La voce dei lettori

Battaglie di retroguardia. In difesa dell’olio meno buono

Chi si è mosso contro il Reg. Ue 61/2011 ha la coda di paglia. Non difende l’olio italiano di qualità, prodotto con professionalità e passione, ma l’olio vergine dei produttori pasticcioni. Una lettera di Maria Montini mette il dito nella piaga, interrogandosi sul perché gli extra vergini abbiano avuto una forte impennata di prezzi e, in contemporanea, una scandalosa svendita

07 maggio 2011 | T N

 Caro Direttore,

sono contenta perché finalmente l’olio italiano comincia a poter sperare in un prezzo che ripaghi il lavoro del produttore serio e mi sono chiesta che cosa avesse determinato questo cambiamento: perché i prezzi degli oli extra vergini di oliva, tra la fine di marzo e nel corso del mese di aprile, hanno avuto una bella impennata e, contemporaneamente, sul mercato abbiamo assistito a scandalose svendite di olio extra vergine di oliva a prezzi vergognosi?

Di chi è stato il merito? Del regolamento sul 100% italiano? Dell’Unaprol, con l’ennesima avventura dell’Olio I.O.O.%?

Bello sarebbe stato se fosse dipeso da questo. Bello soprattutto, per chi aderisce alla società I.0.0.% poter dire ”la mia organizzazione ha fatto qualcosa di concreto, e finalmente riesco a misurare economicamente l’impegno e l’importanza di essere iscritta a tale organizzazione”. Ma così non è, purtroppo; anzi, è peggio di quel che può sembrare a prima vista: anche perché, secondo me, il merito va tutto al tanto vituperato Reg. Ue 61/2011 contro cui si sono scagliati giornalisti impreparati a trattare l’argomento e alcune… associazioni di produttori!

Ha letto bene: non scrivo “associazioni di imbottigliatori e di industriali”, anche perché queste comprano un olio che deve rispondere a determinati requisiti, e non essendo produttori, per loro, dov’è mai il problema?

Non mi risulta infatti che le associazioni dei confezionatori e degli industriali abbiano sollevato particolari problemi.

Le associazioni dei produttori, invece, levando tuonanti voci contro il Regolamento Ue 61/2011 sugli alchil esteri hanno dimostrato di difendere non l’olio italiano di qualità, quello prodotto con serietà, passione, professionalità e impegno ma l’olio vergine prodotto dai produttori pasticcioni, quelli che, si sa, hanno valore di alchil esteri superiori alla norma: miscelando questo olio vergine all’olio extra vergine da aprile hanno qualche problema in più.

Ed ecco, forse, spiegato il perché delle scandalose svendite, nei mesi di febbraio e marzo, di olio extra vergine di oliva a prezzi inferiori a quelli di mercato.

Forse dovevano essere smaltite le scorte di oli non conformi? Bah!

Strano mondo quello dell’olio dove i produttori possono sperare per migliorare le proprie condizioni solo nella ricerca dei chimici e delle persone che si sono impegnate in questi anni per portare alla luce il reg. 61/2011. A loro va sicuramente un grazie perché hanno dimostrato di saper e voler difendere il puro succo d’oliva.

Lei cosa ne pensa?

Maria Montini

 

Cara Maria Montini,

lei è decisamente informata sui fatti. Sa essere amabilmente ironica e, con grande grazia e maestria, ha saputo scavare in modo mirabile in quella terribile, putrida e stagnante palude che è il comparto olivicolo e oleario italiano.

Lo ha fatto con classe. Come dire? Senza macchiarsi l’abito. Però, la prego: faccia attenzione, non si esponga troppo. Le possono fare la guerra. Mettere in luce gli insuccessi dell’I.O.0.% non le giova. Nonostante il momento attuale sembri effettivamente diverso, meglio stare in guardia, mi creda. Vuole un esempio? Legga l’intervento del professor Massimo Cocchi per rendersene conto.

Lei ha pienamente ragione. Potrei anche non risponderle, giacché la sua lettera contiene domande con implicita risposta.

