla di rincorrere tutte le invenzioni burocratiche opera del fanatismo di di associazioni di turno che operano in collaborazione di organismi istituzionali che non hanno più senso di esistere.
Bisogna avere il coraggio di toglierli, sono esuberi.
Non so che cosa pretendono da un frantoiano che trasforma un prodotto di cui non entra in proprietà. Che cosa pretendono da noi che oltre le norme di sicurezza sul lavoro e le norme igeniche giustamente da rispettare.
Se siamo presenti e operiamo da anni è perchè ci siamo quadagnata la fiducia dei nostri clienti, il mercato fa la selezione noi ci presentiamo con la ns faccia che vale di più delle etichette dei registri e delle certificazioni.
I controlli qualitativi non ci fanno timore ne fastidio, anzi benvengano, ma che ci impongano una contabilità che è più pressante ed onerosa di quella fiscale mi sembra veramente assurdo.
Mi sembra sia un gioco di virtuosismo inutile.
Pertanto facciamoci sentire e in modo forte se vogliamo salvare le nostre piccole aziende nel pieno diritto di operare libere da inutili incombenze e preoccupazioni.
Ripeto ancora, facciamoci sentire in modo forte anche con una disubbibienza civile e che le nostre associazioni ci sostengano.
Facciamoci sentire se vogliamo salvaguardare la ns dignità !!!!
Facciamoci sentire se vogliamo essere concorrenziali in un mercato molto attento e sensibile.
Scusate lo sfogo non voglio tediare nessuno ma voglio dare semplicemente il mio contributo al dissenso avverso agli obblighi che solo l'Italia virtuosa ci ha voluto addossare.
A.Angelo