Editoriali

Il mondo fa acqua da tutte le parti

23 marzo 2013 | Graziano Alderighi

Il 22 marzo è stato il World Water Day.

Oggi dei 510 milioni di chilometri quadrati della superficie della Terra, due terzi, circa 360 milioni, sono coperti di acqua.

Facile pensare, dunque, che si tratti di una risorsa illimitata, a basso o nullo costo, di cui non preoccuparsi. In realtà quasi un terzo della popolazione mondiale dispone di riserve idriche insufficienti.

Questo perchè il mondo fa acqua da tutte le parti o per meglio dire le risorse idriche sono ripartite in maniera diseguale e spesso sperperate da chi dispone di una fornitura sicura e incontaminata.

L'oro blu, come già è stato soprannominato, sarà fonte di tensioni sociali e geopolitiche molto forti, al pari dell'attuale oro nero (ovvero il petrolio), entro pochi decenni se si manterrà l'attuale tasso di crescita della popolazione umana.

Non ci sarà abbastanza acqua per tutti, anche a causa dei cambiamenti climatici in atto, e non è affatto escluso che possano anche nascere conflitti per garantirsi un adeguato approvvigionamento idrico.

Un allarme lanciato anche dal Vaticano, fin dall'anno scorso, quando ha illustrato idee di governance delle risorse idriche che possono apparire quasi giacobine.

“Il principio della giustizia, articolato negli aspetti commutativi, contributivi, distributivi, ossia come giustizia sociale, deve ispirare le soluzioni della questione dell’acqua. Questo stesso principio deve, ad esempio, orientare la suddivisione equa degli investimenti necessari allo sviluppo e a promuovere l’attuazione del diritto all’acqua”. Una posizione molto forte espressa dal Consiglio Pontificio Giustizia e Pace nel corso del VI Forum internazionale sull'acqua a cui ha fatto seguito una proposta, dal forte accento provocatorio: “I Paesi in via di sviluppo e le economie emergenti devono contribuire a tali investimenti, in proporzione alle loro possibilità, affiancandosi così ai tradizionali Stati donatori. La comunità internazionale, dal canto suo, è chiamata ad adottare modalità innovative di finanziamento. Tra queste può essere inclusa quella rappresentata dai capitali ricavati da un’eventuale tassazione sulle transazioni finanziarie. Il principio di giustizia deve, inoltre, aiutare a individuare i danni causati al bene dell’acqua e a proporre possibili riparazioni o sanzioni. A tale scopo appaiono funzionali corti di giustizia abilitate alla ricezione di reclami da parte di coloro il cui diritto all’acqua non è garantito”.

Le parole sono però rimaste tali, senza alcun seguito. Oltre al Wolrd Water Day, giornata durante la quale si sono sprecati fiumi di inchiostro, il 2013 è l'anno della cooperazione internazionale sull'acqua. Ottima occasione per qualche cerimonia e un po' di visibilità per qualche leader in ombra ma poco più.

In realtà su un tema tanto delicato c'è poca voglia di collaborare e molta di arraffare.

Il land grabbing è cominciato. La prossima frontiera sarà il water grabbing.

Nel nuovo ordine mondiale la parola d'ordine è business is business.

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Elisabeth Boutelier

23 marzo 2013 ore 15:45

Un mondo accecato dal guadagno perde di vista i beni essenziali per la vita stessa come l'acqua. Abbiamo votato in Italia per l'acqua pubblica, non privata. Ma non basta. C'è una cultura da imparare e/o da ricordare cioè l'uso sostenibile de l'acqua nei gesti semplici, del quotidiano: lavarsi i denti , lavare le stoviglie, pulire la macchina, innafiare il giardino con temperatura molto alte,irrigare i campi...Già quest'estate l'irrigazione del mais ci ha costato un bel pò di soldini. Forse la crisi e la mancanza di soldi permetterà questo cambiamento di mentalità dove lo spreco e l'uso irrazionale saranno eliminati. Ci sarebbe anche molto d'altro da dire....