Sappiamo bene come certe contraddizioni del mercato siano frutto di anomalie mai prese nella dovuta considerazione e mai affrontate. E sappiamo altrettanto bene come – anche in conseguenza di quanto ha affermato con grande lucidità di analisi il professor Lanfranco Conte ad Ascoli Piceno, in un convegno che si è tenuto sabato scorso – con il metodo degli alchilesteri di fatto non sarà più possibile, né così facile come un tempo, mescolare l’olio vergine di oliva con l’olio extra vergine di oliva. Come si fa, d’altra parte, visto che si tratta di tenere strettamente sotto controllo gli alchilesteri? Sull’argomento ci torneremo presto, per far capire come efettivamente il Reg. Ue 61/2011 sia effettivamente a vantaggio delle vere produzioni di qualità

A parte tutto, al di là di ogni considerazione in merito alla sua lettera, a me spiace moltissimo che l’Unaprol – la più rappresentativa (sul piano numerico) associazione di categoria in rappresentanza degli olivicoltori – non sia una squadra in grado di difendere gli interessi reali, e non quelli immaginari, degli olivicoltori. Ci sarebbe invece un forte bisogno di un’associazionismo più forte, solido e credibile, capace in qualche modo di spendersi in vista di un futuro diverso, fondato sulla vera qualità, quella concreta.

Soprattutto di questi tempi così difficili, non c’è altro desiderio più impellente che ci spinga a invocare il cambiamento. Lo dico dal profondo del cuore, anche perché è un vero peccato che nel corso di tanti decenni di vacche grasse non si sia fatto tesoro di tutti i cospicui finanziamenti ricevuti. Ora è decisamente più difficile. Nonostante l’Unaprol cerchi in tutti i modi di stare al fianco dei produttori, cercando di invogliarseli, purtroppo non riesce nell’intento.

Il fatto che non vi siano olivicoltori sereni, che lavorino con la certezza di essere giustamente remunerati per il proprio duro lavoro, è assai grave, soprattutto a fronte dei tanti denari pubblici ricevuti in tutti questi anni.

Lei, signora Montini, evidenzia con grande tatto le anomale posizioni assunte da Unaprol intorno al Reg. Ue 61/2011. Ebbene, la posizione di Unaprol è apparsa effettivamente incomprensibile. Anche perché a una associazione di categoria si richiede ben altro che non i soliti giochi a effetto. Si richiede per esempio di assumere impegni ben precisi, che conducano a scelte politiche concrete, a vantaggio dell’economia del settore, anzichè assumere per contro, come purtroppo accade, ruoli che non competono in prima istanza a una realtà associativa.

Non è certamente stampando a spese dei contribuenti (mi correggano pure se sbaglio) la guida Oli d’Italia. I migliori extra vergine – pubblicata per i tipi del Gambero Rosso – che si possono risollevare le sorti di un comparto produttivo ormai in ginocchio. Non c’era d’altra parte alcuna necessità di aggiungere una guida alle altre pubblicazioni analoghe già esistenti sul mercato. E nemmeno mettendo mani, piedi, naso, bocca, faccia e sedere nelle giurie e nella organizzazione dei concorsi oleari l’Unaprol fa il bene del comparto.

Sono tutte attenzioni legittime, per carità, ma non è certo questa la strada più opportuna per sostenere un comparto in affanno. E per intenderci, è un po’ come se Confindustria anziché concentrarsi sul proprio ruolo politico giocasse a fare guide, concorsi e giochi vari per il diletto dei propri associati. Ci vogliono strategie, non giochi di prestigio. Mesi fa si accennava alla discesa in campo, sul mercato del confezionato, di Unaprol con il marchio Lupi. Perché allora una iniziativa così importante non è ancora partita? Cos’è che frena tale proposito? Quanto bisognerà ancora attendere? Manca forse l’olio di qualità da imbottigliare? Si è rivelata forse una bufala la grande corazzata del I.0.0 %?

Purtroppo, il fatto che in tutti questi anni di allegra e disorientante spensieratezza non si sia investito puntando unicamente sui mercati e sulla qualità, quella vera, non quella immaginaria, sbandierata ai quattro venti, non lascia presagire nulla di buono.

Un conto sono le parole, altra cosa sono i risultati concreti.

Luigi Caricato

 

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