Editoriali

Una vita da mediano

17 luglio 2010 | Alberto Grimelli

L’agricoltura soffre.
L’agricoltore soffre, sgobbando senza che gli venga riconosciuto alcun merito anche se la sua attività è indispensabile alla società.

L’agricoltore non sarà mai un VIP anche se alcuni VIP hanno voluto fare gli agricoltori, per sport, per hobby, perché fa chic ed è trendy.
Da quando abbiamo visto le immagini della First Lady americana prona sull’orticello biologico avere un pezzo di terra dove poter coltivare qualche pomodoro o produrre qualche litro d’olio.
Nulla di male, per carità, ma non chiamiamola agricoltura.

Ho sentito spesso ospiti di agriturismo affermare disinvoltamente ai proprietari quanto siano fortunati a vivere in un così bel posto, all’aria aperta e lontano dallo smog della città, ignorando che l’agricoltore si alza presto e sfacchina tutto il giorno, che fare agricoltura è attività d’impresa con tutta la burocrazia e lo stress relativo, che l’agricoltore, nei momenti topici dell’attività colturale, lavora anche 12-14 ore al giorno perché la natura non aspetta…

Il vero e reale problema sono le immagini da “mulino Bianco” che i media si ostinano a proporre al pubblico, magari accompagnate da musichette in stile neo-bucolico che rendono l’idea dell’agricoltura d’oggi come l’aereo dei Fratelli Wright sta ai moderni Boeing o Airbus.

Se devo pensare a una canzone rappresentativa per il settore primario oggi, direi “una vita da mediano” di Ligabue.
Dà il senso della fatica e del sacrificio.
Dà il senso di quel rifuggire dalla celebrità ma dell’indispensabilità.

Un mediano può vincere anche la Coppa del Mondo, come ci ha ricordato Ligabue, l’agricoltura aspetta, ormai disillusa, quel momento di gloria.