Editoriali

Anche sui campi si può perdere la bussola

19 settembre 2009 | Alberto Grimelli

Quanti sono i giovani che si occupano e si interessano di agricoltura?
Può apparire una domanda banale ma proprio dalla capacità di attrarre forze fresche, con nuove idee e più propensi all’innovazione, si misura la dinamicità di un settore, la sua vitalità, il suo futuro.

A una domanda simile vi dovrebbe quindi essere una risposta certa.
Difficile però trovarla, almeno sulla stampa italiana.

Rai e Mediaset fanno a gara per dimostrare il gran numero di giovani imprenditori agricoli, presentando anche storie accattivanti di affermati professionisti che passano dall’ufficio ai campi.
Pochi dati invero ma, a sentire i servizi proposti, l’agricoltura sembrerebbe un comparto giovane, con una forte capacità d’attrattiva. Non sono mancate anche interviste fuori dalle scuole e dalle università con baldi giovanotti che hanno promesso di dedicarsi alla campagna e alle attività correlate, prime fra tutte l’agriturismo. Si è arrivati addirittura ad affermare che il sogno dei neolaureati è aprire proprio un agriturismo.

Il “Corriere della Sera” ha di recente pubblicato uno studio secondo cui solo il 7% dei giovani che frequentano l’università sarebbe interessato all’agricoltura. Una simile indagine di “Repubblica” offre un quadro ancora più fosco.

Quindi?
Personalmente credo che l’appeal del settore primario sui giovani sia modesto.
Non si spiegherebbero altrimenti le misure d’incentivazioni nei piani di sviluppo rurale dedicati proprio all’ingresso di giovani imprenditori agricoli e la promessa del Ministro Zaia di offrire terra demaniale gratis, o quasi, ai giovani che si impegnano a coltivarla.

Si tratta però di una percezione e qui sta il bandolo della matassa.
Quanto una sensazione, un’idea, una propensione politica, una suggestione ideologica o culturale possono condizionare e influire su simili indagini mediatiche?
La risposta è molto.

Miriam Maffai, nota giornalista e scrittrice, ha detto che il bravo giornalista deve raccogliere notizie, impressioni e interviste, facendosi quindi un’opinione in merito sull’argomento ma che, purtroppo, sempre più spesso, i giornalisti partono con un’idea, un preconcetto cercando nelle dichiarazioni e nei dati conforto e riscontro alle proprie idee.

Il giornalismo sta insomma diventando un megafono di “verità” anziché un narratore di fatti.

Come ha ricordato il Presidente della Camera Gianfranco Fini, è lecito che un giornale abbia la sua politica editoriale, le sue opinioni, che le esprima, arrivando a condizionare, persino a dirigere il dibattito, purchè non vengano manipolati o artefatti i numeri, gli atti, le azioni, gli avvenimenti.

Purtroppo l’impressione è che la stampa italiana abbia preso un’altra china e anche l’agricoltura, sebbene compaia di rado sulla stampa nazionale, deve fare i conti con un simile atteggiamento.

Sui campi si può perdere la bussola, ma la strada si può smarrire anche perché la bussola è taroccata…