La voce dei lettori
Botta e risposta tra Tom Mueller e Gelso Lo Scimmione
Punto sul vivo, il giornalista americano replica al nostro premio "Peggiori del 2010". Il nostro "collaboratore", però, non si fa mancare l'occasione per una nuova stoccata. Con una nota a margine di Luigi Caricato
15 gennaio 2011 | T N
Egregio dottor Gelso lo Scimmione,
grazie per il premio âPeggiori del 2010.â Sono onorato della sua attenzione. Mi rivolgo a lei, una scimmia, perche lâautore vero di questo premio, presumibilmente umano, non ha voluto firmarlo. Peccato che oggigiorno questo è spesso il tipo di giornalismo che va per la maggiore â la polemica senza curare i fatti, lâinsinuazione piuttosto che la chiarezza.
Difatti, caro dottor Lo Scimmione, il suo resoconto del breve discorso che ho fatto il 17.11.2010 alla University of California, Davis, non corrisponde a quello che ho effettivamente detto. Lei câera nel pubblico quel giorno? Mi ha forse chiesto un resoconto del discorso? (Lei ha il mio numero di cellulare e il mio indirizzo di posta elettronica. O perlomeno, Luigi Caricato, che lei conoscerà , li ha.) Invece di verificare le informazioni e i fatti, mi ha attribuito un discorso inesatto, per poi sviluppare la sua polemica, seguendo uno dei suoi filoni preferiti: il complotto internazionale ai danni dellâolivicoltura italiana.
Per amore della cronaca, in sintesi ho detto questo:
1) Nonostante una lunga tradizione di eccellenza olearia in Italia, nonostante lâaltissima qualità di tanti oli italiani, e a dispetto dellâinfinito corraggio di tanti produttori, il mercato in Italia per lâextravirgine non è in grado di tutelare ne i produttori ne i consumatori. Tra i motivi principali di questo fenomeno sono: mancanza di sostegno e tutela del governo italiano e UE, estrema confusione nella mente del consumatore a causa di legislazione (ad esempio di ettichettatura) opaca e contradittoria, e mancanza di unità nel mondo produttivo. Questâultimo è dovuto a una contraddizione, che è lâopposto estremo del mondo del vino: a tantissimi prodotti diversi, scadenti come eccelsi, vengono applicati la stessa ettichetta: Extravirgine. Nonostante il fatto che la legge, per una volta, parla molto chiaro sulla definizione di questa denominazione.
2) Gli Stati Uniti, in specifico lo stato della California, da solo la quinta economia agricola mondiale, avrebbe i numeri per diventare un grande produttore di olio extravirgine â terreni eccezionali e molte microclime diversi, tecnologia avanzata (grazie a tecnologi per di più italiani), dinamismo mercantile e mancanza di pregiudizi su cosa vuol dire âlâolio migliore.â Ma attualmente lâolio di qualità negli Stati Uniti versa in una situazione disastrosa, dovuta a una frode dilagante senza il minimo intervento dalle autorita, nonchè un grande ignoranza tra i consumatori riguardo la vera natura di olio da olive.
3) Non sono, e non mi sono mai atteggiato come, un âspecialista in olio extra virgine dâoliva,â come lei scrive. Difatti allâinizio del mio discorso, ho ringraziato gli agricoltori presenti nel pubblico, i veri esperti di olio, di aver interrotto il loro lavoro â eravamo in piena raccolta â per venire a sentire un non-esperto parlare di olio (testualmente: ââ¦to hear an amateur talk about oilâ). Nonostante siano anni ormai che mi occupo del mondo dellâolio, rimango scrittore e giornalista, non grande conoscitore o esperto dellâolio. Per avere il parere dei veri esperti ho visitato e parlato con centinaie di produttori, professori di chimica, politici, capo panel, agronomi e molti altri ancora, in Italia come allâestero, grandi e piccoli, tra cui molti sono i suoi lettori assidui. Ogni volta imparo qualcosa di nuovo, spesso rendendomi conto di aver ancora molto di imparare in questo mondo vasto e complesso. A volte ho la sensazione di non venirne mai a capo, o di non aver capito niente. Ritengo però che una prospettiva esterna sulle realtà del mondo oleario, proprio perchè non viene dallâinterno, e non ha conti da saldare con nessuno, può essere utile.
