Editoriali

Irrefrenabile voglia di autarchia

23 gennaio 2010 | Alberto Grimelli

Chi fa da sé fa per tre.
Un vecchio detto non sempre valido in questo pazzo villaggio globale.

Km0, farmer market, inviti a consumare italiano. Si tratta di strategie e di appelli che stanno proliferando e moltiplicandosi negli ultimi anni fino a giungere ai più alti livelli politici.

Non si tratta più solo di Slow Food e di Coldiretti, Il Ministro Zaia ha sposato pienamente tale filosofia e politica inviando gli italiani a non consumare caviale ma zampone e non ananas ma mandarini per le scorse feste natalizie.

Vi è un’irrefrenabile voglia di autarchia che si ammanta anche di precetti ambientalisti e di richiamo alle tradizioni e alle radici.

Nulla di male, sia chiaro, solo che non è affatto scorgere, nelle suddette organizzazioni, uno strano strabismo e delle evidenti contraddizioni.

Slow Food propugna i presidi, cibi e sapori in via di estinzione. Si tratta di produzioni di nicchia che, in particolare in certi Paesi poveri, trovano sbocco solo attraverso l’export.

Coldiretti celebra i farmer market e i Km0 ma al tempo stesso i successi oltrefrontiera
dell’agroalimentare italiano.

Il Ministro Zaia non manca di sottolineare l’importanza dell’export e, bisogna riconoscerlo, è stato tra i più attivi nelle missioni diplomatiche all’estero per negoziare migliori condizioni per la commercializzazione delle nostre eccellenze di nazioni lontane.

In patria si esalta il Km0 ma si sa che l’agricoltura italiana, più ancora il settore agroalimentare, non può fare a meno dell’export.
Sono talmente tanti i settori che non possono fare a meno delle esportazioni da andare da andare dalla A di Aceto Balsamico di Modena alla Z di Zafferano dell’Aquila.

Si tratta di realpolitik oppure della classica sceneggiata all’italiana?
Non abbiamo una risposta, intravediamo però i rischi di una simile politica.
Se qualche Paese, stufo del nostro boicottaggio occulto, si comportasse nella stessa maniera, ci restituisse pan per focaccia o peggio ci chiudesse le porte, che accadrebbe alla nostra agricoltura?

I Km0 non sono la soluzione anche perché, in molti territori, il grado di specializzazione della nostra agricoltura è elevatissimo, pensiamo all’orticoltura a Vittoria (RG) o all’olivicoltura ad Andria (BA) o alla viticoltura a Montalcino (SI) e i mercati locali sarebbero impossibilitati ad assorbire quantitativi di prodotto tanto importanti.

Occorre quindi moderazione, anche nelle dichiarazioni.
Stimolare l’orgoglio nazionale e il consumo nazionale è giusto e imperativo, aumentare le quote di fatturato aziendale derivanti dalle vendite dirette è un’operazione sana e conveniente.
Pensare di risolvere i problemi storici e strutturali della nostra agricoltura attraverso un ritorno all’autarchia è utopico e masochistico.