Editoriali
Giornalismo enogastronomico d'assalto
24 novembre 2012 | Graziano Alderighi
L'agricoltura bucolica e da cartolina su cui molti media hanno campato per anni comincia ad annoiare un po'.
Va bene la segnalazione di qualche prelibatezza locale o di qualche bel luogo da visitare ma, in fondo, la gente si è anche un po' stufata di vedere in televisione e sui giornali, lo steso marketing mix ripetuto ossessivamente fatto di tradizioni, ricette e folclore su comando delle telecamere.
Come fare per ravvivare uno spettacolo un po' monotono? Basta aggiungerci un pizzico di peperoncino, ovvero gossip, laddove si può, e un goccio di scandalismo, e qui il materiale non manca.
Se qualche personaggio famoso fa, o fa finta, di occuparsi di campagna, non può mancare l'intervista ma soprattutto ospiti fissi stanno diventando i carabinieri dei Nas, dei Nac, la Repressione frodi e la Guardia di Finanza. Tutti a spiegarci quanto sia taroccato il Made in Italy magari con annesse immagini di pecorini dai nomi improbabili o vini fatti con le bustine o ancora salumi dall'immancabile italian sounding.
Ovviamente ad azione corrisponde reazione uguale e contraria e allora avanti con i numeri che dicono quanto gli italiani mangino ormai precotto, un secondo nel micronde e via in tavola. Magari non sarà come il cibo preparato dalla nonna ma vuoi mettere la sicurezza alimentare e gli elevati standard di controllo qualità offerti dall'industria?
Se poi ci scatta un po' di polemica e qualche parola grossa l'audience sale e in fondo è quello che conta, almeno per i produttori televisivi e gli editori. Un colpo al cerchio e uno alla botte e si incassa da ambo le parti.
Naturalmente è meglio che non si sappia che si tratta di una semplice ricetta mediatica, uno spettacolo, show business legato all'agroalimentare. Meglio definirlo giornalismo enogastronomico d'assalto. Nobilitare sempre, con parole adeguate, anche l'opportunismo più lampante. Se poi qualcuno avanza dei dubbi, negare tutto, negare sempre. Se si è particolarmente bravi, si può anche cercare di rivoltare la frittata, accusando gli altri di fare giornalismo spazzatura.
E' un gioco delle parti che gli addetti ai lavori ormai conoscono fin troppo bene e che si vorrebbe che il lettore o lo spettatore ignorasse. Naturalmente non è così, ma meglio far finta di nulla, finchè il gioco funziona, finchè ci sono i numeri e l'audience.
Credibilità e autorevolezza sono parole desuete, non al passo con i tempi, meglio il giornalismo enogastronomico d'assalto, finchè dura.