Stranamente, nonostante il mio disaccordo con certe prese di posizione commerciali e politiche che leggo su questo sito â e anchâio sono un suo lettore assiduo â credo in fondo che siamo dâaccordo sulle cose essenziali, riguardo il prodotto, il produttore, il consumatore. Eppure ci contestiamo apertamente, sprecando energie che sarebbero spese molto meglio in altro modo.
Questo mi sembra un pò il paradosso, e la tragedia, dellâolivicoltura italiana.
Con distinti saluti,
Tom Mueller
Gentile Dott. Mueller,
come chiaramente esplicitato all'inizio dell'articolo sui "Peggiori del 2010" (link esterno), Gelso Lo Scimmione non è uno, ma tanti.
Venendo al sodo.
Ho deciso di assegnarle il carbone in base alla ricostruzione di quella giornata all'UC di Davis, così come apparsa sull'Olive Oil Times a firma di Alexandra Kicenik Devarenne (link esterno). Al contrario della sua sollecitudine con Teatro Naturale, non mi risulta che lei abbia mai smentito tale ricostruzione, o abbia mai chiesto una replica o una rettifica di quel resoconto, che abbiamo voluto tuttavia verificare anche con alcuni dei presenti all'incontro.
In quell'intervento ho ravvisato numerosi elementi di vilipendio, non solo all'olivicoltura italiana, ma a tutta quella mediterranea, che è ben peggio.
Non può che farmi piacere il suo bagno d'umiltà . Ho invece dubbi sul fatto che lei non abbia pregiudizi. A confermarmelo non solo alcune delle sue inchieste, ma l'atteggiamento complessivo, altamente distruttivo.
In estrema sintesi, lei afferma che la legislazione faccia schifo, che l'industria olearia froda e che anche nel mondo dei piccoli produttori c'è del marcio.
Teatro Naturale è testata giornalistica ma anche una rivista di pensiero, quindi sa essere anche provocatoria e dialettica, ma non connotata ideologicamente. Le nostre provocazioni sono sempre rispettose della realtà , e sempre costruttive.
Trattando la questione con meno superficialità , si possono intanto scoprire aspetti interessanti, come il fatto che gli Stati Uniti, tanto dinamici e mercantili, abbiano copiato, pari pari, la legislazione europea in materia d'oli d'oliva. Probabilmente, se l'avessero trovata tanto terribile, avrebbero creato di conseguenza qualcosa di migliore.
Quanto all'industria, è noto purtroppo, che in ogni settore le leggi siano fatte per essere osservate alla lettera e non sempre nella sostanza. Tutti vorremmo leggi e regolamenti più stringenti e severi. Negli anni questo è avvenuto per gli oli d'oliva, individuando nuovi criteri, nuove analisi, e imponendo nuovi paletti.
Questo tuttavia non ha ridotto le frodi, semplicemente perchè è sempre possibile trovare un escamotage, completamente legale, per bypassare la legislazione.
Sono pochissime le condanne per frodi in commercio, nel settore dell'olio d'oliva, passate in giudicato. Ci si deve chiedere il perchè.
L'extra vergine, che ci piaccia o no, è diventata una commodity e, per conservare margini di profitto, le industrie sono spesso costrette ad attenersi a una genuinità legale piuttosto che a una genuinità reale.
Questo lo vuole il mercato, ivi compresa la casalinga che, intervistata, chiede il 100% italiano, ma nei fatti acquista l'olio in offerta.
Non è un problema di denominazione commerciale, sebbene lo stesso Teatro Naturale, ritenga l'espressione âextra vergineâ una definizione con poco appeal e poco significativa, tanto da rendere necessaria quella prolissa denominazione aggiuntiva âolio di categoria superiore...â
Il problema è culturale, e non è cambiando una denominazione che si risolvono i problemi.
