Editoriali

DOHA ROUND

15 luglio 2006 | Alberto Grimelli

A piccoli passi il 2013 sta avvicinandosi.
Una brutta, bruttissima data per l’agricoltura europea. Si preannuncia infatti una cura dimagrante senza precedenti, se non la fine dei contributi e dei finanziamenti agevolati al settore primario.
La Commissione europea è pronta a sacrificare il mondo rurale per ottenere compensazioni per i comparti industriale e dei servizi. Credevamo tuttavia che tale degenere politica venisse almeno mascherata, che si volesse imbastire un pallido e tiepido tentativo di difesa dell’agricoltura.
Almeno salvare le apparenze, la faccia. Nulla di tutto questo, anzi.
L’offerta dell’Ue dell’ottobre 2005 - si legge in un comunicato della Commissione europea - resta l’unica offerta completa sul tavolo dei negoziati e nessuna iniziativa equivalente è stato finora proposta negli scambi di beni industriali o di servizi per compensare i tagli proposti dall’Ue in agricoltura. Per l’Ue tali compensazioni sono indispensabili per poter arrivare a una conclusione con successo del Doha Round. In aprile il commissario europeo per il commercio, Peter Mandelson, ha precisato che l’Ue era disposta ad ampliare ulteriormente la sua offerta per il comparto agricolo entro i limiti del suo mandato negoziale in cambio di analoghe concessioni. Tale passo è stato accolto con favore da diversi paesi, tra cui il Brasile, la Cina, il Kenya, l’Egitto e l’Australia.
Via allora allo smantellamento sistematico e completo della Politica agricola comunitaria, il primo tangibile tentativo della Comunità di darsi un sistema di regole valido in tutti i Paesi europei. Su Pac e Ocm, nei vent’anni passati, si è costruita la credibilità dell’Europa unita, rappresentando un progetto di integrazione che ora si sta dissolvendo, come neve al sole.
L’Ue ha già deciso un abbattimento delle sovvenzioni interne distorsive del commercio del 70%, nonché la completa abolizione di tutte le sovvenzioni all’esportazione entro il 2013 con la progressiva soppressione di molti sussidi già prima di tale data, offrendo inoltre di abbattere le proprie tariffe doganali più elevate del 60% e di dimezzare quasi le proprie tariffe agricole medie, portandole ad appena il 12%.
Una rivoluzione in sei anni.
Gli agricoltori europei si dovrebbero rassegnare, serenamente. Invece montano sbigottimento e rabbia per decisioni incomprensibili, irragionevoli e soprattutto unilaterali.
Il grande Paese liberista, gli Stati Uniti d’America, infatti, non pensa minimamente a ridurre le sovvenzioni dirette agli agricoltori che, al contrario, hanno continuato ad aumentare fino a livelli mai raggiunti in precedenza, senza alcun impegno concreto in direzione di una riforma. L’attuale offerta degli Usa al tavolo del Wto inoltre lascerebbe i limiti alle sovvenzioni agricole superiori a quelli da essi stessi proposti a Ginevra nel 2001
Il contributo dell’agricoltura al prodotto interno lordo statunitense a non è così sensibilmente diverso rispetto a quello che il mondo rurale fornisce al Pil europeo, solo che negli Usa il peso politico del settore primario è decisamente superiore, perché negli Stati Uniti l’agricoltura viene ancora oggi considerata un comparto strategico, in Europa non più.
La soluzione? Alle prossime elezioni votiamo Bill Clinton o Gorge Bush…