Editoriali
CI PIACCIONO LE CAUSE GIUSTE
11 febbraio 2006 | Alberto Grimelli
Abbiamo sbagliato, è necessario riconoscerlo.
In questa occasione si è passato un limite.
Talvolta infatti i mass media vivono un delirio di onnipotenza. Autoelettesi detentori della libertà di parola ed espressione, ne abusano, come se da questa discendessero tutti gli altri diritti civili, lo stesso concetto di democrazia.
Eâ invece il rispetto il fondamento di ogni rapporto, che sia tra due esseri umani o intere società .
Abbiamo mancato di rispetto al mondo arabo, ancor più, lo abbiamo fatto in maniera plateale e blasfema. Certo, agli occhi di un laico occidentale, che vive immerso nella ricchissima iconografia cristiana, il precetto islamico che vieta di ritrarre il Profeta è strano, discutibile, persino incomprensibile. Ma diverso non significa sbagliato.
Non pubblicheremo le vignette, di obiettivo cattivo gusto, dellâillustratore danese. Non ci uniremo al coro, stavolta no. Non offriremo a fanatici ed estremisti un pretesto, lâoccasione di dipingerci come demoni.
Siamo convinti che esista un pericolo islamico, che le parole di Oriana Fallaci o di Magdi Allam abbiano dei validi fondamenti. LâEurabia è uno spettro, una visione che aborriamo e temiamo.
Siamo preoccupati dallâestrema semplicità con cui è possibile, nei Paesi islamici, esacerbare gli animi di intere folle, migliaia di persone eccitate, elettrizzate ed esasperate. Abbiamo visto i loro volti. Câera bramosia di sangue. La violenza sta divenendo, sempre più sistematicamente, uno strumento politico per perseguire finalità economiche, ideologiche e religiose. Una logica detestabile, prima ancora che condannabile. Nessuna scusante o giustificazione è valida per chi assassina o assalta ambasciate e consolati.
A queste brutalità i giornalisti devono rispondere con la forza dellâintelligenza e del raziocinio prima ancora che con quella della penna. Di fronte a un simile quadro è lâetica e lâequilibrio a dover prevalere sulle ragioni dellâaudience, dello share, della tiratura. Così non è stato.
Non vogliamo la censura, nè è un invito alla moderazione.
Siamo i primi a battagliare, quando necessario, a viso aperto. Teniamo, però, sempre ben presente un semplice ma basilare principio: la propria libertà finisce dove inizia quella degli altri.
Ci piacciono le cause giuste.
Sappiamo anche di essere mortali e fallibili.