Visto che lo cita, facciamo un'analogia col mondo vitivinicolo. E' tutto vino sia che sia confezionato in brick e venduto a un euro al litro, sia che sia in pregiate bottiglie e commercializzato a diverse centinaia di euro al litro.
Il settore vitivinicolo non ha mai trovato necessario una rimodulazione della denominazione, ritenendo che nella stessa categoria potessero coesistere tanto i prodotti di pregio quanto quelli comuni o di massa.
Lo stesso si può dire delle auto: una Panda e una Ferrari sempre auto sono, e nessuno si scandalizza che una costi dieci volte più dell'altra.
In conclusione, la denominazione commerciale è un cappello, poi sta alla bravura, alla capacità , al fiuto del produttore saper valorizzare il proprio prodotto su basi che il consumatore possa realmente apprezzare e valutare.
Questo, con l'olio, non è mai stato fatto, se non da pochi, se non saltuariamente. Ancor oggi si punta tutto sul binomio olio e salute, senza considerare che si tratta di una promozione orizzontale, che vale cioè tanto per i prodotti di nicchia, tanto per quelli di massa.
Teatro Naturale è critico, provocatorio e dissacrante, ma anche costruttivo e formativo. A noi sta a cuore l'olio extra vergine di oliva, indipendentemente dagli interessi particolari che vi ruotano attorno.
Sarà un caso, ma, in nove anni di attività , molte nostre iniziative sono state riproposte e copiate.
Fin troppo consci dell'italianissimo âcambiare tutto affinchè nulla cambiâ, noi privilegiamo i piccoli passi, coinvolgendo tutti gli attori della filiera (chi non partecipa è perchè si è autoescluso), lungo un percorso lento e irto di ostacoli, ma che valorizzi nuovi approcci metodologici e culturali.
Ecco perchè non ci piacciono i distruttori, i martellatori fini a se stessi, categoria alla quale la iscriviamo d'ufficio.
Ecco perchè è stata inserita tra i Peggiori del 2010.
Cordiali saluti
Gelso Lo Scimmione
NOTA A MARGINE
Ma come? Tom!
Resto senza parole! Aspettavi forse una scimmia tra il pubblico, nel corso della tua tourné californiana?
Per forza che non hai trovato in carne e ossa la nostra mascotte: Gelso Lo Scimmione. E' un personaggio dietro il quale si raccolgono le opinioni di diversi nostri collaboratori.
Ora, con tutta sincerità : io non ti avrei assegnato l'onore di appartenere ai "Peggiori del 2010", ma non ho voluto interferire su chi ti ha proposto nella lista.
Tu sei molto bravo, scrivi bene, hai fantasia e idee chiare. Hai capito come si cavalca l'opinione pubblica, ma non è difficile d'altra parte. Il difficile è costruire.
Mi inviti all'unità . Bene. Iniziamo dalle tue pubbliche scuse per l'articolo apparso sul "New Yorker". Scuse pubbliche per il taglio scandalistico che hai dato ad argomentazioni e fatti sicuramente veri, ma manovrati ad arte per dare una immagine dell'Italia distorta. Senza mettere in luce l'anima sana del Paese, le persone di buona volontà .
Sei venuto da me, ti ho accolto fraternamente e omaggiato dei miei libri. Hai ricambiato denigrando l'Italia olivicola e olearia. Ora mi dici che nonostante i diversi punti di disaccordo dobbiamo rivederci per una chiacchierata.
Non mi fido di te. Ho stima delle tue capacità professionali e letterarie. Non ti stimo invece, nella maniera più assoluta, sul piano umano.
Ho un ricordo estremamente negativo di un mio recente viaggio in California.
Visitando l'azienda Corto Olive, ho avuto una cartelletta contenente da un lato notizie sull'azienda; dall'altro fotocopia a colori del tuo articolo sul "New Yorker".
No, non ci siamo. Sei libero di scrivere ciò che ritieni più opportuno, non di avere la mia complicità .
Luigi Caricato