Editoriali
GUERRA POLITICA PIÙ CHE RELIGIOSA
17 aprile 2004 | Alberto Grimelli
Guerre, aspre battaglie, sangue, morti e lutti.
Tutto questo è un atto da molto tempo, da prima dell’11 marzo di Madrid o dell’11 settembre di New York.
Tutto questo non finirà con l’assassinio di Fabrizio Quattrocchi.
Tutto questo non finirà in Iraq.
à in corso un durissimo scontro politico, prima che militare, tra l’ideologia capitalista occidentale e quella fondamentalista e tribale araba. Non è una guerra di civiltà , non è una lotta di popoli, è un conflitto tra due diverse concezioni del mondo. Non si fronteggiano due fedi, due religioni oppure due Stati o Alleanze ma due diversi, opposti ed inconciliabili modelli politici, economici e sociali.
L’Idea politica viene quindi messa innanzi a qualsiasi altra considerazione. Rende lecito ed ammissibile qualsivoglia azione, compresa la menzogna e l’assassinio, e l’utilizzo di ogni arma, compresa la stessa religione.
D’altronde i programmi di tutti i gruppi fondamentalisti arabi non celano una volontà imperialista. Non nascondono di voler creare un’unica Nazione capace di influenzare, se non decidere, il destino del mondo. Ovvio che vedano negli Stati Uniti, unica superpotenza rimasta, l’acerrimo rivale, l’avversario che diffonde e propugna un visione politica alternativa, tra l’altro largamente condivisa e diffusa.
L’Iraq, in questo momento, è il terreno di battaglia tra i due contendenti.
Da una parte gli Stati Uniti e il loro aggressivo Presidente che hanno deciso di passare all’attacco e combattere all’aperto un nemico subdolo che predilige la guerriglia e il terrorismo. Anziché invadere silenziosamente usando la diplomazia e la forza di persuasione, anche di tipo economico, hanno preferito la via militare.
Gli avversari non hanno invece mutato tattica. Usano la violenza a scopo intimidatorio e destabilizzante, conducono una guerra di logoramento. Cercano di disgregare ed indebolire la coalizione internazionale, provocando forti ed intense ondate emotive con attentati e, più recentemente, rapimenti.
Un Iraq democratico rappresenterebbe un esempio per altri popoli arabi, quindi una minaccia per i fondamentalisti islamici che useranno qualsiasi mezzo per contrastare i palesi piani strategici americani.
Lo scontro è appena iniziato e non si limiterà all’Iraq.